https://it.wikipedia.org/wiki/4ª_Divisione_alpina_"Monterosa"
Nel Fondo "Giannecchini-Toscano", busta 3, fascicolo n.4 conservato nell'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea - ILSREC - di Genova, è reperibile copia statica di una lettera tra il capitano Livio Dieghi e il Commissariato Straordinario per il Piemonte a Torino. Nel documento, di cui si riportano qui i paragrafi più rilevanti, è possibile comprendere la gravissima situazione interna ai raggruppamenti della "Monterosa" appena tornata dalla Germania e dispiegata sulla costa ligure e sulle Alpi. Numerosa altra documentazione sulla "Monterosa" e le altre divisioni RSI è reperibile in detto fascicolo; tale dattiloscritto è uno dei più eloquenti relativamente alla condizione del reparto.
"Si è immediatamente iniziata un'azione di frazionamento dell'unità in quanto si è voluto creare delle compagnie d'allarme per la lotta contro-partigiana. Anzichè prendere un reparto omogeneo con i suoi stessi quadri ufficiali, si è voluto formare queste compagnie col concorso di piccole forze di tutti i reparti della divisione annullando le forze di coesione di ogni singolo comandante. Non solo una volta degli uomini hanno abbandonato queste compagnie di formazione, pur sapendo di commettere reati di diserzione, pur di rientrare nei vecchi reparti di appartenenza. E' questa la prova miglire di come si è sbagliato nel formare queste compagnie d'allarme e nulla fu fatto per ovviare all'incidente. Dai reparti non furono sottratti soltanto gli uominima anche le armi automatiche [...]".
Si passa dunque a trattare la situazione dei militari dislocati sulle montagne delle Alpi, i quali devono attraversare la pianura alessandrina prima di raggiungere i monti.
"La tradotta del Gruppo "Vicenza" ha sostato a Terzo d'Acqui (AL) in piena zona partigiana in attesa di sostituzione di macchina. In questa zona è avvenuta la defezione di circa un centinaio di uomini [...]. In Terzo d'Acqui per iniziativa dell'ufficiale di collegamento tedesco, preoccupato delle defezioni, si è pensato di disarmare il gruppo usando la mano armata. Soltanto l'iniziativa di un giovane ufficiale (s.ten. Bergari) è riuscita ad impedire l'attuazione di un errore che avrebbe potuto portare a conseguenze gravissime. Nella notte naturalmente sono continuate le defezioni [...]. Nelle seguenti condizioni il gruppo avviato male in partenza ha raggiunto posizioni montane che variano dai 2500 ai 3000 metri attualmente coperte da più di un metro di neve: 1. Scarpe sfondate, 2. Divisa estiva, 3. Due coperte da campo di cotone, 4. Teli tenda bucati, 5. Vitto insufficiente, 6. Quadrupedi (cavalli da tiro pesante idonei a tutto meno che ad andare in mulattiera) strenuati dalle fatiche e dalla mancanza di profende. [...] Aleggia sugli spiriti degli uomini il sentimento di mancanza di fiducia da parte dell'alleato. [...] Tramite le autorità politiche locali si riesce a far ottenere agli alpini quei viveri di conforto che necessitano a delle truppe impiegate ad alta montagna. Ma non è questo, secondo il modesto parere del sottoscritto, che può salvare la situazione. Gli alpini hanno bisogno di ritrovarsi uniti alla loro divisione, hanno bisogno di rivedere una qualsiasi città d'Italia, hanno bisogno di vedersi sorretti, seguiti e amati dal popolo. [...] A conclusione il sottoscritto ritiene, e in questo momento interpreta il pensiero degli ufficiali e dei gregari di tutto il gruppo, che ci siano ancora troppe forze oscure che lavorano negativamente nei confronti di quel problema di resurrezione che il nuovo soldato della Repubblica Sociale si era ripromesso [...]".