Quando l'Italia, dopo l'8 settembre 1943, cadde sotto l'occupazione tedesca, decise di aderire al gruppo clandestino di Giustizia e Libertà. Ma prima che riuscisse ad unirsi alle formazioni combattenti fu scoperto dai nazi-fascisti. Il 5 febbraio 1944 Indro Montanelli e la moglie Margarethe furono arrestati dietro una soffiata della portinaia dello stabile in cui viveva la moglie del giornalista. Un paio di giorni dopo i due coniugi si ritrovarono in una cella in una prigione tedesca di Gallarate. L'accusa per il giornalista fu di aver pubblicato su Tempo degli articoli considerati diffamatori del regime nell'ottobre 1943. Arrestata nel 1944, Margarethe fu deportata poi in un lager nazista vicino a Bolzano. A Montanelli fu comunicato: «La sua fucilazione è inevitabile» e fu consegnato al reparto dei condannati a morte. La sua condanna a morte, secondo gran parte delle fonti, venne portata alla firma il 15 febbraio, per poi essere revocata per una prosecuzione d'inchiesta, secondo la critica dello storico Luigi Borgomaneri, tuttavia, "sulla base almeno della documentazione attualmente conosciuta, non risulta alcuna condanna a morte specificamente emessa a suo carico da comandi nazisti o da tribunali fascisti". Nei tre mesi successivi Montanelli spedì dal carcere diverse lettere e biglietti, sia ad amici e parenti sia a persone altolocate (tra cui anche l'arcivescovo di Milano, il cardinale Schuster), costruendo così una fitta rete di sostegno. Nello stesso periodo, tutti i suoi vicini di cella (26 persone) vennero portati al muro e fucilati, tranne lui. Il 6 maggio Montanelli e la moglie vennero prelevati dal carcere tedesco e trasferiti nel carcere di San Vittore. Ma in luglio cominciarono le fucilazioni anche a San Vittore. Di nuovo, uno dopo l'altro i suoi compagni di prigionia furono messi al muro. Con l'aiuto di più persone, tra le quali Theodor Saevecke e anche Luca Ostèria, funzionario dell'OVRA (che fabbricò un falso ordine di trasferimento), un giorno prima della data asseritamente prevista per l'esecuzione, Montanelli e un altro prigioniero vennero prelevati dal carcere e portati in un nascondiglio. Passati dieci giorni, i fuggitivi, con l'appoggio del Cln, furono condotti fino a Luino, al confine con la Svizzera. Accolto con freddezza, sospetto e ostilità dai fuorusciti italiani antifascisti (cosa che non dimenticherà mai di ricordare), rimase in Svizzera, collaborando a diversi giornali, sino alla fine della guerra. Montanelli fece ritorno in Italia il 29 aprile 1945.