Laureatosi in ingegneria, dopo diverse esperienze manageriali in importanti aziende italiane nel 1933 entra a far parte del neonato Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Inviato nel 1935 a Genova e divenuto amministratore delegato dell’Ansaldo, cui durante il conflitto
avrebbero fatto capo una decina di stabilimenti del capoluogo ligure con l’impiego di oltre trentamila dipendenti, e della Siac (Società Italiana Acciaierie di Cornigliano), Rocca si rivela un brillante tecnocrate, fautore di innovative procedure produttive.
Conciliante verso le richieste avanzate dopo il 25 luglio dagli operaie genovesi, dopo l’8 settembre 1943 Rocca si batte per la strenua difesa dell’azienda, dei suoi impianti e delle sue maestranze. Muovendosi con abilità e tenacia, Rocca si adopera per conservare a Genova il patrimonio impiantistico e impedire possibili asportazioni o distruzioni come quelle subìte, in prossimità del fronte, dalle Officine Ansaldo di Pozzuoli e dall’Ilva di Bagnoli. Sebbene prioritaria, agli occhi di Rocca, risulti la salvezza dell’Ansaldo, tale fine viene a saldarsi, per molti aspetti, con gli obiettivi della lotta partigiana cui Rocca si mostra solidale in più occasioni. Conflittuali sono invece i rapporti con il regime di Salò – nel novembre 1943 aveva rifiutato la carica di ministro della Produzione bellica offertagli da Mussolini – e in particolare con il segretario del Pfr genovese Luigi Sangermano, che ingaggia una lotta personale con Rocca per la contrarietà di quest’ultimo a imprimere una netta fascistizzazione al colosso
industriale genovese: tacciato di simpatie antifasciste e ritenuto corresponsabile delle agitazioni operaie, Rocca viene addirittura colpito da temporanee misure detentive poi venute
meno per il deciso intervento dei tedeschi, che vedevano in lui una garanzia per l’efficienza produttiva.
Fondamentale, in diverse occasioni, si rivela il suo ruolo per impedire il trasferimento di manodopera in Germania: mobilitatosi già nel novembre 1943 per evitare la deportazione di novecento operai destinati ai cantieri di Kiel per la costruzione di sommergibili, Rocca sa opporsi nel gennaio 1944 al trasferimento dello stabilimento Elettrotecnico, con i suoi duemila lavoratori, e a marzo alla richiesta di oltre tremila uomini. La promessa di un aumento della produttività è l’argomento cui fa ricorso per persuadere i tedeschi: lasciare a Genova uomini e impianti sarebbe stata la scelta più razionale e quindi conveniente per il Reich. Una tattica rivelatasi fruttuosa, almeno sino alla deportazione operaia del 16 giugno 1944. Prosciolto da ogni accusa di collaborazionismo, nel dopoguerra emigra in Argentina ove si dedica a una brillante attività imprenditoriale. Muore a Buenos Aires nel 1978.
Fonte: Gimelli, Franco, Battifora, Paolo, "Dizionario della Resistenza in Liguria", DeFerrari Editore, Genova 2021, pp.397-398