CHIESA, Pietro. - Nacque ad Asti il 27 genn. 1858 da Luigi e da Antonia Audisio. Di famiglia poverissima, rimase presto abbandonato a se stesso: la madre infatti morì nel darlo alla luce, del padre non si ha notizia. Fino a cinque anni fu allevato da una nonna; dopo la morte di questa fu affidato ad alcuni parenti di Casale Monferrato, con i quali rimase fino a nove anni, quando fuggì di casa. Iniziò una vita randagia, facendo svariati mestieri: dapprima lavorò a Novara nelle risaie; a dodici anni risiedeva presso una famiglia di Casale come domestico; a sedici, di nuovo a Novara, diventò operaio verniciatore. Si trasferì poi a San Pier d'Arena sempre esercitando questo mestiere. Qui entrò in contatto con le Società operaie di ispirazione mazziniana: ma dal mazzinianesimo si staccò ben presto. Al XVII congresso delle società affratellate (Napoli, 20-24giugno 1889), il C. intervenne nel dibattito per sostenere la necessità per il proletariato della lotta economica e di classe e la necessità di giungere alla proprietà collettiva (Manacorda, p. 286).
L'anno successivo, nel congresso della Consociazione repubblicana romagnola tenutosi a Forlì, il C. fu tra i trentatré repubblicani socialisti che abbandonarono definitivamente il partito. Il mazzinianesimo continuerà però a influire ancora in qualche modo sul pensiero del C.: costante sarà infatti il suo impegno per l'elevazione culturale della classe operaia, la sua attenzione per i problemi dell'educazione e della mutualità scolastica. Nel 1891 collaborò con alcuni articoli al settimanale genovese L'89, di ispirazione democratica. Nell'agosto 1892 fu tra i presidenti del congresso del Partito operaio italiano, in cui maturò la scissione tra anarchici e socialisti e venne fondato il Partito dei lavoratori italiani.
Il C., in questa occasione, pur dichiarandosi d'accordo con i principî del socialismo, preferì, insieme con Andrea Costa e Carlo Monticelli, astenersi dal prendere parte per l'uno o l'altro gruppo, disapprovando l'atto di forza compiuto dal Turati, che, senza interpellare il congresso, aveva deciso di provocare la definitiva rottura.
Ma i dubbi vennero presto superati: il C. entrò nel Partito dei lavoratori italiani e iniziò una militanza intensissima sia nella Camera del lavoro di Genova sia nella sezione socialista, diventando insieme con il Calda e il Canepa uno dei capi del movimento operaio genovese. Nel 1897, denunciato per attività sediziosa ed eccitamento all'odio fra le classi, fu condannato a tre mesi di carcere; nel 1898, per sfuggire a un altro arresto, riparò in Francia. Tornato in Italia nel 1899, fu eletto consigliere comunale di San Pier d'Arena. Nel giugno 1900 venne eletto deputato alla Camera per il collegio di San Pier d'Arena.
Il grande sciopero di Genova per lo scioglimento della Camera del lavoro, che il C. aveva da pochi mesi riorganizzato, fu l'occasione del suo primo discorso in Parlamento il 5 febbr. 1901.
La Camera del lavoro - sostenne il C. - era un elemento di ordine e di progresso: non solo era stata un utile strumento di moralizzazione del proletariato, ma aveva avuto una importante funzione economica quando nel 1898, in un momento di crisi, grazie alle sue cooperative, aveva dato lavoro ai disoccupati. In questo discorso, rimasto famoso, vi è l'essenza del riformismo del C.: la convinzione, cioè, che il movimento operaio avrebbe conquistato l'emancipazione nel momento in cui, oltre a lottare per il proprio salario, avesse dimostrato la capacità di lavorare per il benessere di tutto il paese.
In Parlamento il C. si battè soprattutto per la protezione del lavoro femminile e minorile, per l'allargamento della legge sugli infortuni, e per un'efficace opera di tutela (oltre che di risarcimento) della salute e dell'incolumità dei lavoratori. Nel 1903 fu tra gli artefici del contratto fra negozianti di carbone e scaricatori, una delle categorie più misere del porto di Genova. Nello stesso anno fu tra i promotori dell'Unione regionale ligure delle leghe, delle cooperative e delle mutue e tra i fondatori del quotidiano genovese Il Lavoro, portavoce delle idee riformiste.
