Appartiene ad una famiglia antifascista fortemente politicizzata. A tredici anni entra a far parte dei giovani comunisti del circolo “Edmondo de Amicis” e inizia a svolgere un’intensa attività politica clandestina, avendo modo di conoscere e frequentare numerosi antifascisti comunisti tra i quali Raffaele Pieragostini. Nel settembre 1943 conosce Giacomo Buranello, Baldini, Remaggi e Mori con i quali dà vita a uno dei primi gruppi armati. Oltre al recupero ed occultamento di armi e munizioni, partecipa a vere e proprie attività di sabotaggio come il danneggiamento di rotaie del tram e, soprattutto, attacchi a fascisti. Le sue memorie, raccolte in un manoscritto conservato presso l’Archivio dell’Ilsrec, descrivono il succedersi di azioni di guerriglia urbana compiute con Buranello, Macchi, Andrea Scano e altri ancora. Nel dicembre 1943, ormai individuato e ricercato dalla polizia politica, sale in montagna presso il distaccamento dell’Antola: in questa fase effettua importanti azioni contro pattuglie nazifasciste.
Dopo un certo periodo di tempo decide di rientrare in città e riprendere l’attività gappista che – per sua ammissione – gli è più congeniale. Si trova nuovamente impegnato in operazioni di sabotaggio e di vero e proprio terrorismo nei confronti dei fascisti. Risulta tra i componenti della squadra che a giugno compie l’attentato al bar Olanda di via del Campo, frequentato da soldati della Wehrmacht, che provoca la morte di sei soldati e alcuni feriti. È tra i più assidui cacciatori di delatori e spie che riesce quasi sempre ad eliminare, e si distingue anche nella giornata della spia. Nel mese di luglio il Pci lo invia a Savona a riorganizzare i Gap. Anche nella cittadina del ponente ligure si caratterizza per attivismo e intransigenza contro gerarchi e brigatisti neri. Individuato anche a Savona, rientra a Genova da dove viene spedito in montagna. Approda quindi alla brigata Buranello e fa parte del commando che opera la liberazione di tre alti ufficiali, rinchiusi nel forte di Gavi. Negli scontri dell’Olbicella, avvenuti il 10 ottobre 1944, viene gravemente ferito alle gambe. Rientra a Genova e, dopo breve convalescenza, prende contatto con il comando militare. Si dedica alla riorganizzazione delle Sap, riallacciando i collegamenti tra i vari settori.
Quando, il 23 aprile, inizia l’insurrezione, Bozzano è impegnato nella lotta e nelle trattative di resa con i tedeschi, soprattutto nelle zone del ponente genovese.
Fonte: Fonte: Gimelli, Franco, Battifora, Paolo, "Dizionario della Resistenza in Liguria", DeFerrari Editore, Genova 2021, p.94
Nel Fondo "Giannecchini-Toscano", busta 3, fascicolo n.8 conservato nell'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea - ILSREC - di Genova, è reperibile copia statica di un rapporto sd redatto presumibilmente da Giusto Veneziani, capo dell'ufficio politico della Questura di Genova, al termine della sua laboriosa indagine sui partigiani genovesi e contenente nominativi e sintesi dell’operato di numerosi "ribelli" tra cui il Bozzano. in esso egli viene così descritto:
"E' il capo di una squadra Gap. Si ritiene che abbia commesso molti omicidi. Già comandante della squadra Gap di Cornigliano cedette l'incarico a Rizzolio (partigiano Giacinto Rizzolio, "Gino") per assumerne altri di maggiore importanza. Ha comunque, per dichiarazione del Rizzolio, partecipato al rapimento del comunista Lucarelli dall'ospedale di Sampierdarena ed ha distrutto, insieme al Rizzolio, due poli per condutture elettriche al ponte di Cornigliano nella lotta dal 30 aprile al 1° maggio. Irreperibile".