“Mi ricordo che nei giardini di via San Rocco, a pochi passi dall’ex fabbrica della Fassi, vi era un campo di concentramento provinciale. Avevano costruito tutto intorno una recinzione con alte torrette e nessuno poteva avvicinarsi – così inizia il racconto – All’interno si intravvedevano tante persone rinchiuse: bambini, donne e uomini. Non sapevamo però da dove venissero. Erano chiusi lì come prigionieri, non credo che li abbiano mai fatti lavorare come avveniva in altri campi. Era un luogo di internamento. Non erano ebrei, visto che erano già stati portati via tempo prima. So che avevano rinchiuso anche qualche partigiano. Il campo venne un giorno istituito lì, perché tutta l’area era già una caserma. La zona vicino all’ex Fassi, quella dove ora ci sono le scuole, dove vi era il corpo di anziani, e molto più in là. Tutta l’aria insomma era costituita da diverse caserme, nelle quali vi erano circa 5 mila militari tra tedeschi e polacchi. Vi erano già le SS che facevano pattugliamento” – spiega – “Il campo rimase aperto fino all’8 settembre”. All’apertura del campo, avvenuta nel 1944, infatti quasi tutti gli ebrei della zona erano già stati deportati perciò nel campo di Vallecrosia transitarono solo 5 persone ebree: due ragazze di 12 e 20 anni, arrestate a Bordighera con la loro madre, e due anziane signore catturate a Sanremo. Il signor Borro conclude così questo percorso nel passato:
“Un giorno le SS sono andate via e il campo era libero. Tutto era finito. E’ stato davvero un periodo brutto, ho visto e sentito davvero cose orribili. Per scappare dai bombardamenti ci rifugiavamo sotto gli ulivi. Inoltre per poter guadagnare un chilo di pane andavo al mare con tre damigiane, le riempivo di acqua salata e le portavo al panettiere di San Biagio affinché potesse poi utilizzarle per fare il pane” – continua – “In quel periodo ero solo un ragazzo, ma mi ricordo benissimo quando ho incontrato Mussolini, che era venuto a Vallecrosia in parata. Era sceso alla stazione di Bordighera e poi aveva fatto una sosta anche qui mentre si dirigeva in Francia, insieme a Badoglio e Graziani. C’era la musica, le bandiere e si era verificato pure un episodio divertente. Un carro con una mula bianca che era all’inizio della parata ad un certo punto si era fermato proprio in mezzo alla strada perché la mula da lì non voleva spostarsi, si era impuntata, così hanno dovuto prendere un carretto per evitare che all’arrivo di Mussolini si trovasse ancora lì”.
Il campo rimase dimenticato fino al 2003 quando grazie a un’opera di recupero fu restaurato. È stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria.
E' infine necessario ricordare che a Vallecrosia, nello stesso periodo del 1944, era attivo il "Gruppo Sbarchi" partigiano specializzato nel traghettare nottetempo via mare verso il Principato di Monaco e Cap Ferrat, con le poche barche da pescatori ancora intatte, ebrei in fuga scampati ai rastrellamenti, ricercati dai nazi-fascisti, soldati Alleati fuggiti da campi di concentramento del nord Italia, partigiani feriti e a portare sul nostro litorale aiuti, armi e munizioni per la guerra di Liberazione oltre che a ufficiali di collegamento Alleati per indirizzare i bombardamenti solo verso obiettivi militari salvaguardando i civili.
Fonte: https://www.riviera24.it/2018/01/per-non-dimenticare-il-ricordo-del-campo-di-concentramento-a-vallecrosia-nelle-parole-di-adriano-borro-276583/