Partigiano della 57° Brigata Garibaldi "Berto", 3° Divisione Garibaldi "Cichero", VI Zona Operativa Liguria.
Come molti altri giovani Arturo risponde al bando Graziani della chiamata alle armi e si arruola nella Divisione Rsi Alpina "Monterosa". Addestrato con i commilitoni a Münsingen, in Germania, sotto la diretta supervisione dei tedeschi, rimpatria nella seconda metà del 1944 ed è dislocato in un reparto di presidio nell'entroterra ligure. Valutata la situazione, diserta e si aggrega inizialmente ai partigiani della Brigata "Centocroci" di La Spezia, poi alla Brigata "Berto" della 3° Divisione Garibaldi "Cichero" nella VI Zona Operativa Liguria.
Catturato durante un rastrellamento viene processato per diserzione e condannato a 30 anni di reclusione ma, grazie alla difesa del capace avvocato Emilio Furnò, riesce ad evitare (seppure per poco) la fucilazione. Il motivo di tale condanna risale alla sera del 13/03/1945, quando due partigiani armati di rivoltella irrompono nell'abitazione del tenente della X Flottiglia Mas Roberto Gandolfo (arruolato nella 5a Compagnia del Battaglione "Lupo") e lo uccidono insieme a suo padre. Per rappresaglia il Tribunale Militare di Chiavari (GE) condanna a morte, con rito sommario, sei prigionieri: Arturo Arosio (Isola o Foglia), Giuseppe Barletta (Barone), Alessandro Sigurtà (Aquila), Emanuele Giacardi (Tarzan), Luigi Marone e Mario Piana (Salita), prelevati il 18 marzo dalle carceri, condotti sul luogo dell'azione partigiana, in località Santa Margherita di Fossa Lupara nel comune di Sestri Levante, e fucilati da un plotone della 3a Compagnia della XXXI Brigata Nera «Generale Silvio Parodi» comandato dal tenente Giuseppe Barbalace.
Per cinque di essi la fine è immediata; il sesto, Mario Piana, lasciato per morto, trascinatosi sul terreno riesce a raggiungere il vicino bosco, dove è ritrovato dopo alcune ore dai partigiani; ricoverato all'ospedale da campo di Santo Stefano d'Aveto, si spegne nel giro di pochi giorni per emorragia ma non prima di avere raccontato ogni dettaglio dei fatti. Sul luogo della fucilazione, accanto alla casa della famiglia Gandolfo, un cippo ricorda i sei fucilati. La salma di Arturo Arosio è trasportata a fine maggio 1945 a Lissone, suo paese natale, per la celebrazione di solenni funerali partigiani.