Poli, Giulio

  • Luogo di nascita

    Riva del Garda (TN)

  • Biografia

    Autobiografia scritta dallo stesso G. Poli:
    "La famiglia di mio padre, avvocato Filiberto Poli, era di sentimenti italiani e di forte impegno civile: mio nonno paterno, avvocato Giobatta Poli, fu podestà di Riva attorno al 1880, un fratello di mio padre, Guido Poli, fu podestà di Riva nel primo '900 fino allo scoppio della I guerra mondiale. Sia lui che altri familiari di mio padre furono internati in Austria nel periodo '15-'18, o fuggirono - come mio padre - in Italia e si arruolarono volontari nell'esercito italiano.
    Anche la famiglia di mia madre, Luigina Suster, di Trento, era di sentimenti italiani e di forte impegno civile: lei stessa con la madre fuggì da Trento nel maggio 1915, riparò a Torino dove lavorò per l'Associazione profughi trentini. Il fratello di mia nonna materna, Vittorio Zippel, fu podestà di Trento fino al 1914, poi arrestato, processato e confinato in Austria per i suoi sentimenti italiani, e, a guerra finita, nominato primo podestà di Trento italiana e poi senatore del Regno.
    Mio padre, di orientamento liberale antifascista, non si iscrisse mai al Partito nazionale fascista e fu più volte aggredito dai fascisti locali, fu membro del Comitato di liberazione nazionale (Cln) di Riva del Garda.
    Cresciuto in questo ambiente divenni presto anch'io antifascista, partecipai all'attività clandestina, entrai in contatto con l'organizzazione comunista dell'Officina X della Fiat trasferita nella zona del Garda e combattei per la liberazione di Riva nelle file della Brigata garibaldina "Eugenio Impera". Finito il liceo classico al mio paese, mi laureai in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Torino, lavorai, durante gli studi, per Piero Savoretti, l'ex segretario del Cln piemontese.
    Poi, nel 1952, tramite concorso pubblico, entrai all'Aem di Torino con funzioni tecniche e divenni più tardi dirigente.
    Negli anni '60 e '61 chiesi un'aspettativa e fui a Terni per impiantare e dirigere l'Azienda servizi municipalizzati che doveva occuparsi della distribuzione dell'energia elettrica e dell'acqua in quella città e dintorni.
    Rientrai poi all'Aem di Torino dalla quale mi licenziai nel 1985.
    Iscritto al Pci dalla Liberazione, fui più volte membro del Comitato federale di Torino, e rimasi in quel partito fino al suo scioglimento nel 1991: dopo di allora non mi iscrissi in alcuno dei partiti nati dalla diaspora della sinistra, e voto da allora per Rifondazione comunista.
    Sono sempre stato iscritto al sindacato Fidae Cgil e mai al sindacato dirigenti; per molto tempo all'Anpi; per alcuni anni ho fatto parte del direttivo dell'Associazione Italia-Urss.
    Dopo la vittoria elettorale delle sinistre nel 1975 con la nomina di Diego Novelli a sindaco di Torino, avendo io fatto una certa esperienza in campo sanitario come amministratore per molti anni della Cassa mutua dell'Aem, fui - alla fine del 1975 - designato dal Pci, e nominato dal Consiglio regionale quale membro del Consiglio di amministrazione dell'Ente ospedaliero San Giovanni e della Città di Torino.
    Nell'estate del 1977 quel Consiglio di amministrazione mi nominò presidente e tale rimasi fino allo scioglimento degli enti ospedalieri a seguito della legge 338: in quell'occasione fui nominato vicepresidente (presidente era Aldo Olivieri) della Usl 1-23 [Unità sanitaria locale] che raggruppava tutta la sanità torinese sia ospedaliera che teriitoriale. Successivamente, nel 1984, fui eletto presidente dai componenti del Comitato di gestione della Usl 1-23 e tale rimasi fino ai primi mesi del 1985, quando in seguito alla crisi politica del Comune di Torino, fu votata, dal Comitato di gestione, la decadenza del mio incarico.
    Rimasi consigliere di minoranza per la Usl comprendente le Molinette, fino al 1995 nell'ambito della nuova organizzazione della sanità torinese.
    Nel 1985 fui candidato nelle liste del Pci per il Consiglio comunale di Torino, eletto, e rimasi in carica fino al 1990.
    Nell'estate del 1987 fui arrestato e rinchiuso nel carcere di Toppino (Alba) per quaranta giorni con l'accusa di avere utilizzato un'impresa di pulizia per l'Ospedale Molinette a fini politici, o meglio per il Pci. Scarcerato a fine estate, dopo quattro anni si chiuse il procedimento avviato dal giudice Sebastiano Sordello senza neanche il rinvio a giudizio; feci causa allo Stato ed ottenni 50 milioni di lire come risarcimento del danno subito.
    Attualmente faccio parte della redazione di "Nuvole", una rivista di carattere politico-culturale, e sono amministratore di una società, Utopia s.r.l., che possiede due librerie, "La Città del sole" in via Po e la "Duemila" in via Cibrario a Torino.
    Nel 1958 mi ero sposato con Maria Grazia Alloatti, prima responsabile della critica cinematografica sull'edizione torinese de "L'Unità", e poi insegnante di materie letterarie nella scuola media di Pino torinese: da lei ebbi due figli, Valentina e Nicola. Maria Grazia Alloatti morì nel 1977 ed io mi risposai, nel 1987, con Mirose Munaò, infermiera caposala in una divisione di medicina generale delle Molinette.
    Giulio Poli
    Torino, 30 ottobre 2003"


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