Famiglia triestina di origine slovena proveniente da Sgonico, segue la sorte degli appartenenti a tale etnia decisa dai fascisti: nel 1926 Ivan Pirc (nato il 10/12/1896), la moglie Ana (nata nel
1901), le quattro figlie Ivanka, Lidia, Anna e Giustina si trasferiscono in Irpinia e, tre anni dopo,
sono obbligati a un nuovo spostamento prima a Mignanego, comune limitrofo a Genova, e
poi a Trasta, località genovese della val Polcevera, dove Ivan svolge la funzione di addetto
al casello ferroviario.
Nel corso degli anni Trenta il padre prende contatto con gli ambienti antifascisti, collaborando all’attività clandestina comunista. A partire dall’estate 1943 la famiglia dà assistenza a militari sloveni disertori e a militari italiani in fuga; la loro abitazione fornisce appoggio e rifugio, grazie all’operato di Ana, ai partigiani e ai perseguitati dai nazifascisti. Il casello di Trasta diventa un presidio delle brigate Garibaldi Sap genovesi: è un centro di raccolta di armi e munizioni abbandonate dai reparti sbandati del Regio esercito che vengono occultate da Ivan sotto una cisterna lungo la linea ferroviaria. Il deposito viene utilizzato per tutto il periodo della lotta di Liberazione dai Gap, comandati da Balilla Grillotti, di cui Ivan è stretto collaboratore, e dalle Sap. Il casello diventa inoltre un centro di smistamento per i giovani renitenti alla chiamata alle armi della Rsi, che vengono inviati presso le formazioni partigiane operanti nella zona della Benedicta.
I Pirc ospitano, tra gli altri, Ilio Bosi, Anton Ukmar (Miro), Alfredo Marchese, nascosto insieme alla moglie e ai figli in una nicchia ricavata all’interno di una vicina galleria ferroviaria. Nell’abitazione dei Pirc svolgono attività clandestina tra gli altri Giuseppe Noberasco (Gustavo, Libro), organizzatore del Fronte della Gioventù genovese e comandante militare delle Sap, il quale nel 1945 sposerà Anna; Arrigo Diodati (Franco), e Renato Quartini (Tino). La figlia maggiore, Ivanka, nel luglio 1943 raggiunge clandestinamente le formazioni partigiane slovene con le quali combatte per nove mesi; ammalatasi, rientra in Italia, continuando
l’attività partigiana. La sorella Anna diventa staffetta partigiana e fa la spola tra città e periferia per portare armi e documenti; nel gennaio 1944 si procura un ciclostile, sistemato in casa di Adamo Carrea a Sampierdarena, al cui funzionamento provvede ella stessa, alla realizzazione di migliaia di volantini, all’intensificazione della propaganda del Fronte
della Gioventù e all'avvio di una collaborazione con le squadre giovanili operaie, nelle cui attvità militari si sarebbe inserita. A differenza di Lidia, organizzatrice dei Gruppi di difesa della donna, che viene arrestata nel dicembre 1944, Anna riesce a sfuggire alla cattura e insieme alla sorella Ivanka a unirsi, rispettivamente, alla resistenza milanese e a quella padovana.
In seguito il casello di Trasta subisce ripetute perquisizioni da parte delle Brigate nere ma l’attività della famiglia Pirc proseguirà ininterrottamente fino alla Liberazione.
Fonte: Gimelli, Franco, Battifora, Paolo, "Dizionario della Resistenza in Liguria", DeFerrari Editore, Genova 2021, pp.431-342