Filippini, Massimo

    Data di esistenza

    Data di nascita : 1936

    Data di morte: 20/04/2020

  • Biografia

    Massimo Filippini è stato tenente colonnello dell'Aeronautica Militare, avvocato e storico figlio di Federico Filippini, Maggiore del Genio fucilato dai tedeschi a Cefalonia il 25 settembre 1943 nell'ambito del massacro successivo all'armistizio che ha portato allo sterminio di migliaia di militari italiani da parte dei nazisti, finora loro alleati, su tale isola greca.
    Massimo Filippini ha perseguito una battaglia personale affinché emergessero le responsabilità che condussero la "Acqui" del generale Gandin a scontrarsi senza alcuna speranza con le forze tedesche. Filippini inoltre per primo ha smascherato il mito dei “diecimila morti” di Cefalonia, scoprendo e divulgando i documenti che hanno ridimensionato notevolmente tanto l’entità della strage compiuta dai tedeschi quanto le modalità con cui avvennero i massacri e le responsabilità inglesi nell’affondamento delle navi che trasportarono migliaia di prigionieri italiani dalle isole Ionie al continente, dopo la fine dei combattimenti.
    Gli studi di Filippini – “La vera storia dell’eccidio di Cefalonia”, (1998), “La tragedia di Cefalonia. Una verità scomoda (2004) e “I caduti di Cefalonia: fine di un mito” (2006) – rappresentano un duro atto d’accusa contro il governo Badoglio, che incitò il generale Gandin a rispondere con le armi alle intimazioni tedesche, ma che contemporaneamente evitò di dichiarare di guerra alla Germania all’indomani dell’armistizio (formalmente il regio governo e Berlino saranno in guerra solo in ottobre inoltrato). Il governo di Brindisi così espose i soldati della Acqui al dilemma di doversi arrendere ai tedeschi oppure – in caso di resistenza – essere considerati “franchi tiratori” e quindi fuori da ogni protezione del diritto di guerra. La tragica sorte di circa 1.600 soldati e ufficiali (le più recenti stime vanno da un minimo di 3000 ad un massimo di 5000 morti, con una probabile attestazione sulle 2300 vittime circa) uccisi in combattimento o passati per le armi dopo gli scontri è legata a doppio filo alla decisione di Badoglio di procrastinare la dichiarazione di guerra al Reich.

