Dopo la ritirata di Caporetto del 24 ottobre 1917, le forze armate austro-ungariche invasero il Veneto sino alla linea del Piave. Nella primavera del 1918, le autorità austriache decisero l'emissione di Buoni di Cassa destinati alla circolazione nei territori occupati, e gli italiani residenti furono costretti ad accettarli. Lo sfondamento delle nostre linee a Caporetto aveva fatto occupare al nemico sette Comuni del Friuli-Venezia Giulia.
Per la circolazione monetaria nei territori occupati dalla XIV armata austro-tedesca comandata dal Gen.Otto von Below fu disposta la emissione di Buoni di Cassa cartacei, a cura della fantomatica Cassa Veneta dei Prestiti, costituiti da tagli di Centesimi 5,10, 50, Lira 1 Lire 2, 10, 100,1.000. L’emissione è datata 3 gennaio 1918, ma è certo che i buoni entrarono in circolazione nel Maggio di quello stesso anno: è, infatti, del 3 marzo, l’ordinanza n. 7 emanata dal Comandante in capo le truppe d'occupazione, Feldmaresciallo Bojna Svetotar von Boroevic, che convalidò l'istituzione della Cassa Veneta dei Prestiti, mentre è del 28 aprile l’ordinanza n. 14, con la quale lo stesso Boroevic garantì con depositi in pegno di carte valori o merci. Tale garanzia sull'intera emissione si rivelerà fittizia alla fine delle ostilità per la grave situazione sociale ed economica scaturita dal crollo degli imperi centrali; invero, sin dalla fine del 1917 l’Austria aveva attraversato una gravissima crisi economica da far prevedere la misera fine delle finanze di Stato. Evidentemente, i buoni della Cassa Veneta dei Prestiti erano serviti all'occupante per assicurare beni di consumo e vettovaglie d'ogni genere per l’esercito austro-tedesco a danno della nostra popolazione che era stata costretta ad accettare tali «buoni di cassa» anche in base a quanto sancito dalla parte del «recto» dei biglietti: «I buoni di cassa devono essere accettati da chiunque per l'intero loro valore nominale»; dal «rovescio» si legge l'intimazione: «Saranno puniti i fabbricatori di buoni di cassa falsi, chi li usa e chi, avendoli ricevuti per veri, li rimette in circolazione dopo conosciutane la falsità». I buoni si cambiavano a 95 corone austriache per ogni 100 lire italiana. Si calcola che l'entità dei buoni emessi non possa essere inferiore ai 200 milioni di lire.