Mantova libera, giornale

  • Storia

    Era il 6 maggio 1945 e i mantovani, dopo 16 giorni di forzata astinenza, ritrovavano in edicola un quotidiano locale. Testata nuova, come l'aria che si respirava dopo la ritirata precipitosa dei tedeschi e l'entrata, il 25 aprile, degli anglo-americani: «Mantova Libera», sottotestata «Organo del Comitato di Liberazione Nazionale».BR /b Sonante titolone a 9 colonne: «Uniti per la rinascita d'Italia. Squarciata la tenebra della duplice oppressione la città dei Martiri è restituita alla Patria».BR Due sole facciate, la provvista di carta non consentiva di più. Redazione e tipografia in Palazzo Strozzi, corso Vittorio Emanuele 30 (oggi Banca Agricola Mantovana), fino al 19 aprile occupati da «la Voce di Mantova», organo del Partito Fascista Repubblicano, che per i danni subiti dal bombardamento incendiario del 14 luglio 1944, aveva dovuto traslocare da via Dario Tassoni 12. Come organo del CLN, la redazione rispettava un equilibrio quadripartito: direttore democristiano, Vittorio Emanuele Chesi; condirettori il demoliberale Romano Marradi, il comunista Gino Veneri e il socialista Bruno Vivenza. Nominalmente, l'editore di «Mantova Libera» era il CLN, ma nella realtà per uscire aveva dovuto superare il passaggio obbligato dell'Allied Military Government, nella persona del tenente colonnello E. G. Fricker, sudafricano e, braccio esecutivo, dello Psycological Warfare Branch, creato sia per la propaganda, sia per pilotare il ritorno della libertà di stampa. Il PWB, messi in quarantena perchè compromessi con il fascismo «Il Messaggero», «il Resto del Carlino», «la Nazione», «Secolo XIX», «Corriere della sera», «La Stampa», «Il Gazzettino», pubblicava giornali propri e autorizzava giornali cattolici, di partito o promossi dai CLN, vedi «Mantova Libera». L'uscita a Milano del «Corriere Lombardo», quotidiano del pomeriggio, richiamava un singolare precedente mantovano, legato ad una azione di commando giornalistico. Nella notte del 23 aprile 1945, l'occupazione germanica della città si era congedata con la fragorosa esplosione che aveva distrutto il ponte di San Giorgio. Appena in tempo, proveniente da Ostiglia, era riuscito incredibilmente a passare e senza essere individuato, il capitano sudafricano John Sonnabend, ufficiale del PWB. Certamente qualcuno lo aspettava per fargli da guida e peregrinare per la città in cerca di tipografi. Ne trovava 13, comprensibilmente sconcertati dal trovarsi davanti un ufficiale alleato, che peraltro parlava bene l'italiano. Sonnabend suonava anche alla porta di via Verdi 7 e doveva seguirlo Nevia Corradini, incaricata di stenografare notizie da una radio da campo. Palazzo Strozzi era ormai deserto: durante la giornata e la notte successiva Sonnabend e Corradini mettevano insieme un giornale di due facciate con la testata «Corriere Lombardo». Titolone a tutta prima pagina: «Mantova è libera»: in realtà gli alleati si facevano aspettare fino al pomeriggio del 25 aprile. Il dato della tiratura di 50 mila copie esce da testimonianze non controllabili e poco attendibili, tanto più considerando l'antidiluviana macchina da stampa, la mitica Buehler costruita a Uzwill (Svizzera) nel 1886. Sonnabend doveva essersele portate via tutte, nessuna è rimasta negli archivi locali. Dal «Corriere Lombardo», dunque, a «Mantova Libera», sempre con l'irriducibile Buehler, mentre le linotypes (i giornali si componevano con il piombo) erano state comprate nel 1921, di seconda mano e veterane erano anche le casse dei caratteri mobili. Attrezzature confiscate come bene del defunto