    La lettura canonica dell'eccidio di Cefalonia colloca l'evento nell'ambito della Resistenza al nazifascismo. Rientrano in tale filone sia le letture che vedono nei fanti della Acqui dei veri e propri antifascisti, la cui volontà di opporsi ai tedeschi fu mossa dall'«aspirazione alla libertà», ma anche interpretazioni che li considerano dei patrioti che decisero di non cedere le armi per tenere fede al giuramento e morire per l'onore della patria. In entrambi i casi, la natura resistenziale dell'evento risiederebbe nella consapevolezza della scelta, che trasforma quei soldati da meri esecutori di ordini in combattenti "volontari". Secondo questa interpretazione, la scelta di opporsi ai tedeschi, volontaria e consapevole, fu anche maggioritaria, se non plebiscitaria: quindi la Divisione affrontò lo scontro compatta. Da questo punto di vista, gli acclarati dissidi che emersero prima della battaglia fra gli ufficiali "ribelli" e il "temporeggiatore" Gandin vengono interpretati come la contrapposizione fra l'irruenza dei giovani desiderosi di battersi e il saggio padre di famiglia che, negoziando con i tedeschi, vorrebbe salvare l'onore delle armi e la vita dei propri soldati: un semplice contrasto generazionale che non mette in discussione l'unitarietà di intenti fra il comandante e i propri subalterni. All'interpretazione canonica si sono sin da subito contrapposte letture polemiche dei fatti: da una parte alcuni sopravvissuti espressero giudizi assai critici nei confronti dell'operato del generale Gandin, considerato troppo debole se non addirittura intenzionato a tradire per portare la Divisione in campo germanico, altri accusarono invece alcuni giovani ufficiali, prevalentemente di complemento, individuando nella loro ribellione contro Gandin la principale causa di uno scontro inutile e della feroce rappresaglia che ne seguì.
    Il primo autore a mettere in discussione la versione canonica dei fatti di Cefalonia non fu uno storico, ma un militare: il tenente colonnello Livio Picozzi, inviato in missione a Cefalonia dallo Stato Maggiore italiano nel 1948 allo scopo di indagare sullo svolgimento dei fatti. Picozzi ascrive la volontà della truppa di battersi non a valori quali il patriottismo o l'antifascismo, quanto, piuttosto, all'effetto della sobillazione di alcuni ufficiali, la cui azione fu tollerata da Gandin, accusato di non aver saputo mantenere la disciplina. Anche la combattività dei soldati italiani viene messa in discussione da Picozzi, attraverso la drastica riduzione del numero di caduti tedeschi. Le tesi di Picozzi hanno certamente ispirato l'opera di Massimo Filippini, strenuo accusatore dei giovani ufficiali "ribelli" cui si imputa la responsabilità, non solo morale, del tragico epilogo dei fatti di Cefalonia. Il principale responsabile, fra i molti che da subito si schierarono in favore dello scontro con i tedeschi, viene individuato nella persona del capitano Renzo Apollonio, al quale Filippini attribuisce anche l'onta di avere collaborato con i tedeschi dopo la battaglia. Secondo Filippini, Apollonio e gli altri si macchiarono dei reati di insubordinazione, di cospirazione e di ribellione, intralciando l'opera di Gandin che, lungi dal voler tradire, stava solamente cercando una soluzione pacifica e, soprattutto, onorevole a quella complicata situazione in cui si era venuta a trovare la Divisione.
    Ma il revisionismo di Filippini va oltre essendo uno dei sostenitori della liceità della fucilazione dei prigionieri italiani, fondando la propria affermazione sulla nota argomentazione che, in assenza di una dichiarazione di guerra, questi erano da considerarsi franchi tiratori, argomentazione priva di fondamento giuridico, come dettagliatamente dimostrato da Marco De Paolis. Idee simili a quelle di Filippini sono espresse da Gianfranco Ianni il quale, nel monumentale saggio da lui dedicato all'eccidio di Cefalonia, riporta il testo di un'intervista concessagli dal capitano Amos Pampaloni. Nel corso della conversazione con Ianni, l'anziano ex artigliere si esprime in modo molto critico sulle scelte che condussero lui e gli altri giovani ufficiali a opporsi all'azione diplomatica di Gandin, fino ad ammettere una responsabilità nel tragico epilogo della vicenda.
    Opposte a quelle di Filippini e di Ianni sono le tesi dello storico Paolo Paolett, il principale accusatore di Gandin, secondo il quale il generale dopo l'armistizio agì con l'intento di condurre la Divisione in campo tedesco. Paoletti va dunque oltre le accuse di inettitudine e debolezza comunemente rivolte al generale dai suoi detrattori: Gandin, da subito, intese consegnare la divisione in armi ai tedeschi per continuare a combattere al loro fianco e, a tal fine, negoziò con loro. L'oggetto delle trattative fra Gandin e il comando germanico furono, secondo Paoletti, le questioni pratiche di questo passaggio e non le condizioni per un rientro onorevole in Patria della Divisione. Ribaltando la visione di Filippini, secondo Paoletti i giovani ufficiali "ribelli" e, in particolare, il capitano Renzo Apollonio furono degli eroi, la cui intraprendenza fece fallire il piano del "traditore" Gandin. Dunque, Gandin tradì la propria Patria, tentando di portare la Divisione in campo nemico, ma tradì anche i tedeschi, quando, costretto dai propri subalterni, ordinò alla Acqui di combattere contro la Wehrmacht, secondo Paoletti per questo motivo Gandin non fu fucilato insieme agli altri ufficiali.
    Le opere di Filippini e di Paoletti sostengono tesi assai discutibili, espresse sovente con toni polemici, e per questo sono state spesso ignorate in ambito accademico, occorre però osservare che esse si fondano su serie basi di studio e hanno portato a significativi progressi nella conoscenza dei fatti di Cefalonia, basti ricordare che il primo a dimostrare l'infondatezza della stima di oltre 9 000 morti è stato Filippini e che, grazie al grande lavoro di ricerca svolto negli archivi tedeschi, Paoletti ha portato alla luce numerosi documenti germanici inediti.


    Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Eccidio_di_Cefalonia#Le_perdite

    https://storiainrete.com/addio-a-massimo-filippini-una-vita-per-la-verita-su-cefalonia/