Bettini, Alberto

  • Biografia

    Alberto Bettini ricopre la carica di Questore di Parma e ufficiale della Milizia dal 15 gennaio 1944, durante la Repubblica Sociale Italiana. Successivamente diviene anche Questore di Milano, dove si segnala per l’arresto, nel settembre 1944, della Banda Koch.
    Negli ultimi giorni dell’inverno 1944, a Parma, i rappresentanti "istituzionali" di Salò tra i quali Bettini intravvedono la possibilità di uscire dalla caotica emergenza anche attraverso una ridefinizione limitativa delle funzioni del partito fascista repubblicano. Infatti, all'indomani dell'8 settembre i fascisti parmensi cumulano sia le cariche di responsabile provinciale del PFR che di capo della provincia. Ovunque le questure sono in crisi per vari motivi (cambio dei questori, insufficienza di uomini, mezzi e armamenti, conflitti con la milizia e con le squadre fasciste, burocratizzazione e invecchiamento del personale), ma a Parma la questura è del tutto esautorata a vantaggio della formazione armata del PFR, la polizia federale, che opera nella duplice prospettiva di punire i “traditori” dei quarantacinque giorni e di autofinanziarsi, rapinando i possidenti antifascisti. E quando questa attività illegale viene alla luce, il capo della provincia affida l’inchiesta non alla polizia, ma alla federazione (e quindi a se stesso, in quanto federale). L’unità di comando viene dunque realizzata ma a vantaggio del partito nei confronti dell’amministrazione dello stato.
    Ma è ugualmente a Parma che si registra il primo intervento riequilibratore nei confronti di una situazione divenuta assai tesa in termini di ordine pubblico e poco consona agli interessi delle forze di occupazione.
    Di fronte alla sanguinosa rappresaglia fascista del 31 gennaio e alle velleità di giustizia sommaria mostrate dal capo della provincia, appena mascherate dalla convocazione del tribunale militare straordinario, i tedeschi bloccano l’iniziativa e, secondo una prassi inaugurata in altre province, incaricano la questura delle indagini. La normalizzazione della vita civile viene dunque indicata come l’obiettivo immediato da raggiungere il prima possibile, ma ciò si dimostra assai più complesso del previsto.
    Il crescere dell’attività partigiana sulle montagne e la diffusione della propaganda in città hanno ricadute spinose sul rapporto tra le autorità repubblicane e i tedeschi, che accrescono le pressioni sui tribunali italiani perché inaspriscano le pene verso disertori e ribelli senza farsi carico direttamente della repressione. Lo stesso questore Bettini, nel maggio 1944, commenta che «Appare evidente la tendenza da parte delle Autorità germaniche di guadagnarsi la simpatia della popolazione in tutti i modi, anche con quelli che vanno spesso a nostro pregiudizio». Fa cenno al caso dei giovani del Distaccamento partigiano “Griffith” catturati il 15 aprile sul monte Montagnana da reparti della  Feldgendarmerie e della GNR. Secondo il questore «Almeno la parte dei sorpresi con le armi in mano, potevano essere fucilati sul posto», ma i tedeschi hanno preferito tradurli in città e consegnarli alle autorità italiane per poi sollecitarle perché il processo aperto dal Tribunale militare straordinario si concluda con la condanna a morte di tutti. Bettini prosegue: «È chiaro che in questo modo si vuole dimostrare alla nostra popolazione la generosità delle Autorità Tedesche, lasciando a noi la odiosità dei conseguenti provvedimenti di rigore».
    A rendere più scomoda la posizione delle istituzioni repubblicane contribuisce inoltre un’affollata quanto inaspettata protesta di piazza che in un batter d’occhio, appena diffusasi la notizia del processo, spinge centinaia di persone a radunarsi di fronte al tribunale per protestare contro la condanna dei 37 giovani. La delicatezza della situazione induce le autorità italiane a non adottare quei «sistemi speditivi» verso cui – secondo il questore – spingono i tedeschi, ma ad avvalersi di una strategia più cauta. Per ragioni di opportunità politica, dunque, Bettini inoltra direttamente al ministro dell’Interno la domanda di grazia ed ottiene da Mussolini una sospensione della pena in nome delle preoccupanti conseguenze che quella esecuzione potrebbe scatenare in città. Riporta il questore: «Tale provvedimento ha avuto una enorme ripercussione nella popolazione tutta […]  e ha prodotto un generale benefico senso di distensione». Malcontento, invece, causa negli ambienti fascisti «animati da sentimenti d’intransigenza», tra i quali quell’atto di clemenza non viene compreso e «dà luogo a commenti sfavorevoli» che incontrano «una certa rispondenza» anche nel locale Comando Germanico.
    Alle porte dell’estate, di fronte al crescere dell’attività partigiana, si riaprono di nuovo i mai sopiti contrasti tra la federazione fascista e le istituzioni repubblicane, soprattutto in merito alla gestione dell’ordine pubblico. Il 2 aprile sale alla guida del partito Pino Romualdi. Convinto sostenitore della necessità di epurazioni radicali all’interno del fascismo repubblicano dopo il congresso di Verona e della preminenza del partito sulle istituzioni della RSI, la sua azione viene sempre segnata da una feroce intransigenza. Nel giugno 1944, ad esempio, Bettini stesso descrive preoccupato le misure di ordine pubblico che Romualdi gli ha suggerito: l’incarcerazione di qualche migliaio di persone da inviare nei campi di concentramento, la creazione di un campo provinciale, la soppressione del maggior numero di persone sospette e l’armamento di squadre di fascisti da lui dipendenti «per effettuare ciò che la polizia non ritiene di poter compiere».

