Castello Devachan di Imperia

  • Storia

    Il Castello Devachan è una storica residenza di Sanremo (IM) in Liguria. La villa venne completata nel 1909 secondo un progetto di Pietro Agosti redatto nel 1905 e venne acquistata dal nobile inglese John Horace Savile, quinto conte di Mexbourough e inizialmente chiamata Villa Sylvia Mexborough in onore della seconda moglie, Sylvia Cecilia Maria de Ser-Antoni. A causa della carriera militare, il conte aveva trascorso molti anni in Oriente, tanto da abbracciare, a inizio novecento, la religione buddista. Pertanto, nel 1915 il conte rinominò il castello in Devachan dal tibetano 'bde-wa-ca', lo stato di coscienza in cui si trova l'ego dopo la morte del corpo prima di reincarnarsi, in una condizione di illusoria beatitudine. Quando alcuni anni dopo il comandante Edoardo Marcegaglia divenne proprietario del castello, lo concesse al governo italiano per farne la sede, tra il 19 aprile e il 24 aprile 1920, della Conferenza di Sanremo (nota anche come Conferenza degli stretti), durante la quale vennero risolte le questioni di assegnamento territoriale tra gli alleati riguardanti l'ex Impero ottomano, al termine della prima guerra mondiale. In tale occasione, nonostante le speranze italiane, non venne deliberato niente riguardo a Fiume, da dove un contrariatissimo Gabriele D'Annunzio inviò ai partecipanti alla conferenza la famosa missiva Ai biscazzieri di Sanremo, definendo tra l'altro il castello "una grossa villa di pessimo gusto". Nonostante tale giudizio, negli anni seguenti D'Annunzio acquistò, a un'asta giudiziaria, parte degli originali arredi in stile Luigi XVI presenti nel castello.
    Negli anni seguenti la proprietà passò di mano varie volte e nel corso della Seconda guerra mondiale il castello divenne sede del comando delle SS di stanza a Sanremo. Attualmente la villa è un residence per vacanze.

    Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Devachan

    All'alba del 18/02/1945 i nazifascisti, probabilmente guidati dalle spie Benedetto Reghezza (Cino) e Domenico Lupi (Fifa), ex partigiani precedentemente catturati in un rastrellamento del 11.02.1945 in località Beusi di Taggia (IM), rastrellano ancora la zona di Beusi. Nei casoni della zona si sono rifugiati gran parte dei garibaldini del 3° Battaglione “Queirolo” (V Brigata) che per il freddo sono scesi dall'alta montagna. Dopo essersi accorti della presenza nemica cercano di nascondersi nel bosco ma i tedeschi, che sparano in tutte le direzioni, riescono a catturare Francesco Bergonzo (Italo), Renato Dardanelli (Lucia), Francesco Foca (Bà), Beniamino Miliani (Milano), Antonio Palmisano (Bulba o Burba), Luigi Recagno (Alba) e Riccardo Scarpari (Foca).
    Tramite la spia Armida Santini i nazifascisti vengono a conoscenza che l'intera famiglia del sig. Francesco Lanteri aiuta i garibaldini del raggruppamento "Queirolo" e il Comando della I Zona Operativa Liguria. Nella notte del 18/02/1945, nei pressi di Beusi, i nemici guidati dalla spia giungono alla cascina dei Lanteri, sfondano le porte e catturano tutta la famiglia. Dopo averla trascinata fuori, sullo spiazzo, sistemano loro davanti tre mitragliatrici; il capofamiglia Francesco viene brutalmente torturato per primo, fino a strappargli un occhio. L'uomo verrà fucilato nel giardino del Castello Devachan il 05/02/1945.
    Nel frattempo vengono catturati altri partigiani: Enrico Poggi (Sparviero) e Luigi Anfossi (Lio), Guido Bendinelli (Toscano), Secondo Lanteri (Carlo) ed infine Carmelo Genova (Radio) con il genero Emilio e Pino, figlio diciassettenne del Genova che riuscirà a scappare e a salvarsi.
    Alla tragica alba del 05/03/1945, i sedici rastrellati sono passati per le armi nel castello Devachan senza aver subito alcun processo o simulacro di giustizia. Di questi sedici fanno parte anche il Lupi e il Reghezza, le spie che avevano pensato di salvarsi facendo i delatori e che invece, una volta terminato il loro nefasto compito, vengono fucilati ugualmente e finendo nella fossa comune insieme ai quattordici partigiani.
    Nel mattino del 0&/02/1945 i sedici corpi straziati sono trasportati con un carro della nettezza urbana nel cimitero di Sanremo e scaricati alla rinfusa direttamente in una fossa comune. Lo sdegno della popolazione è enorme. Il nemico giustifica il suo orrendo delitto con un volantino lanciato da una macchina in corsa: “Con sentenza del 5 marzo 1945 il Presidente del Tribunale competente, riunitosi a Sanremo, ha condannato alla pena di morte mediante fucilazione i sottosegnati cittadini italiani colpevoli di omicidio (seguono i nomi delle sedici vittime). E' stata ordinata l'esecuzione immediata della sentenza come rappresaglia per l'assassinio di due soldati tedeschi e otto italiani, avvenuto presso Carmo nel febbraio 1945. Sanremo, 5 marzo 1945”.

    Fonte: https://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=1103

    Nel volume di Biga Francesco, Iebole Ferruccio, "Storia della Resistenza Imperiese. I Zona Liguria", vol. 5, Imperia 2016, pp.126-128 (non numerate), sono reperibili fotografie dei primi piani di: Anfossi Luigi (Lio), Bendinelli Guido (Toscano), Bergonzo Francesco (Italo), Cesarone Emilio (Anguilla), Dardanelli Renato (Lucia), Foca Francesco (Bà), Genova Carmelo (Radio), Lanteri Francesco (Chicò), Lanteri Secondo (Carlo), Miliani Beniamino (Milano), Palmisano Antonio (Bulba), Poggi Enrico (Sparviero), Recagno Luigi (Alba), Scarpari Riccardo (Foca).