Galante, Luigi

  • Biografia

    Nato a Sesto Fiorentino nel 1877, Luigi Galante si laureò nel 1900 a Firenze dedicandosi a studi di filologia greca e latina con pubblicazioni che gli valsero gli elogi dei migliori studiosi internazionali: dallo studio, fra il 1901 e il 1907, dei codici vaticani delle epistole di Procopio di Gaza, dei classici latini della Biblioteca Magliabechiana, di altri di Firenze, Cassino, Vercelli, a lavori di divulgazione, alle ricerche, fra il 1909 e il 1914, su Orazio e Menandro, fino alla versione poetica del Moretum (idillio dell’Appendix
    Virgiliana) nel 1922. Fu libero docente di lettere classiche a Firenze, di Grammatica greca e latina a Roma, poi a Torino, fra il 1913 e il 1918. A seguito dei concorsi per l’insegnamento fu professore di latino e greco nel liceo di Cassino (1902-1903) e materie letterarie nei ginnasi di Grosseto (1903) e Vercelli (1904). Nel frattempo era nato a Firenze nel 1899 l’amore con la diciassettenne Margherita Garrone, venuta in visita da Vercelli (i rispettivi padri erano cugini), come racconta Virginia in “Se mai torni”.
    Dal loro matrimonio nel 1904 nacquero Virginia, Alessandro e Carlo. Fu destinato ai Licei di Teramo, Ascoli, Urbino, Alba fino alla nomina, nell’ottobre del 1912 a Torino dove si trasferì con la famiglia. Nel 1918, nominato Preside, fu assegnato, dopo Sondrio e Casale Monferrato, a Vercelli. Accanto alla sua attività di filologo e educatore vanno ricordate le sue qualità di poeta, nutrite dallo studio del mondo antico. Nel 1906 il poemetto in esametri latini Licinus tonsor fu premiato con la medaglia d’oro al certame hoefftiano di Amsterdam (preferito a quello del Pascoli, pure in gara). Magna laude allo stesso certame ricevettero i suoi successivi poemetti Planasia, nel 1915 e Flavi Ludus, nel 1918. I protagonisti erano personaggi semplici o emarginati, costruiti da spunti appena accennati in testi latini poco noti: il barbiere di Cesare, l’esilio di Agrippa Postumo, fatto ammazzare da Tiberio, il Maestro di Venosa che intuisce la grandezza del piccolo Orazio, trasferitosi a Roma. Il latinista Giuseppe Albini, docente all’Università di Bologna, nella sua commemorazione nel 1927, a un anno dalla morte, nell’aula magna del liceo “Lagrangia” di Vercelli, parlò di lui come di uno dei pochi grandi poeti “che veramente in latino poetarono”; e annoverò tra i suoi grandi meriti, la pubblicazione, già nel 1919, di una scelta delle lettere di guerra dei cognati Pinotto e Eugenio, dal titolo “Ascensione eroica”.