Ermanno Amicucci (Tagliacozzo, 5 gennaio 1890 – Roma, 20 settembre 1955) è stato un politico e giornalista italiano.
Laureato in scienze politiche e sociali, fu dapprima redattore dell'Avanti! dal 1908 al 1910, dove conobbe Mussolini, per poi divenire corrispondente da Roma dei quotidiani italiani Il Piccolo di Trieste e La Nazione di Firenze, e in seguito del newyorkese Corriere d'America di Luigi Barzini. Dopo aver aderito al fascismo, fu eletto nel 1924 deputato alla Camera nel Listone fascista. Dal 1927 al 1939 fu direttore della Gazzetta del popolo. Fu anche segretario del Sindacato fascista dei giornalisti (dal febbraio 1927). Nel 1929 fu tra i promotori, con Paolo Orano, della prima scuola di giornalismo in Italia, con sede a Roma. Nel 1938 fu tra i firmatari del Manifesto della razza in appoggio all'introduzione delle leggi razziali fasciste. Fu nel 1939 Consigliere nazionale della Camera dei fasci e delle corporazioni e sottosegretario di Stato al Ministero delle corporazioni, dal 4 novembre 1939 al 25 luglio 1943. Nel periodo della Repubblica Sociale Italiana, dall'ottobre 1943 all'aprile 1945, fu direttore del Corriere della Sera. Condannato a morte per collaborazionismo, la pena gli venne commutata in trenta anni di reclusione, ma subito venne liberato per la sopravvenuta amnistia Togliatti. Successivamente si trasferì in Argentina, dove riprese l'attività giornalistica e come inviato speciale del quotidiano Il Tempo e del settimanale Tempo illustrato. Fu autore di scritti a carattere economico, politico e sociale. Fra i suoi libri, possono essere ricordati: Piccolo mondo dannunziano, Nizza e l'Italia, Partita aperta, I 600 giorni di Mussolini.