    Nel Fondo "Lilio Giannecchini-Toscano", busta 3, fascicolo 6 conservato nell'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea, Ilsrec, di Genova, è reperibile il documento intitolato "Relazione sul colloquio con il duce avuto dal questore il giorno 29 febbraio XXII". Sono copie statiche del testo dattiloscritto datato 01/03/1944 e contenente la trascrizione del colloquio intercorso tra Bettini e Mussolini, copie prodotte dall'ex vicecomandante della 58° Brigata Garibaldi "Oreste" Lilio Giannecchini (Toscano), VI Zona Operativa Liguria, per il suo archivio personale ed in qualità di direttore dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Lucca. I titoli dei paragrafi relativi ai temi discussi sono: riunione dei Questori dell'Emilia-Romagna presso il comando SS di Bologna; Funzionamento della polizia repubblicana; Rapporti con le autorità germaniche; Riorganizzazione delle forze armate repubblicane; Audizione di radio nemiche; Questione ebraica; Rappresaglie illegali; Carica del comandante militare provinciale; Situazione della GNR. Di seguito si riportano i passaggi più rilevanti.
    "Non è vero che il comandante delle SS abbia compreso, tra gli ebrei da inviare a Carpi (campo di concentramento di Fossoli, ndr) anche i misti o gli appartenenti alle famiglie miste. Per tali categorie fu confermata, nella sede suddetta, l'eccezione già prevista dal nostro Ministero degli Interni. [...]
    La necessità di procedere ad una epurazione degli elementi attualmente appartenenti alla GNR non fu posta in discussione dal comandante SS bensì da uno dei questori partecipanti alla riunione. Il comandante SS espresse l'opinione che a tale epurazione dovessero procedere le autorità provinciali politiche e convenne infine con una mia osservazione e cioè che le autorità stesse avrebbero dovuto limitarsi segnalare alle loro autorità superiori gli eventuali fatti specifici rilevati, essendo compito esclusivo del comando generale GNR procedere alla epurazione medesima. Il comandante SS non ha negato a noi il diritto di procedere ad eventuali rappresagle sempre che nell'ambito della legalità. [...]
    In Italia vi è una sola, dico una sola, polizia, quella repubblicana di cui Egli
    (il Duce, che si è intrattenuto sui seguenti argomenti, ndr) non disdegna qualificarsi il capo. Smessi una volta per sempre i sistemi questurineschi che per il passato hanno screditato e reso odioso presso il popolo l'istituto della P.S. [...] Portare nell'esercizio del proprio dovere il più profondo senso umano, conferire ad ogni manifestazione esteriore un tratto di superiore correttezza e signorilità, non fare di proposito la faccia feroce, queste devono essere le caratteristiche dei funzionari della nuova polizia. Potenziare al massimo la rete informativa, avere antenne dappertutto. Colpire inflessibilmente ove necessario, ma evitare inutili angherie alla popolazione, soprattutto a quella neutra che deve essere avvicinata a noi. Evitare i fermi non giustificati da fatti specifici: ricordarsi che una persona ingiustamente fermata diverrà un nostro nemico.
    [...] Nell'attuale fase riorganizzativa delle FF.AA. repubblicane, il Capo della provincia e il Questore devono considerarsi di fatto i Commissari politici.
    [...] Ebrei: gli ebrei misti od appartenenti a famiglie miste non devono essere soggetti a misure limitative della libertà personale, ove non ve ne diano motivo specifico. Cita
    (il Duce, ndr) il caso di un ebreo misto che Egli personalmente ha voluto confermato in una carica gerarchica del PFR.
    [...] Rappresaglie illegali: le vieta
    (il Duce, ndr) nel modo più tassativo ed impegnativo.
    [...] Mi ha infine congedato dicendo che, a quanto gli constatava, avevo abbastanza bene iniziato il mio nuovo compito ed esortandomi a fare sempre meglio, aggiungendo queste testuali parole "Oggi non possiamo più errare, stiamo dando gli esami di riparazione e qualora dovessimo fallire tutto sarebbe perduto per l'Italia, destinata a divenire una colonia inglese o tedesca
    "."

    Fonti: https://www.reteparri.it/wp-content/uploads/ic/RAV0053532_1993_190-193_19.pdf


    https://www.comune.parma.it/dizionarioparmigiani/cms_controls/printNode.aspx?idNode=371