La colonia di Rovegno è un'ex colonia estiva situata a 950 m nel comune di Rovegno, in alta val Trebbia, nella città metropolitana di Genova. È stata progettata dall'ingegnere Camillo Nardi Greco (1887-1968) e realizzata tra il 1933 e il 1934. Allo stesso progettista si devono anche le analoghe strutture costruite, sempre negli anni trenta del Novecento, a Savignone (Renesso e Monte Maggio) e Chiavari (Colonia Fara).
La costruzione della colonia si inquadrava nell'ambito di un più ampio progetto, finanziato dal Partito Nazionale Fascista allora al potere, che vide crescere a livello nazionale il numero delle colonie estive per bambini e ragazzi, a testimonianza della volontà del regime di intervenire direttamente nell'educazione dei giovani. Al tempo stesso la costruzione di questi nuovi edifici, con caratteristiche costruttive innovative e improntati a criteri igienico-salutistici, assumeva una notevole valenza propagandistica. Da ottobre 1942 la colonia fu impiegata come struttura di sfollamento per i ragazzi di Genova e vi si tennero addirittura le lezioni per alcune classi delle scuole. Le stesse camerate svolgevano la funzione di aule. I comodini adagiati sul fianco, venivano impiegati come banchi. I ragazzi, con le gambe incrociate dentro il comodino, sedevano sullo sportello e scrivevano sui quaderni posti sul fianco del comodino.
Alla caduta del fascismo la Colonia funzionò ancora per un po' di tempo. Aveva consentito lo sfollamento di circa 330 ragazzi dall'ottobre 1942 a circa inizio settembre 1943, compreso quindi anche l'inverno 1942-1943. I ragazzi erano organizzati in quattro compagnie, ciascuna di tre plotoni di trenta alunni, tranne la quarta che non era completa. Il riscaldamento funzionò sempre e quell'inverno la neve arrivò, si disse, a due metri, tanto che gli occupanti rimasero chiusi un paio di mesi.
Nella primavera del 1944 le forze partigiane attive dall'autunno del 1943 sui monti dell'entroterra genovese avviarono un'offensiva che spinse i nazifascisti a spostarsi verso la costa abbandonando le valli interne e nel mese di luglio la val Trebbia, da Bobbio a Torriglia, divenne una zona libera partigiana. La colonia fu utilizzata dai partigiani come sede del comando della "Sesta Zona Liguria" e come infermeria. Per la sua capienza venne anche adibita dagli stessi a prigione per militari tedeschi e appartenenti alle forze armate della Repubblica Sociale Italiana o alle milizie paramilitari (Brigate nere) che le affiancavano. Alla fine di agosto i nazifascisti attuarono una massiccia azione di rastrellamento che a novembre portò alla riconquista della valle, respingendo i partigiani sui monti.
Nel pieno dell'offensiva dei tedeschi e dei militari della R.S.I. le forze partigiane ottennero tuttavia un importante risultato, con il passaggio di un intero battaglione della divisione alpina "Monte Rosa" tra le file dei resistenti. I rastrellamenti proseguirono per tutto il mese di gennaio del 1945 finché la controffensiva delle formazioni partigiane portò a rioccupare definitivamente la valle, e la colonia, a febbraio del 1945.
Tra marzo ed aprile del 1945, secondo quanto riportato in alcuni romanzi di Giampaolo Pansa, parte dei prigionieri rinchiusi nella colonia, soprattutto militari della RSI e membri delle Brigate nere, furono giustiziati e sepolti in fosse comuni nei boschi limitrofi. Un documento della questura di Genova (Gab-102030 del 31 gennaio 1946) ipotizzava la presenza di circa 600 salme, numero in seguito fortemente ridimensionato: i rapporti dei carabinieri e del ministero della difesa indicano il rinvenimento nei mesi successivi alla cessazione delle ostilità delle salme di 129 italiani, tra militari e Brigate nere, e di 31 soldati tedeschi, fucilati o caduti in combattimento negli ultimi giorni di guerra, solo in parte identificati. La prima esecuzione risale al 22 marzo 1945 e ha riguardato 42 componenti delle Brigate nere e tre militari tedeschi, condannati a morte dal tribunale partigiano. Per queste ragioni il luogo nel tempo è divenuto un punto di riferimento per i simpatizzanti della R.S.I., che in memoria dei caduti apposero una lapide commemorativa in corrispondenza dell'ingresso principale, successivamente distrutta da ignoti; su interpellanza del gruppo consigliare di AN la giunta provinciale di Genova nel 2001 ne finanziò il ripristino.
Appena finita la guerra la colonia venne data in affitto all'opera di Don Orione, che ne fece un luogo di vacanza per i ragazzi dell'istituto, ma dalla fine degli anni sessanta fu abbandonata e colpita da svariati atti vandalici che la resero inabitabile. Negli anni novanta l'ultimo piano fu utilizzato per un breve periodo come osservatorio astronomico. Oggi l'edificio, in completo abbandono, è inutilizzato e pericolante. Diverse ipotesi sono state avanzate nel corso degli anni per il recupero della struttura; nei primi anni duemila il comune di Rovegno la cedette a una società di Milano, che intendeva utilizzarla per ospitarvi anziani e disabili, ma nessuna iniziativa trovò mai concreta realizzazione, ed anzi i locali furono più volte teatro di rave party clandestini.
Interamente realizzata in cemento armato e in aderenza ai canoni stilistici del razionalismo, la struttura ha mantenuto inalterate nel tempo le sue caratteristiche architettoniche, seppure danneggiata dallo stato di abbandono: per tali motivi è stata oggetto di studi a livello universitario e dal 1999 è soggetta a vincolo architettonico e ambientale.
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Colonia_di_Rovegno