Nicola Grosa nacque a Torino il 3 agosto 1904 in una famiglia operaia e socialista nel quartiere operaio Regio Parco: la madre lavorava alla Manifattura Tabacchi, il padre era elettricista alla FIAT. Fin da piccolo assistette alle lotte portate avanti dai genitori e dai loro compagni (nel 1914 padre e madre furono feriti dalla polizia a sciabolate, sul ponte Mosca, mentre manifestavano contro la guerra e, in seguito a quella dimostrazione, suo padre fu condannato ad alcuni mesi di carcere). Già nel 1920, giovane apprendista, Nicola partecipava all’occupazione delle fabbriche ed entrò nel Partito Comunista subito dopo la sua fondazione, nel 1921. Nel 1923 issò sui tetti dell’Alleanza Cooperativa Torinese la bandiera rossa che fece
sventolare anche da un cornicione della Mole Antonelliana.
Appassionato scalatore, divenne punto di riferimento per i giovani operai del quartiere Regio Parco che si ritrovavano nel circolo giovanile comunista “Francisco Ferrer” di cui divenne segretario. Nel 1922 Grosa comandava la I Centuria degli “Arditi del popolo” torinesi e scontò alcuni mesi di reclusione nel carcere “Le Nuove” di Torino per uno scontro con squadristi fascisti.
Nel 1924 venne chiamato alla leva militare e sottoposto a vigilanza speciale; il suo ruolo nell'Esercito era caporal maggiore di Fanteria. Nel 1927 si sposò con Palma Gasparoni e per un paio d’anni la coppia si trasferì a Imperia, un po’ per cercare lavoro (Nicola era riquadratore), un po’ per allontanarsi da Torino dove i fascisti lo facevano oggetto di minacce. Quando vi ritornò, riprese l’attività antifascista clandestina. Dopo l’8 settembre 1943, organizzò insieme alla moglie il trasferimento in montagna di un gruppo di soldati inglesi, già prigionieri dei tedeschi nel campo di concentramento di Sambuy (San Mauro Torinese), che raggiunsero le prime “bande” nelle valli di Lanzo. Ben presto, anche Grosa si trasferì in questa zona diventan-
do uno dei principali promotori della lotta partigiana (il “Comandante Nicola”). Fu commissario politico della 46ª brigata Garibaldi nell’estate 1944, successivamente della II Divisione d’Assalto Garibaldi e nel marzo 1945 fu nominato vicecommissario della III zona (valli di Lanzo e Canavese).
Dopo la Liberazione, Grosa fu organizzatore e presidente (dal 1947, per 15 anni) dell’A.N.P.I. provinciale torinese e responsabile della “Sezione Partigiani” presso l’Ufficio assistenza post-bellica della Prefettura di Torino. In questa veste si prodigò ad aiutare gli ex-combattenti partigiani e i loro famigliari nel trovare lavoro e assistere gli ammalati, nonché a dare degna sepoltura ai caduti e a conservarne la memoria. Fu altresì consigliere comunale comunista di Torino dal 1951 al 1970 quando dovette ritirarsi per motivi di salute. Nel 1964 il Consiglio comunale gli decretò un ordine del giorno unanime con una medaglia alla riconoscenza e il “Premio di Bontà” a nome della Città. Molte furono le iniziative che egli promosse in prima persona, o comunque da lui sostenute con forza e per la cui realizzazione si impegnò a fondo. Nel settembre 1954, nell’ambito delle iniziative per il decennale della Resistenza, compì la scalata del Monte Bianco per posarvi una lapide marmorea inneggiante la vittoria
partigiana3 . Nel 1955 contribuì all’edificazione sul Colle del Lys di una torre a
ricordo dei 2024 partigiani caduti nelle valli circostanti. Negli stessi anni, promosse la costruzione di un monumento ai caduti al Montoso (Bagnolo Piemonte).
Ma l’impresa che gli procurò maggiore fama e riconoscenza fu un’altra. Dopo la Liberazione, per anni e anni si dedicò fisicamente al recupero delle salme dei partigiani (italiani e stranieri) sparsi in piccoli camposanti, in montagna, in pianura, sulle colline, ovunque si fosse combattuto, affinché fossero tumulati nel Campo della Gloria e poi nel nuovo Sacrario della Resistenza del Cimitero Monumentale di Torino. Il 27 maggio 1945 la Giunta comunale di
Torino decise di sistemare una parte del Cimitero a zona monumentale (“Campo della
Gloria”) per riunirvi le salme dei caduti della Liberazione residenti a Torino, in cui avrebbe trovato posto anche un monumento. Alla fine di giugno sorse l’Associazione Nazionale Famiglie Martiri e Caduti per la Liberazione (ANFMC) che si proponeva, tra l’altro, di censire e recuperare le salme dei partigiani e dei civili morti in rappresaglie per restituirle ai parenti e/o tumularle nell’erigendo “Campo”. Per quest’opera gli fu conferita nel 1964 la “Stella d’oro garibaldina” e anche un’onorificenza da parte del Governo sovietico.
Nicola Grosa morì il 20 agosto 1978, provato dai lunghi anni trascorsi a raccogliere, a mani nude (aveva perso l'uso del tatto di entrambe le mani), i resti di centinaia di compagni partigiani. I suoi funerali si svolsero, con grande partecipazione di folla, al Cimitero Monumentale di Torino. nel 1973 aveva donato il suo importante archivio all’Istituto piemonte-
se per la Storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” (di
seguito “Istoreto”). Il materiale, notevole per interesse storico, è costituito da una
certa quantità di stampa clandestina degli anni 1943-45 e da giornali dell’immedia-
to dopoguerra, da bandi e manifesti e da un cospicuo numero di documenti relativi
all’attività delle varie formazioni partigiane piemontesi, particolarmente della I, II, IV e IX Divisione Garibaldi (valli del Po, Canavese e valli di Lanzo, Braidese e Bassa Langa), oltre a documenti politici attinenti le varie funzioni esplicate da Grosa dopo la Liberazione. Parte integrante del fondo è la raccolta di fotografie relative all’attività di recupero delle salme di partigiani.
A Nicola Grosa sono stati intitolati: il “Centro di documentazione di storia contemporanea e della Resistenza nelle Valli di Lanzo” a Lanzo Torinese, la sezione A.N.P.I. della VIII Circoscrizione di Torino, il “Centro Sociale” di Nichelino e il giardino antistante il nuovo Palazzo di Giustizia di Torino. Qui è stato collocato un suo busto in bronzo, opera dello scultore Umberto Mastroianni.