Conforme ad un ordine del Führer emanato nella primavera del 1942, il Piano Z, allusione al termine tedesco Zerstörungen (distruzioni), prevedeva la sistematica distruzione di impianti e infrastrutture durante la ritirata tedesca. Confermato in una riunione presieduta da Vietighoff, comandante delle truppe tedesche nel Mediterraneo, a Novi Ligure (AL) il 1° aprile 1945, il Piano Z avrebbe comportato per Genova la distruzione di una serie di obiettivi strategici che comprendevano il porto e la diga foranea, le centrali elettriche, gli acquedotti, le principali fabbriche, ponti, strade, gallerie. Una deliberata opera di devastazione che, qualora attuata dal generale Günther Meinhold, presente alla citata riunione, avrebbe pregiudicato il futuro del capoluogo ligure. Nonostante l’opera di salvataggio del porto di Genova attuata dalle forze della Resistenza, che sab tarono il sistema di minamento predisposto dai tedeschi, alla fine della guerra il 38% delle banchine genovesi risultò distrutto o danneggiato, l’86% dei magazzini e mezzi meccanici perduto o inutilizzabile, mentre novecento furono i natanti affondati. Analoghe distruzioni si verificarono nei porti di La Spezia (70% delle banchine distrutte) e Savona, ove due ampie sezioni della diga foranea furono fatte saltare.
Fonte: Gimelli, Franco, Battifora, Paolo, "Dizionario della Resistenza in Liguria", DeFerrari Editore, Genova 2021, pp.337-338