Antifascista (nel 1938, a Genova, dove si era trasferito per lavoro), fu tra i promotori della costituzione del Movimento Unitario di Rinnovamento Italiano. Quando l'attività del MURI fu scoperta, Giacosa fu deferito, con una trentina di suoi compagni, al Tribunale speciale che, nel 1940, lo assegnò al confino nell'isola di Ventotene. Dopo due anni, l'avvocato riuscì a sottrarsi alla sanzione e a raggiungere, nel Cuneese, il gruppo di antifascisti capeggiato da Duccio Galimberti. Dopo l'8 settembre 1943, col nome di battaglia di "Dino", si batté nelle file della Resistenza cuneese, prima nella banda "Italia Libera" e poi nel Gruppo divisioni autonome "Rinnovamento", da lui stesso organizzato nell'ambito del MURI. Nel dopoguerra l'avvocato Giacosa si è impegnato nella propaganda politica repubblicana e federalista. Nel 1947, con prefazione di Ferruccio Parri, è uscito un suo volumetto dal titolo Tesi partigiana: considerazioni sommarie sui principi che governano la condotta della guerra partigiana in Italia. Nel 2000, Vittoria Grimaldi ha pubblicato Perché nulla vada perduto; Dino Giacosa: una vita per la libertà e la giustizia.