Combattente nella Grande guerra decorato con Croce di guerra al valor militare per la battaglia di Vittorio Veneto, negli anni Venti diviene attivista del Partito fascista prendendo parte alla marcia su Roma. Entrato nel 1923 nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale,
vi raggiunge il grado di primo seniore. Corrispondente del quotidiano “Il Regime fascista” fondato da Roberto Farinacci, collabora anche con il periodico milanese "Il Popolo".
Dopo l’8 settembre 1943 aderisce al Pfr. Giunto a Genova, contribuisce alla riorganizzazione della Milizia in Guardia nazionale repubblicana entro cui verrà inquadrato al comando del 36° battaglione. Il 18 dicembre 1943 il prefetto Carlo Emanuele Basile lo incarica di comporre il
tribunale che condanna alla reclusione Angelo Ireneo e Oscar Chiappato e infligge la pena di
morte a Renato Livraghi e Armando Maffei i quali, arrestati a Bolzaneto durante lo sciopero operaio del giorno precedente e trovati in possesso di pistole e bombe a mano, saranno fucilati al forte San Giuliano. Su di lui ricade anche la responsabilità della fucilazione degli otto antifascisti, avvenuta il 14 gennaio 1944, al forte San Martino per mano di SS e militi della Gnr. Dopo la Liberazione viene condannato alla pena di morte, commutata poi in trenta anni di
reclusione. Nel 1949, condonatigli sedici anni per amnistia, riottiene la libertà.
Fonte: Gimelli, Franco, Battifora, Paolo, "Dizionario della Resistenza in Liguria", DeFerrari Editore, Genova 2021, pp.225-226