Mario Recusani è stato ufficiale tenente veterinario del Battaglione "Morbegno" della Divisione Alpina "Monterosa" durante la Repubblica Sociale Italiana. Ha partecipato alle campagne militari italiane in Albania, Grecia e Russia nella Divisione Alpina "Tridentina"; alla data dell'Armistizio è stato catturato dai tedeschi e deportato in un campo di prigionia in Polonia. Nel dicembre 1943 ha aderito alla Repubblica Sociale ed è entrato a far parte della "Monterosa". E' tornato in Italia nel luglio 1944 stabilendosi a San Pietro Vara (SP), incaricato alle requisizioni di bestiame alla popolazione locale. E' stato arrestato in provincia di Lucca il 30/10/1945.
Le Corti d'Assise Straordinaria di Lucca e Genova lo hanno accusato, assieme al capitano Felice Ferrarese ed altri, di crimini quali collaborazione con i tedeschi, torture efferate, incendio di abitazioni di civili, saccheggio, interrogatori arbitrari con metodi violenti e concorso in omicidio, perpetrati in Liguria e parzialmente in Toscana nel corso del conflitto bellico, eventi testimoniati da più persone. La Corte d'Assise Straordinaria di Lucca, nella sentenza del 15/12/1947, ha condannato Recusani alla pena di reclusione per 10 anni, di cui 5 da condonare in seguito ad amnistia.
Copie di sentenze del dopoguerra nei suoi confronti sono reperibili nel Fondo "Giannecchini-Toscano", busta 5, fascicolo 5, conservato presso l'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e l'Età Contemporanea, Ilsrec, di Genova. In tale fondo è inoltre disponibile la dichiarazione redatta il 29/07/1945 da un giovane militare della "Monterosa" e contenente testimonianza del brutale pestaggio del maresciallo dei Carabinieri di Chiavari (GE) Carlo Galli ad opera dei due imputati. In quest'ultima si legge testualmente:
"[...] Io, già soldato alpino della Divisione Monterosa, Battaglione Brescia, dichiaro: ricordo che alla fine di settembre e primi di ottobre 1944, allorchè ero in forza al Btg. suddetto e precisamente in S. Pietro Vara, si erano verificate le diserzioni di 54 alpini in una fuga sola e altre diserzioni isolate. Sospettato che intendevo passare anch'io dalla parte dei partigiani anche in seguito alla delazione di un compagno (ora deceduto), venivo fermato dal comandante del Bt. e rinchiuso in una tenda di punizione in attesa di giudizio. Comandante della V° Compagnia dove io ero in forza era il capitano Maffi Cesare, il comandante del Bt. era il capitano Ferrarese di Gavirate (Varese). Il giorno 8 ottobre 1944 alle ore 7, mentre il mio battaglione eseguiva una marcia di trasferimento, io ero stato rinchiuso in una camera del Santuario di Velva, [...] fui prelevato dalla camera e caricato su di una macchina colla scorta di militari tedeschi e tradotto a Casarza Ligure.
Qui giunto mi rinchiusero in un sottoscala di una villetta isolata e dopo alcune ore di attesa, sentii delle grida e dei rumori come chi litiga ed ebbi la precisa sensazione che ivi si stava seviziando qualcuno. Sentivo la voce alterata del capitano Ferrarese e del tenente Recusani e dei tonfi, insomma sopra in una camera si stava picchiando un uomo. Dopo circa mezz'ora fui chiamato e presentato ad un uomo coi capelli bianchi che perdeva sangue dalle labbra e da un orecchio [...]. Alla mia presenza vidi i due ufficiali che infierivano contro l'uomo con pugni, schiaffi, calci e sputi. Lo accusavano di traditore, lo accusavano di essere un rappresentante dell'Esercito Regio e di un Re traditore. Lo si accusava di aver provocato la diserzione di 54 alpini e di avere rovinato 54 famiglie. Dopo il confronto io venni allontanato e il tenente Recusani mi schiaffeggiò perchè secondo lui non avevo detto la verità. Mentre mi allontanavo sentii il tenente Recusani che rivolgendosi alla vittima diceva in modo esasperato che lo mandava a Chiavari per la fucilazione e se non lo avessero fucilato avrebbe pensato lui ad ammazzarlo. Sentii pure che continuava a seviziarlo [...]".
Nel medesimo Fondo sono disponibili numerose dichiarazioni di vari testimoni, civili ed appartenenti ai Cln delle città interessate dalla vicenda, che riportano giudizi alternativamente positivi o fortemente negativi sull'operato di Recusani, sulla sua presunta vicinanza all'ambiente antifascista così come sulla violenza perpetrata nei confronti di patrioti e civili stessi.