Ospedale Val Borbera

  • Storia

    L'’’ospedaletto Val Borbera’ viene inaugurato il 13 agosto del 1944 al secondo piano del Palazzo Tassorello, nel borgo di Rocchetta Ligure (AL), per volontà dell’Avv. Luciano Pertica, finanziatore dell’iniziativa, e del chirurgo Prof. Tito Tosonotti, responsabile della struttura sanitaria. La lstra posta al di sotto dell’affresco mariano si riferisce in particolare al centro chirurgico della "zona libera della Valle Borbera”. L’attività dell’ospedaletto assolve la fondamentale e preziosa funzione di assistere e curare la popolazione dell’alta Val Borbera che si trova, per le condizioni belliche e la difficoltà dei trasporti, in grave disagio specie per i casi d’urgenza. Nei tragici mesi tra il ’44 e il ’45. Il personale sanitario che opera con prestazione volontaria sotto la guida del medico chirurgo savonese di origini valborberine Tito Tosonotti, accoglie e cura feriti civili, partigiani e nazifascisti (tra cui giovani Bersaglieri, alcuni tedeschi e polacchi) come narrato dal Tosonotti nell’opuscolo ‘L’ospedale Val Borbera in Rocchetta Ligure’ pubblicato nel 1967 dal Centro di Documentazione di Rocchetta Ligure, e anche nel testo Ospedaletto val Borbera. Nucleo chirurgico della Brigata “Oreste” e della Divisione “Pinan-Cichero”. Diario del Prof. Tosonotti direttore dell’ospedaletto. Memorie di cui è disponibile una copia nel Fondo Giannecchini Lilio-Toscano", busta 1, fascicolo 4 conservato nell'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea, Ilsrec, di Genova.
    La sala operatoria è modesta ma completa, con una strumentazione tale da garantire qualsiasi intervento. Il personale direttivo era composto da: chirurgo primario e direttore Tosonotti, aiuti chirurghi dottori Luigi Forno e Gustavo Giani, personale di assistenza (suore dell'Opera Pia Don Orione) superiora economa suor Maria Agostina, addetta alla direzione della sala operatoria suor Maria Fausta, assistente suor Maria Eufrasia, addetta alla cucina suor Maria Serafina, cappellano don Antonio Ferrari poi don Ernesto Odino. Prestano inoltre opera volontaria il chirurgo laureando Giovanni Pertica, l'ostetrica Maria Boglio, l'infermiere Carlo Crosa.
    L'avvenimento bellico che collauda fortemente l'ospedale è la cosiddetta Battaglia di Pertuso quando, tra il 24 e il 26/08/1944, circa 2000 tedeschi, Alpini e militi della Gnr assai ben armati ed addestrati risalgono la valle per effettuare un'operazione antipartigiana in grande stile. I partigiani sono appena 94 ma tengono validamente testa agli avversari; si combatte accanitamente tutto il 24 e il 25 con rilevanti perdite tra i nemici e minime tra i partigiani. Numerosi, tra questi ultimi, gli atti di valore. Man mano che la battaglia si fa sempre più violenta, un grande numero di combattenti feriti arriva all'ospedale di Rocchetta con ogni mezzo possibile: la sala operatoria funziona ininterrottamente fino a che tutto il centinaio di feriti viene medicato e sistemato. Ogni protagonista - il cappellano, le sore, la popolazione intera - si prodiga per fornire assistenza non solo sanitaria ma anche spirituale e materiale donando cibo, bevande, biancheria e beni di prima medicazione. Allo scadere della seconda giornata di battaglia il nemico, gravemente decimato e conscio di non riuscire a passare per le strette, invia sui monti sopra Cantalupo e Rocchetta reparti di Alpini per cercare di aggirare le postazioni partigiane e coglierli da tergo. Il comando partigiano si rende conto della pericolosità della situazione e tutti i feriti vengono trasferiti a Cabella Ligure per non farli cadere in mano nemica. A tarda notte arrivano nell'ospedale Giovanni Battista Lazagna (Carlo) e Aurelio Ferrando (Scrivia) per controllare la situazione ed ordinare ai prigionieri feriti di riporttare ai propri superiori il trattamento umano e generoso dei "ribellI" nei loro confronti.
