Maresciallo maggiore dei Carabinieri di Varese Ligure (SP), fucilato il 31/10/1944 a Chiavari (GE). Nel Fondo "Giannecchini-Toscano", busta 5, fascicolo 5 conservato presso l'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e l'Età Contemporanea, Ilsrec, di Genova, è disponibile ampia documentazione relativa al processo delle Corti d'Assise Straordinarie di Lucca e Genova che, nel dopoguerra, hanno condannato due ex-militari (Mario Recusani e Felice Ferrarese) della Divisione Rsi Alpina "Monterosa" per numerosi crimini commessi nell'area di San Pietro Vara (SP) tra cui appunto la concessione ai tedeschi dell'esecuzione di Emili. I seguenti dettagli sono contenuti nella documentazione di tale Fondo.
Il reverendo di Salino di Varese Ligure (SP) don Zanello Elivio, divenuto testimone nel processo ai due militari, riferisce che il 01/10/1944 ha consigliato ad Emili di allontanarsi da Varese Ligure, infestata da Alpini, e di seguirlo nella sua piccola parrocchia di Salino per evitare la cattura e "seri dispiaceri". Il maresciallo accetta l'invito e resta nella frazione per due giorni, durante i quali il sacerdote è assente. Tornato a Salino, l'ultimo incontro tra i due uomini avviene mentre Emili viene caricato su un camion dai fascisti per essere condotto a Castiglione Chiavarese e da lì a Chiavari (GE). Il reverendo non conosce dettagli specifici sull'attività di Ferrarese ma, relativamente al comportamento di Recusani, riporta un evento spiacevole a suo danno. Entrato in una trattoria di San Pietro Vara in uno dei primi giorni di ottobre 1944, viene accolto da Recusani e da altri militari con il lancio di gusci di noci e di mele e con brutali frasi offensive senza motivo di sorta. Negli stessi giorni anche il sig. Quirino Camiccia viene arrestato da Recusani per strappargli informazioni sui collaboratori dei partigiani locali, condotto a Villa Maragliano appena fuori San Pietro Vara e qui ferocemente torturato per due giorni con percosse ed un nerbo di bue che il militare è solito portare con sé.
La narrazione della vicenda del maresciallo Emili prosegue grazie alla testimonianza di Giovanni De Vincenzi (Gioanin), partigiano della Brigata "Barbagatto", 1° Divisione Liguria "Monte Picchiara". In seguito ad un rastrellamento nell'ottobre 1944, De Vincenzi viene catturato e sottoposto ad arruolamento obbligatorio sotto minaccia di morte. Inizialmente trattenuto nelle camere di sicurezza della "Monterosa" presso la caserma di Castiglione Chiavarese, in questa occasione conosce personalmente Emili, di cui al momento ignora il nome ma che sa essere maresciallo dei Carabinieri. Dopo circa otto giorni l'uomo viene prelevato e passato per le armi a Chiavari il 31/10; De Vincenzi decide dunque di chiedere un permesso e fugge per riunirsi nuovamente ai suoi compagni partigiani della Divisione "Picchiara".