Per aiutare la sua famiglia in difficoltà, aveva interrotto gli studi e trovato lavoro come operaio alle Fonderie Corni. Nel 1940 era stato chiamato alle armi e assegnato ad un Reggimento d'artiglieria che sarebbe poi stato impegnato sul Fronte Occidentale. Al momento dell'armistizio il giovane artigliere, che si trovava al Deposito reggimentale, prese la strada dell'Appennino Parmense, dove si unì ai primi gruppi partigiani che avrebbero dato vita alla XII Brigata Garibaldi. Distintosi in numerose azioni, Ognibene (nome di battaglia Alberto), fu nominato comandante del Battaglione "Picelli". Nel marzo del 1944, quando i partigiani del "Picelli" furono attaccati, durante una marcia di trasferimento, da preponderanti forze nemiche, il comandante "Alberto" cadde eroicamente. Così il sacrificio di Ognibene, al cui nome fu poi intitolata una formazione partigiana, è ricordato nella motivazione della MdO: "Comandante di un battaglione partigiano in sosta durante una marcia di trasferimento, veniva attaccato da forze fasciste superiori per numero e armamento. Disposti i suoi uomini alla difesa, si portava nel punto più esposto per meglio dirigere l'azione e, dopo aver personalmente abbattuto con una precisa raffica di fuoco il comandante fascista, si slanciava con leonino ardimento per eliminare un centro di fuoco avversario che colpiva d'infilata il suo schieramento. Ferito mortalmente nell'audace tentativo, trovava ancora la forza di ordinare il ripiegamento del battaglione che era per essere circondato dai sopraggiunti rinforzi e rimaneva sul posto per coprire il movimento col fuoco del suo mitra. Esaurite le munizioni, continuava la strenua difesa col fuoco dell'arma di un compagno cadutogli vicino e, dopo avere fieramente rifiutato le intimazioni di resa, esalava per le ferite riportate l'estremo respiro, offrendo in sublime olocausto la giovane vita per la redenzione della Patria". A ricordo di Fermo Ognibene è stata intitolata una strada di Roma.