    Il 26 agosto le postazioni partigiane sono deserte ed i mortai degli Alpini posizionati verso Cantalupo e Rocchetta, da colpire pesantemente in quanto covi di partigiani e con la popolazione ignara del pericolo incombente. I partigiani hanno intanto composto la commissione che deve recarsi al comando avversario per evitare la strage: sono il sacerdote di Rocchetta mons. Giovanni Grossi con il curato don Luigi Bruno, il podestà Cerruti, il segretario comunale Aloisio, il signor De Stefanis e dieci prigionieri feriti in grado di camminare, tra cui un ufficiale tedesco, reggenti una bandiera con croce rossa. Insieme comunicano che i reparti partigiani si sono ritirati e che la popolazione è tranquilla e disponibile a fare sostare senza ostilità le truppe tedesche-repubblichine, il tutto mentre stanno per concludersi i preparativi per il bombardamento a tappeto delle due località tramite i mortai alpini. Fortunatamente, la distruzione è dunque evitata ed i feriti nemici vengono riconsegnati ai rispettivi reparti. Le colonne italo-tedesche interessate dallo scontro nelle strette di Pertuso lasciano la val Borbera tra il 31/08 e il 01/09/1944 ma la lotta della Resistenza continua in tutta l'area ed i feriti continuano ad affluire nell'ospedale. Verso la metà del dicembre 1944 il dottor Luigi Forno, aiutante del Tosonotti, deve rispondere alle accuse di condurre un ospedale per partigiani mosse dal famigerato maresciallo tedesco Peters. Quest'ultimo minaccia i malati e il dottore stesso è imprigionato in una stanza dove sono già detenuti il monsignore di Rocchetta don Grossi ed il curato don Bruno, accusati di complicità con i partigiani. A nulla serve sottolineare di aver curato anche tedeschi, camicie nere, alpini e bersaglieri: la decisione di condannarli tutti a morte sta per essere presa ma il casuale arrivo di un valligiano ferito spinge il maresciallo a lasciare liberi i presenti per curare l'uomo. Anche le suore operative nell'ospedale sono oggetto di violenze e minacce, e in più di un caso la struttura viene quasi distrutta per volontà nemica a causa della presenza di individui sospetti (e talvolta veri) partigiani agli occhi dell'avversario. Innumerevoli sono gli stupri e le brutalità compiute nei confronti della popolazione e delle donne di Rocchetta da parte delle truppe "mongole"-tedesche di stanza.
    Nell'inverno del 1945 l'abbondante neve causa grande sofferenza ai partigiani ed alla popolazione locale, ed i rastrellamenti operati da tedeschi e militari della Divisione Rsi "San Marco" non si arrestano. Le azioni partigiane si susseguono intensamente per fermare le truppe nemiche e vi è spargimento di sangue da entrambe le parti. L'ospedale di Rocchetta continua a curare i tedeschi, la cui aggressività è sempre più in declino col passare delle settimane e dei mesi anche grazie alla costante risposta partigiana.

    Terminata la vicenda partigiana l’Ospedaletto continua ancora la sua attività fino al 1952 e, anche se in forme meno attive fino alla completa ricostruzione del Ponte del Carmine negli anni ‘60, che consente il trasporto ed il ricovero ospedaliero degli ammalati nelle strutture sanitarie di fondo valle ad Arquata, Serravalle, Novi Ligure e Alessandria.

    https://www.comune.rocchettaligure.al.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/palazzo-tassorello-41820-1-2a82e2727334eebd7db3acdceb767952

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