Priebke, Erich

    Data di esistenza

    Data di nascita : 29/07/1913

    Data di morte: 11/10/2013

  • Biografia

    Erich Priebke (Hennigsdorf, 29 luglio 1913 – Roma, 11 ottobre 2013) è stato un militare e criminale di guerra tedesco, agente della Gestapo e capitano delle SS durante la seconda guerra mondiale. In Italia è stato condannato all'ergastolo per aver partecipato alla pianificazione e alla realizzazione dell'eccidio delle Fosse Ardeatine.

    Poco dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, firmato cinque giorni prima a Cassibile, la Wehrmacht assunse il controllo effettivo della città di Roma e, fin dai primi giorni, vari gruppi di resistenza formati da civili si costituirono nella capitale, intenzionati a reagire con le armi e con azioni che avessero un forte valore simbolico.
    Il 23 marzo del 1944 un gruppo di uomini dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP), unità partigiane del Partito Comunista Italiano, preparò un attentato contro un reparto delle forze d'occupazione tedesche, l'11ª Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment "Bozen", appartenente alla Ordnungspolizei (polizia d'ordine) e interamente composto da reclute altoatesine. Una bomba di 18 chili, collocata in un carrettino da spazzini, esplose nel momento preciso in cui la compagnia percorreva via Rasella, provocando la morte di 33 soldati e due civili, tra cui un bambino di 12 anni. Fu il più sanguinoso e clamoroso attentato urbano antitedesco in tutta l'Europa occidentale.

    Dopo l'attentato, su ordine di Adolf Hitler e come rappresaglia per l'agguato di via Rasella, Kappler ordinò l'esecuzione di ostaggi italiani (nel numero di dieci italiani per ogni soldato tedesco ucciso), da fucilare nelle cave delle Fosse Ardeatine, nella zona extraurbana della Capitale. Lì i condannati arrivarono intorno alle ore 15 del 24 marzo e, condotti nelle grotte a gruppi di cinque, vennero trucidati con dei colpi di fucile alla nuca. Al termine dell'esecuzione di massa l'entrata delle cave venne fatta crollare con dell'esplosivo. Le persone uccise alla fine furono complessivamente 335, cinque in più rispetto al numero stabilito dallo Stato Maggiore tedesco, a causa di un errore dello stesso Priebke che « [...] preposto alla direzione dell'esecuzione e al controllo delle vittime, nella frenetica foga di effettuare l'esecuzione con la massima rapidità, non s'accorse che esse erano estranee alle liste fatte in precedenza.» Tra le vittime dell'eccidio ci furono anche malati, vecchi, minorenni, oltre a 75 ebrei romani. Oltre a partecipare alla fucilazione "cagionando direttamente la morte di due persone", come vicecomandante del quartier generale della Gestapo a Roma, Priebke redasse personalmente la lista di coloro che sarebbero stati uccisi. Trascorse l'intera notte prima dell'eccidio a scorrere i registri in cui erano schedati i sospetti fiancheggiatori delle forze di Resistenza e, per rastrellare gli ostaggi considerati "meritevoli di morte", arrestò anche diversi prigionieri politici precedentemente incarcerati con deboli prove a loro carico e in base agli accordi precedentemente presi da Kappler con i suoi superiori.
    Secondo alcuni storici, Priebke sarebbe responsabile anche di aver impartito l'ordine che determinò l'eccidio de La Storta, ovvero l'assassinio con un colpo di pistola alla testa di 14 prigionieri prelevati dalla famigerata prigione di via Tasso di Roma, in gran parte socialisti appartenenti alle Brigate Matteotti o membri del Fronte militare clandestino, avvenuto nelle campagne appena fuori Roma, al quattordicesimo chilometro della via Cassia, nei pressi della località "La Storta", nel pomeriggio del 4 giugno 1944, proprio mentre le truppe alleate facevano il loro ingresso trionfale nella Capitale italiana. Nell'eccidio perse la vita, tra gli altri, il sindacalista ed ex-deputato socialista Bruno Buozzi.

    Il 14 giugno 1944 Priebke divenne ufficiale di collegamento con lo Stato Maggiore della Guardia nazionale repubblicana fascista, con sede a Brescia, partecipando attivamente alle perquisizioni e alle azioni di rastrellamento, allo scopo di individuare le cellule cittadine di supporto ai partigiani che presidiavano le montagne bresciane. Centinaia di arrestati, appartenenti alla Resistenza o semplici sospetti partigiani catturati dai tedeschi tra la Lombardia e il Veneto, furono catturati e rinchiusi nella prigione di Canton Mombello, per poi essere condotti nel quartier generale tedesco ove Priebke svolgeva - spesso personalmente - gli interrogatori.
    Il 13 maggio del 1945, dopo la resa dell'esercito tedesco, Priebke venne preso prigioniero a Bolzano con gli altri militari e ufficiali della sua compagnia che accompagnavano l'Obergruppenführer Karl Wolff, comandante delle SS in Italia. Internato nella prigione di massima sicurezza di Ancona, una struttura speciale dove venivano reclusi gli ufficiali indiziati per crimini di guerra, il 31 marzo 1946 venne portato al campo 209 di Afragola, un centro alle porte di Napoli custodito dagli inglesi e infine venne spostato nel campo di prigionia di Rimini.
    Il 31 dicembre del 1946 Priebke riuscì a fuggire dal campo di Rimini: approfittando dei festeggiamenti di fine anno, eluse la guardia dei militari inglesi e polacchi di stanza nel campo e, assieme ad altri quattro commilitoni, si rifugiò nel vescovado di Rimini.
    Dal 2 gennaio del 1947 fino all'ottobre del 1948 Priebke visse in Alto Adige, a Vipiteno, assieme alla sua famiglia. Qui, grazie all'assistenza di alcuni preti altoatesini quali Johann Corradini, parroco di Vipiteno, e Franz Pobitzer di Bolzano, ma anche del Vicario generale della diocesi di Bressanone Alois Pompanin, ricevette il battesimo cattolico. Attraverso le sue conoscenze all'interno degli uffici del comune di Termeno e nella Croce Rossa Internazionale, Pompanin poté aiutare alcuni gerarchi tedeschi in fuga verso il Sud America, procurando loro documenti di identità falsi così come avvenne per Adolf Eichmann nel giugno del 1948. Priebke si imbarcò quindi dal porto di Genova sulla nave San Giorgio e, pochi giorni dopo il Natale del 1948, sbarcò in Argentina, a Río de la Plata. Da lì, nel 1949, si spostò a San Carlos de Bariloche, dove rimase per quasi mezzo secolo come direttore di una scuola locale. Priebke tornò più volte in Europa, sia in Germania sia in Italia nel 1980.

