Il Gran consiglio del fascismo, fondato nel 1922, fu il massimo organo del Partito Nazionale Fascista e, in seguito, massimo organo costituzionale del Regno d'Italia. Le sue sedute, che erano a porte chiuse, si tenevano solitamente a palazzo Venezia, Roma, sede dal giugno 1923 della Presidenza del Consiglio dei ministri. Era presieduto dal capo del governo primo ministro segretario di Stato, che aveva il potere di convocarlo e di stabilirne l'ordine del giorno; la carica fu ricoperta, per tutto il tempo in cui esistette il Gran consiglio, da Benito Mussolini. Segretario del Gran consiglio era il Segretario del Partito Nazionale Fascista.
La sera del 15 dicembre 1922 Benito Mussolini convocò all'improvviso una riunione dei più alti dirigenti fascisti nella stanza dove alloggiava al Grand Hotel di Roma, dove si decise fra l'altro la trasformazione delle forze squadristiche nella MVSN, il principio del listone maggioritario per la legge elettorale e una proposta di Michele Bianchi. Il Gran consiglio del fascismo fu poi istituito in maniera informale l'11 gennaio 1923 con un annuncio di Mussolini su Il Popolo d'Italia, quale organo supremo del Partito Nazionale Fascista, e tenne la sua prima seduta il 12 gennaio 1923.
Il Gran Consiglio esistette come istituzione di fatto fino a che divenne organo costituzionale del Regno con la legge 9 dicembre 1928, n. 269, che lo qualificava come «organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del regime sorto dalla rivoluzione dell'ottobre 1922». La sua attività si inaridì col tempo a causa della progressiva concentrazione dei poteri in mano a Mussolini, della burocratizzazione del PNF e soprattutto delle trasformazioni della forma e delle leggi dello Stato, che automatizzavano o abrogavano le procedure su cui doveva esprimersi. Il Gran Consiglio deliberava sulla lista dei deputati da sottoporre al corpo elettorale (poi sostituiti dai consiglieri della Camera dei Fasci e delle Corporazioni), e sugli statuti, gli ordinamenti e le direttive politiche del Partito Nazionale Fascista. Oltre a tali funzioni deliberative, il Gran consiglio aveva funzioni consultive (la legge 2693/1928 lo definiva "consulente ordinario del Governo in materia politica"); i suoi pareri non erano vincolanti. Doveva essere sentito su "tutte le questioni aventi carattere costituzionale" (tra le quali la legge includeva: successione al Trono; attribuzioni e prerogative della Corona; composizione e funzionamento del Gran consiglio e delle due Camere del Parlamento; attribuzioni e prerogative del capo del Governo; facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche; ordinamento corporativo e sindacale; rapporti fra lo Stato e la Santa Sede; trattati internazionali che importino variazioni al territorio dello Stato e delle colonie). Spettava infine al Gran consiglio formare e tenere aggiornate la lista dei nomi da presentare al Re per la nomina del Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato, in caso di vacanza dell'ufficio, e la lista dei nomi delle persone idonee ad assumere funzioni di governo. Il Gran Consiglio cessò di avere funzioni effettivamente deliberative quando il 19 gennaio 1939 fu istituita la Camera dei Fasci e delle Corporazioni (non elettiva).
Il Consiglio tenne la sua ultima seduta dal pomeriggio del 24 fino alle 2:00 del 25 luglio 1943, dopo quattro anni e mezzo di inattività. Durante tale seduta fu approvato lo storico ordine del giorno Grandi, al quale seguì la caduta del governo di Mussolini e il suo arresto da parte dei carabinieri reali. Fu soppresso da re Vittorio Emanuele III con regio decreto legge 2 agosto 1943, n. 706, entrato in vigore il giorno 5 dello stesso mese.