"Padre Illuminato", al secolo Minasso Francesco, è stato un frate cappuccino prima membro del convento di Porta San Bernardino di Genova poi nel convento di Sestri Levante (GE), infine cappellano delle Brigate Nere in qualità di capitano nelle carceri di Chiavari (GE) da dopo il 08/09/1943
Famigerato nella zona per le sue crudeli nefandezze compiute nei confronti dei partigiani, è presente il giorno in cui i nazifascisti fucilano sei partigiani locali. Costui, alla richiesta di alcuni condannati di essere confortati spiritualmente prima di morire, non solo nega loro i conforti religiosi ma, secondo la testimonianza del partigiano «Salita» scampato fortunosamente all’eccidio, dove aver espresso la seguente frase: «Dio vi ha dato la vita e io ve la tolgo!» impugna rabbiosamente un mitra e all’ordine dell’ufficiale comandante il plotone di esecuzione, inizia a sparare contro i ribelli. Il 12/03/1945, sei giorni prima dell'eccidio di Santa Margherita di Fossa Lupara (GE), Padre Illuminato è catturato da una pattuglia della Brigata "Dall'Orco", Divisione Garibaldi "Coduri", al comando di Vallerio o Valerio Aldo (Riccio) e di Pellizzetti Bruno (Scoglio) in agguato sull’Aurelia. Purtroppo, il sopraggiungere di un reparto di alpini che attaccano gli uomini di "Riccio" consente la fuga del Minasso.
I partigiani fucilati a Santa Margherita di Fossa Lupara sono: Arosio Arturo (Foglia) e Marone Luigi (Dik) della Brigata Garibaldi "Centocroci", Barletta Giuseppe (Barone) e Giacardi Emanuele (Tarzan) della Divisione "Coduri", Sigurtà Alessandro (Aquila) e Piana Mario (Salita) della Brigata Garibaldi "Berto". "Salita" rimane fortunosamente illeso durante gli spari, e quando il comandante del plotone dell'esecuzione nota il fatto che sia ancora in vita gli spara in volto, colpendolo al naso, come colpo di grazia. L'uomo si salva nuovamente e rimane nascosto per ore sotto i cadaveri dei compagni con un'intensa emorragia. Vagabondando in stato confusionale, viene raccolto qualche tempo dopo dalla squadra di partigiani comandati da "Riccio" che, essendo stata informata delle intenzioni dei fascisti, si era portata in zona nel tentativo di sventare l’esecuzione ma era giunta troppo tardi. Portato d’urgenza il sopravvissuto all’ospedale di Santo Stefano d’Aveto (GE), vi muore alcuni giorni dopo per l’emorragia causatagli dal colpo al setto nasale. Prima di morire rivela tutte le nefandezze dei fascisti durante l’episodio della fucilazione, della detenzione e del processo.
Successivamente, il Minasso è stato trovato in America Latina a svolgere normale attività religiosa. E' stato imputato di concorso in omicidio: per questo reato la condanna è salita a 30 anni di reclusione, ma un terzo della pena è finito condonato.