Partito Fascista, sarebbero successivamente passate al Demanio statale. Fare un giornale richiedeva quotidiani atti di coraggio, fra interruzioni di corrente, difficoltà di procurarsi carta e inchiostro per non dire poi dei problemi del trasporto (ferrovie interrotte, ponti distrutti) e della diffusione, con le scarse edicole nel territorio. Il 7 giugno'45 la redazione avvisava i lettori del rischio di non poter uscire il giorno dopo: non c'era benzina per il camion che doveva prelevare la carta alle Cartiere Binda di Corsico (ostacolo poi superato). Smaltito l'entusiasmo per la fine della seconda guerra mondiale, si era aperto il confronto fra i partiti, che si proiettava presto sulla presenza rappresentativa nel comitato redazionale. Soltanto Chesi rimaneva fermo al suo posto, sia pure con la breve parentesi della sola direzione politica perché direttore responsabile era diventato Emilio Faccioli, designato il 15 giugno dal Partito d'Azione. Il professore si era portato un paio di studenti suoi, neodiplomati delle Magistrali: Mario Vaini, diventato cronista dei primi processi contro i fascisti davanti alla Corte d'Assise Straordinaria e Luciano Camin, correttore di bozze (200 lire a nottata di lavoro). Luciano preferiva poi fare il musicista, lasciando l'incarico alle sorelle Renata e Jole. Tecnicamente il factotum era Giuseppe Amadei che aveva già una decina d'anni d'esperienza passati a «la Voce di Mantova», affiancato dal comunista Enrico Nobis. Al mestiere si affacciava il poco più che ventenne Paolo Ruberti (pagato un tanto a notizia) e collaborava un altro debuttante coetaneo, Emilio Sarzi Amadè. Stenografa e segretaria di redazione Nevia Corradini. Nel comitato redazionale - tutti condirettori - sarebbero via via entrati, dopo i fondatori, i liberali Luigi Begozzi e Guglielmo Magnani; i demolaburisti Luigi Fraccalini e Marcello Valenza; il socialista Dino Lanfredi e il comunista Piero Dallamano. Dal 15 maggio all'8 giugno del'45 ampio spazio del giornale veniva occupato da 18 lunghi elenchi dei Fascisti e collaborazionisti arrestati dalla Questura», rinchiusi in via Poma e nel campo di concentramento del Gradaro. Per il resto, l'informazione rimaneva quella che la precarietà degli strumenti concedeva, dal telefono ai mezzi di circolazione, in assoluta prevalenza la bicicletta. Per il rifornimento delle edicole urbane, una Guzzi 500 del 1936 con cestello per i giornali. Insieme con il dibattito politico, il giornale accoglieva idee per la ricostruzione della città e dei paesi più duramente colpiti dai bombardamenti (Sermide, Revere, Ostiglia). Storia parallela a quella del giornale: con il 1° gennaio 1946 cessava il regime di occupazione militare alleata e con il successivo 20 luglio venivano sciolti i Comitati di Liberazione. Un comitato di giornalisti e poligrafici si era costituito, preliminare al progetto di una cooperativa di gestione di «Mantova Libera», accolto dai partiti tra simpatia (non molta) e diffidenza. Ma l'11 aprile 1946, davanti al notaio Tito Azzini, si costituiva la CITEM, Cooperativa Industriale Tipografico Editrice Mantovana, con 12 soci. Finalità statutaria: acquistare le macchine e l'attrezzatura tipografica, obiettivo raggiunto soltanto nel 1951. Dopo 14 mesi, il 19 luglio 1946, l'avventura di «Mantova Libera» si concludeva e il 21 luglio i mantovani ritrovavano in edicola la «Gazzetta di Mantova», che si era arresa al fascismo il 31 dicembre 1921.
    Renzo Dall'Ara

    https://ricerca.gelocal.it/gazzettadimantova/archivio/gazzettadimantova/2005/05/08/NL1PO_Q5101.html

  • Sito web