Figlio di Virginio e Celestina Bernini, contadini, residenti a Solarolo di Montacuto, territorio dell'alessandrino, Luigi era l'ultimo di cinque figli. Sbandato dopo l'8 settembre 1943, come tanti giovani che non risposero ai bandi del maresciallo Graziani per l'arruolamento nell'esercito della R.S.I., con nome di battaglia “Tosca” comincia a collaborare con i partigiani di Montacuto, dove era stato formato un autoreparto dotato di un'officina di supporto ai mezzi delle varie brigate. Callegari è esperto meccanico, avendo appreso la professione nell'officina Cavanna di Tortona, prima che scoppiasse la guerra. Entra a far parte della Brigata Arzani, costituitasi nella seconda quindicina del mese di ottobre 1944, e che nel successivo mese di dicembre, per sfuggire al grande rastrellamento nazifascista in atto in Val Borbera e Val Curone, esegue l'ordine di ripiegamento verso i monti. “Tosca” conosceva bene i luoghi e forse, in attesa di nuove disposizioni, è sua intenzione raggiungere la famiglia a Solarolo. Viene però intercettato dai nazifascisti nella frazione Bruggi, nel punto in cui inizia il sentiero che porta verso Monte Giarolo. Proprio su quel sentiero, che nei suoi calcoli era una via di salvezza sicura, viene freddato dai nazifascisti con un colpo alla nuca. Il corpo di Luigi rimase lì esposto per qualche giorno, poi, quando il pericolo di rappresaglia contro gli abitanti del paese cessò, venne rimosso e provvisoriamente sepolto nel cimitero vicino alla chiesa. Passata la minaccia dei rastrellamenti, i famigliari, con una lesa trainata dai buoi, attraverso i boschi si recarono a Bruggi per riportare la salma nel paese d'origine. Il 29 luglio 1990, dove Callegari morì venne collocato un cippo con una solenne cerimonia voluta e organizzata dall'allora presidente dell'ANPI di Viguzzolo, Fedele Tranquilli, in collaborazione con i sindaci di Fabbrica Curone, Eugenio Ferrari e di Volpedo, Giuseppe Gervino.