    Nel mese di aprile del 1994 la troupe del programma Prime Time Live dell'emittente statunitense AB, su segnalazione del centro Simon Wiesenthal, si presentò alla porta dell'abitazione di Juan Mahler, ovvero Reinhard Kops, il militare tedesco che nel 1946 aveva aiutato Priebke a scappare dal campo di detenzione inglese di Rimini. Davanti alle prove scritte mostrategli dai giornalisti americani, Kops cedette e fornì nome e indirizzo di Priebke. La mattina del 6 maggio 1994 la troupe si precipitò su Priebke non appena egli finì il proprio turno di lavoro nella sua scuola, e riuscì a fargli una breve intervista. Non nascose la sua identità e sostenne di non aver mai provato odio contro gli ebrei, di non averne mai fatto deportare alcuno e che considerava le Fosse Ardeatine una tragedia. In successive interviste televisive confermerà di aver dovuto sparare a due delle 335 vittime delle Fosse Ardeatine, specificando che però si era limitato semplicemente a eseguire gli ordini e che essendo un militare era obbligato ad eseguirli. Non si mostrò per nulla pentito dinnanzi al giornalista americano, sostenendo che in guerra bisogna eseguire solo gli ordini.
    A causa della sua età avanzata e del suo stato di salute, le autorità argentine decisero, in un primo momento, il non doversi procedere con l'arresto, optando invece, l'8 maggio successivo, per la misura degli arresti domiciliari nella sua casa di Bariloche. Il 9 maggio le autorità italiane inoltrarono la richiesta di estradizione ai giudici della Corte suprema argentina, richiesta che venne quindi accolta il 2 novembre del 1995.
    Il 21 novembre del 1995 Priebke arrivò in Italia, dove venne recluso nel carcere militare di Forte Boccea a Roma. Il 1º agosto 1996 il Tribunale militare, pur riconoscendo la responsabilità dell'imputato, ritenne che allo stesso si dovessero applicare le attenuanti generiche, dichiarò di «non doversi procedere, essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione», e ordinò l'immediata scarcerazione dell'imputato. La sentenza di assoluzione non venne mai eseguita: il giorno successivo alla sentenza, infatti, Priebke venne nuovamente arrestato per una richiesta di estradizione presentata dalla Germania. Il 15 ottobre 1996 la Corte di Cassazione dichiarò nulla la sentenza del Tribunale militare e, il 10 febbraio 1997, la Corte decise che un nuovo processo nei confronti di Priebke spettasse nuovamente al Tribunale militare di Roma.

    La sentenza venne emessa il 22 luglio 1997: Priebke fu dichiarato colpevole e condannato a 15 anni di reclusione, in parte condonati (dieci anni per effetto dell'amnistia generale del 1945) o già scontati (i tre anni e quattro mesi del suo arresto preventivo in Argentina). Nella sentenza di condanna, i giudici del Tribunale militare di Roma sancirono comunque l'imprescrittibilità dei reati per i crimini di guerra e ritennero Priebke «colpevole di omicidio aggravato (dalla crudeltà e dalla premeditazione) e continuato» commesso nei confronti di 135 persone. Il 7 marzo 1998, la Corte d'appello militare accolse le richieste del pubblico ministero e sentenziò la condanna all'ergastolo. Pochi mesi dopo, anche a causa della sua età avanzata, a Priebke venne concesso di scontare la pena in regime di detenzione domiciliare in un appartamento di 100 m² a Roma, di proprietà dell'avvocato Paolo Giachini, che lo assistette anche personalmente negli ultimi anni di vita.

    Nel maggio 2008 Priebke venne invitato a presiedere la giuria del concorso di bellezza Star of Year come presidente onorario. L'iniziativa suscitò molte polemiche e riuscì a presiedere la tappa finale del concorso in via telematica, dato che non gli furono revocati gli arresti domiciliari. Nel 2009 gli venne concesso il permesso, per alcune ore alla settimana, di uscire dalla sua abitazione romana "per fare la spesa, andare a messa, in farmacia" e affrontare "indispensabili esigenze di vita", concessione resa nota solo nell'ottobre del 2010.

    Erich Priebke morì a 100 anni l'11 ottobre 2013. Lo stesso giorno il suo legale Paolo Giachini rivelò l'esistenza di un'intervista scritta e di un video "testamento umano e politico" realizzati dall'ex capitano delle SS nei giorni a cavallo del suo centesimo compleanno e in cui Priebke, tra le altre cose, rivendicava con orgoglio il suo passato e negava l'evidenza dell'Olocausto.

    Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Erich_Priebke