Al congresso nazionale di Bologna (9-11 apr. 1904), il C. si presentò come uno dei maggiori esponenti della corrente riformista, che fu battuta dai sindacalisti rivoluzionari. Alle elezioni politiche del novembre dello stesso anno egli, colpevole agli occhi degli operai di San Pier d'Arena di aver sostenuto a Milano, durante la campagna elettorale, F. Turati contro il candidato ufficiale del partito Arturo Labriola, non venne rieletto. Poté comunque rientrare alla Camera come rappresentante del collegio di Budrio dove era stato eletto il Bissolati, che aveva optato per il collegio di Pescarolo. Ma, due anni dopo, darà le dimissioni per "la difficile situazione - come egli stesso sottolineerà nella lettera di dimissioni - venutasi a creare con gli elettori di Budrio", i quali avevano aderito alla linea antiriformista risultata maggioritaria al congresso di Bologna. Il C. sarà rieletto alla Camera nel marzo 1909, in seguito al riaffermarsi della corrente riformista, in due collegi: Genova e San Pier d'Arena, optando per quest'ultimo. In questi anni difese con vigore la riforma elettorale e l'indennità parlamentare, sostenendo tra l'altro il principio della segretezza del voto contro la proposta governativa.
All'interno del P.S.I. intanto si era riaccesa la lotta tra le correnti a causa dell'impresa di Libia. Il C., pur dissociandosi dalle posizioni del Bissolati, nella risposta al discorso dellaCorona il 24 maggio 1909 affermerà che nel momento del pericolo tutti gli operai sarebbero accorsi alle frontiere; e quando nel congresso di Reggio Emilia (7-10 luglio 1912) il Bissolati verrà espulso dal partito, il C. parlerà in sua difesa, difendendo la logica del riformismo, che - secondo lui - non confondeva in modo semplicistico la borghesia con il governo e sapeva, in determinati momenti, anteporre l'interesse nazionale all'interesse della classe.
In questi anni ricoprì numerose cariche: consigliere provinciale di Genova ininterrottamente dal 1899 alla morte, rappresentante dei lavoratori nel comitato esecutivo del Consorzio autonomo del porto, dal 1903 consigliere e poi vicepresidente del comitato permanente del Consiglio superiore del lavoro, membro della Cassa di previdenza per gli operai, consigliere dell'Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori.
Nel 1914, scoppiata la guerra mondiale, il C. seguì la linea del partito, contraria all'intervento; ma, quando l'Italia entrò nel conflitto, mentre il P.S.I. mantenne la sua posizione neutralistica, egli partecipò all'attività degli organi di mobilitazione civile: tra l'altro parlò ai combattenti delle trincee del Selisce, alle falde del Mrzli, e tenne un discorso ai soldati in partenza da Casale Monferrato. Il partito stava per adottare dei provvedimenti disciplinari nei suoi confronti, quando il C. morì a Genova il 14 dic. 1915.
Egli lasciò alcuni brevi scritti teatrali, poetici e politici. Tra gli altri: La vispa Teresa:bozzetto, Sampierdarena 1895 (2 ed., con prefaz. di Andrea Costa, ibid. 1902); Ginnastica e miseria in Italia: critiche e contro critiche, ibid. 1900; Parla il lavoro, Firenze 1901; Reclamate la legge in difesa del lavoro delle donne e dei fanciulli, Genova 1902; La voce del proletariato alla Camera dei Deputati, Roma 1904.
Fonti e Bibl.: Necrol., in Il Lavoro (Genova), 15 dic. 1915; in Nuova Antologia, 16 genn. 1916, pp. 259 ss. Cfr. inoltre: Atti parlamentari,Camera,Discussioni, legisl. XXI-XXII-XXIII-XXIV, ad Indices; A. Angiolini, Cinauant'anni di socialismo in Italia, Firenze 1900, pp. 170 s., 174, 182, 184, 336; R. Michels, Proletariato e borghesia nel P.S.I., Torino 1908, pp. 94, 112 s.; A. Malatesta, I socialisti ital. durante la guerra, Milano 1926, p. 25; M. Bettinotti, Vent'anni di movim. operaio genovese, Milano 1932, pp. 23, 29, 38, 43, 55, 62, 66, 68, 71, 75, 88, 91 ss., 95, 103 ss., 144 ss., 148; G. Manacorda, Il movim. operaio ital., Roma 1953, pp. 260, 264, 319; L. Cortesi, Il socialismo ital. tra riforme e rivoluzione,1891-1921, Bari 1961, ad Indicem; G.Perillo, Socialismo e classe operaia nel genovesato dallo sciopero del 1900 alla scissione sindacalista, in Movimento operaio e social. in Liguria, VII (1961), pp. 37 ss.; Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni di vita politica ital., II, Milano 1961, ad Indicem; L. Valiani, Il P. S. I. dal 1900 al 1918, in Riv. stor. ital., LXXV (1963), pp. 269-326 passim; Id., Il P. S. I. nel periodo della neutralità 1914-1915, Milano 1963, pp. 103 s.; S. Cannarsa, Il socialismo in Parlamento, Roma 1965, ad Indicem; G.Mammarella, Riformisti e rivoluzionari,P. S. I. 1900-1912, Padova 1968, ad Indicem; C.Cartiglia, R. Rigola e il sindacalismo riformista in Italia, Milano 1976, pp. 34, 73; Il movimento op. ital. - Dizionario biografico,s. v.
https://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-chiesa_res-b39dc327-87ea-11dc-8e9d-0016357eee51_(Dizionario-Biografico)/