Sergente del 47° reggimento motorizzato della 315° divisione dell’Armata rossa, si trova in Ucraina all’inizio dell’invasione tedesca dell’Unione Sovietica. Durante un combattimento nei
pressi di Smolensk, tramortito dall’esplosione di una bomba, è fatto prigioniero e inviato in campo di concentramento in Germania e poi in Italia.
L’8 settembre 1943, insieme ai suoi compagni Grigorij Pansin (Griša), Piotr Obukov (Pietrino), Nikolaj Egorov e Piotr Mokin, riesce a fuggire dal treno a Ronco Scrivia (GE) e a raggiungere un nucleo armato partigiano nei pressi di Voltaggio (AL). Buono e generoso, lascia un bel ricordo di sé verso i compagni di lotta e presso i contadini che aiuta nei lavori pesanti nei momenti di stasi della lotta. Durante il rastrellamento della Benedicta (AL), nell’aprile del 1944, riesce a sganciarsi e a sfuggire all’accerchiamento. Successivamente entra nei ranghi della divisione Ligure-alessandrina (poi Mingo).
Dopo lo scontro dell’Olbicella, Luka viene incaricato, in previsione di un rastrellamento, di condurre una pattuglia di dodici uomini in direzione del monte Tobbio. All’alba del 1° novembre si mette in cammino da Tiglieto verso Capanne di Marcarolo e fa sostare il gruppo a Nespolo (GE). Nonostante le precauzioni, il gruppo viene accerchiato e deve affrontare il combattimento. Per salvare i compagni, Luka ordina di risalire il monte per sganciarsi e copre la ritirata con raffiche di mitra. Ferito, continua a sparare gridando ai compagni di proseguire e non tornare per salvarlo. Spara finché non viene colpito ancora e muore per dissanguamento. Il suo nome è stato dato ad un distaccamento della Mingo. È sepolto nel cimitero di Tiglieto (GE).
Fonte: Gimelli, Franco, Battifora, Paolo, "Dizionario della Resistenza in Liguria", DeFerrari Editore, Genova 2021, p.222