Per i primi dieci anni l'obiettivo del giornale fu quello della causa nazionale, tanto che la prima pagina del foglio era sempre dedicata alla politica. Con il trasferimento della capitale da Torino a Firenze (1865), il quotidiano raggiunse per la prima volta le 5000 copie di tiratura. Dal 1869 al 1871 iniziò a pubblicare racconti tratti dal Monthly Chronicle e dal New York Magazine, novelle di Charles Dickens e racconti di grandi scrittori e giornalisti italiani e stranieri. Nel 1871, in seguito all'annessione, la capitale del Regno d'Italia fu spostata a Roma ma, a differenza di quasi tutti gli altri organi di stampa, La Nazione decise di rimanere a Firenze: questa scelta, ponderata dal Comitato editoriale, legò indissolubilmente il giornale alla città di Firenze. Sotto la direzione di Celestino Bianchi (dicembre 1871 - giugno 1885) La Nazione smise di essere il giornale dei risorgimentali. Iniziò a dare spazio alla cronaca cittadina, alla moda, agli spettacolo e allo sport; in quel periodo furono inaugurate numerose rubriche settimanali dedicate ai temi più svariati: dalla caccia, alle feste, alla "società elegante". La Nazione fu tra i primissimi giornali italiani a dotarsi di una linotype (inventata in Inghilterra nel 1884) che insieme alla nuova rotativa accelerò notevolmente la composizione, fino ad allora avvenuta a mano, creando le premesse per l'aumento del numero di pagine. Risale a quegli anni anche la netta distinzione tra "cronaca bianca" e "cronaca nera".
Durante le repressioni di fine Ottocento il giornale si schierò con il governo, polemizzando contro le "società clericali" ritenute socialiste. Questi toni e atteggiamenti iniziarono ad attenuarsi quando si percepì che una forte presenza di cattolici moderati avrebbe permesso di arginare le "masse sovversive".