Pappalardo, Francesco, (Ossegna)

    Data di esistenza

    Data di nascita : 08/09/1913

  • Biografia

    Francesco Pappalardo ha ricoperto il ruolo di spia all'interno della Divisione Garibaldi "Coduri", VI Zona Operativa Liguria.
    Nella copia statica della testimonianza rilasciata il 25/04/1980 dal commissario della Divisione Monti Bruno (Leone) e contenuta nel Fondo "Bartolozzi-Divisione Garibaldi Coduri", busta 1, fascicolo 5 presso l'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea - Ilsrec - di Genova, è reperibile una dettagliata descrizione degli eventi compresi tra l'arrivo in Divisione della spia e il suo smascheramento. Da essa è tratta la seguente sintesi.
    Nel pomeriggio di una domenica di fine ottobre 1944 giunge in Divisione un individuo (in seguito avrebbe preso il nome di battaglia "Pisa" e a fine guerra si sarebbe rivelato un feroce criminale) che, presentandosi come medico inviato dal direttore dell'ospedale di Albareto per prendere visione dell'attrezzatura sanitaria, sostiene di essere disposto a dare una mano per i rifornimenti. Quel giorno è casualmente presente anche il dottor Giorgio Canale (Canna), direttore dell'ospedaletto della "Coduri". Sorgono subito perplessità sul modo in cui si è presentato il sedicente medico, senza nessun documento né credenziali; "Leone" lo sente addirittura dare con sfrontatezza indicazioni sulla terapia da seguire per un partigiano malato proprio a "Canna". Decide dunque di tempestarlo con numerosissime domande e lui, forse imbarazzato, dice: "Chiedilo a quello lì che mi conosce bene". Si riferisce a Francesco Pappalardo, che tuttavia è definito uomo di fiducia tanto quanto "Pisa" da uno dei partigiani presenti.
    I dubbi continuano comunque ad aleggiare, anche perchè "Ossegna", ossia il Pappalardo, sottrae ogni giorno alimenti destinati ai compagni sostenendo di portarli alla famiglia sfollata ad Ossegna (SP). La fiducia nei loro confronti ha un ulteriore tracollo quando una mattina Paolo Castagnino (Saetta), comandante della Brigata "Longhi" in seno alla "Coduri", comunica che tutto è pronto per fare saltare il ponte di Santa Lucia. "Leone" leva gli occhi sul Pappalardo e "per qualche istante rimasi agghiacciato per il suo sconcertante atteggiamento: vidi i suoi occhi torvi e scrutatori, le orecchie si erano appuntite come quelle di un coniglio. Il mio istinto mi diceva di strozzarlo, erano fenomeni che quando li recepivo non potevo sbagliare, era la mia esperienza [...]. Feci un cenno a "Virgola" (Eraldo Fico, comandante della "Coduri", ndr) perchè mi seguisse [...]. Gli confidai quanto avevo visto e intuito e che non mi sbagliavo affatto sul giudicarlo una spia, e che ne ero tanto sicuro al punto che l'avrei liquidato all'istante".
    "Virgola" decide tuttavia di risparmiarlo e farlo pedinare ad Ossegna, dove abita, da due dei loro. Nonostante non accada nulla di rilevante, "Leone" è assolutamente certo che stia tramando qualcosa. Esasperato dall'agitazione, quest'ultimo incarica due del gruppo di andarlo a prelevare il Pappalardo ad Ossegna col pretesto di dovergli parlare; ad un accenno su una futura operazione per la quale sarebbero servite le sue competenze di medico, diventa subito attento e chiede dove si sarebbe dovuto andare. "Leone" non glielo comunica e l'altro domanda immediatamente il permesso di andare "dalla famiglia" per salutarli in caso di morte; sentendosi negato il permesso diventa arrogante ed allora "Leone" gli mette le mani al collo facendolo rinchiudere in uno stanzino sotto il Comando. Poco dopo lo sottopongono ad un interrogatorio nel quale finge ripetutamente di piangere ma senza ammettere nulla; gli propongono allora, per tentare di coglierlo in fallo, due ore di libertà ma non appena esce dalla cella si dilegua nella notte. Lo catturano i partigiani della Brigata "Centocroci", che richiedono anche l'invio di "Pisa" per processarli insieme, ma incautamente li dichiarano assolti per mancanza di prove e li lasciano liberi. I due tornano alla "Coduri" e il tentativo del Pappalardo di tornare dalla famiglia in Sicilia (concesso dalla Divisione) fallisce per la difficoltà di superamento della Linea Gotica. Occupati da numerosi altri impegni, i partigiani della "Coduri" gli permettono di riprendere i contatti con la Polizia per cui lavorava e di tornare in servizio.
    Un giorno una ragazza di Sestri Levante giunge alla "Coduri" e confida che un ometto con occhiali neri e bastoncino, note caratteristiche del Pappalardo, ha informato le Brigate Nere di Chiavari del progetto di discesa sulla cittadina da parte dei partigiani, operazione effettivamente da eseguire a breve. I troppi impegni impediscono di richiamare la ragazza presso di loro per farle indicare in segreto quale persona avesse dato la soffiata alle Brigate Nere, ma in seguito si sarebbe confermato che quell'uomo con gli occhiali e il bastone era proprio il Pappalardo.
    Si giunge così al giorno del rastrellamento nazifascista: otto partigiani del comando della "Coduri" si nascondono in una grotta presso Ossegna per sfuggire alla cattura ed essere pronti a contrattaccare i nemici. La spia Pappalardo resta con loro per qualche ora, memorizzando la localizzazione del rifugio, e con un banale pretesto corre dai nazifascisti per informarli di posizione e piani dei partigiani: non solo è l'autore della delazione che causa l'arresto degli otto, ma si mette apertamente alla testa della truppa nemica facendo bruciare tutte le case di coloro che avevano aiutato i ribelli ed ordinando l'arresto dei proprietari. Dopo di ciò torna a lavorare in città, senza più doversi mascherare, e sfugge ad una prima cattura durante la Liberazione. A breve, tuttavia, due partigiani facenti parte della Guardia di Finanza vengono a sapere che si è appena presentato da loro un certo Pappalardo e che chiede di essere preso in servizio, ammettendo di essere stato un partigiano nel Tigullio. Capiscono che si tratta della spia "Ossegna", contattano i partigiani della "Coduri" e il giorno dopo, alla presentazione del Pappalardo a Chiavari per l'assunzione, lo arrestano subito. La condanna è la fucilazione: appena prima di morire, forse pentendosi, dice "sono colpevole e faccio schifo a me stesso".
    Relativamente al suo compare "Pisa", che non era mai più stato visto, nell'estate 1945 si reca nella stazione di Sestri Levante per salire su un taxi assieme ad un complice ed una volta giunti sotto il Santuario della Velva uccidono ferocemente l'autista depredandolo di portafogli e vettura, con la quale raggiungono Genova dove vengono catturati e processati a 24 anni di reclusione.