Il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) nasce il 9 settembre 1943 a Roma. È il momento più difficile della storia nazionale unitaria: il territorio italiano, dopo lo sbarco alleato in Sicilia, quello in Calabria e quello a Salerno – che avviene lo stesso 9 settembre – è diventato una delle aree di guerra in cui le truppe anglo-americane e quelle tedesche si affrontano direttamente. L'annuncio dell'armistizio, il giorno 8, non è stato preparato in alcun modo e le forze armate italiane si trovano completamente allo sbando. Il CLN unisce in un unico organismo i diversi partiti dell'antifascismo storico, ognuno con un suo rappresentante. Sotto la presidenza di Ivanoe Bonomi (1873-1951), socialista e futuro presidente del Consiglio, ci sono esponenti del Partito Comunista (Mauro Scoccimarro e Giorgio Amendola), del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (Pietro Nenni e Giuseppe Romita), del Partito d'Azione (Ugo La Malfa e Sergio Fenoaltea), della Democrazia Cristiana (Alcide De Gasperi), della Democrazia del Lavoro (Meuccio Ruini) e del Partito Liberale (Alessandro Casati). Il Comitato, che fungerà da “direzione politica” della lotta di Liberazione, si prefigge il compito di «chiamare gli italiani alla resistenza» contro il nazifascismo e «riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni» (F. Sessi, Comitato di liberazione nazionale, Comitato centrale di liberazione nazionale, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 414). Il CLN è una risposta concreta alla disgregazione dello Stato e all'assoluta incapacità dimostrata dalla monarchia e dal suo governo di assolvere al compito di difendere la sovranità del territorio nazionale e la vita stessa della popolazione. Inoltre, la sua composizione rappresenta una rottura evidente con lo Stato che ha permesso e sostenuto il fascismo e la sua guerra: a parte Bonomi e Casati, già in politica prima della dittatura e poi ritiratisi a vita privata, gli altri membri del CLN sono tutti esponenti dell'antifascismo che ha pagato la propria opposizione con il carcere, il confino, l'esilio.
Pur essendo nato privo di potere effettivo, il CLN diventa presto un modello di rappresentanza politica e guida organizzativa presente in ogni regione d'Italia, sia in quelle occupate sia in quelle man mano liberate. Le sedi locali e provinciali si organizzano rapidamente: quella di Milano, ad esempio, destinata a divenire Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI, dal gennaio 1944) è già operativa in clandestinità l'11 settembre 1943. Sorgono poi i Comitati di Firenze, Torino, Genova, Padova e così via, mentre nelle città meridionali i CLN sono soprattutto creazioni del post-liberazione, e per questo motivo dotate di un potere politico meno rilevante. Ciononostante, «i CLN meridionali sono […] l'espressione di una cultura politica piena di fermenti con chiare valenze antifasciste e di collegamento alla resistenza» (ibidem). È al Sud, e precisamente a Bari, che si tiene, nel gennaio 1944, il primo congresso dei CLN.
I CLN del Nord Italia rappresentano, nei 20 mesi della Resistenza, la guida politica e militare della lotta di Liberazione. Si tratta di «vere e proprie centrali operative di lotta, di controinformazione (e di governo nelle zone libere)», diffuse in modo capillare sul territorio (ibidem).
La creazione e l'organizzazione dei CLN risponde a una spinta dal basso, ma la loro vita come “guida” della Resistenza non sarà sempre facile, e renderà necessaria una continua acquisizione di «legittimazione morale, politica e militare da conquistare giorno per giorno nella lotta contro il nazismo e il fascismo» (Ivi, p. 415). La legittimazione e la legittimità non sono solo necessarie nella contrapposizione armata al nazismo e al fascismo, ma anche nei confronti del Regno del Sud e degli Alleati.