È il 1900 quando Pietro Marchese apre in Via Galata, nel capoluogo ligure, una pasticceria per
confezionare i dolci scoperti in un suo viaggio in Gran Bretagna, i sugar wafer.
Siamo in un periodo in cui il mercato italiano è ancora caratterizzato esclusivamente dai beni di
lusso: i dolci sono prodotti per le grandi occasioni e i biscotti monopolio degli inglesi.
Ciononostante, la piccola bottega di Marchese lavora e riesce a crescere, seppur lentamente.
Nonostante gli anni difficili della Grande Guerra, la pasticceria genovese aumenta
progressivamente la quantità prodotta e amplia la distribuzione, dando avvio a una delle prime
produzioni industriali italiane di prodotti da forno.
Nel 1920, la piccola impresa trasferisce la propria sede sociale in Corso Giulio Cesare (che
sarebbe diventata dal 1945 l’attuale Corso Gastaldi) e il 20 dicembre 1922 si registra come
“S.A.I.W.A.”, Società Accomandita Industria Wafer e Affini: nome che, secondo alcuni, era stato
coniato da Gabriele D’Annunzio. Quella dell’acronimo è ormai una consuetudine che nasce nella
seconda metà dell’Ottocento e che sembra evocare, attraverso insegne societarie apparentemente
prive di significato, l’idea di una modernità industriale.
Inoltre, la società presta attenzione al packaging, inaugurando una fortunata serie di lattoni per la
vendita dei biscotti sfusi (detti comunemente “bidoni” per le loro dimensioni). Dall’ottobre 1934, la
Saiwa lavora e produce da sé gli imballi in latta e, l’anno successivo, anno della guerra d’Etiopia,
realizza una bellissima scatola con due Ascari in moto.
Per ampliare il proprio mercato, la piccola azienda genovese, che già nell’agosto 1925 ha mutato
la propria ragione sociale in società per azioni, non tralascia la pubblicità, che già allora ricerca
“testimonial” di prestigio. I più ambiti sono i membri di Casa Savoia, che concedono i “Brevetti di
Fornitore Ufficiale, speciale e pubblico contrassegno con concessione di innalzare lo Stemma
Reale sull’insegna della fabbrica”, e, da lì, su tutta la comunicazione dell’epoca, dalla carta
intestata alle cartoline, alle campagne stampa, fino alle scatole di latta. Molte sono le ditte che
riescono ad ottenerli e, tra queste, c’è anche la Saiwa, che ne mostra con orgoglio addirittura due:
accanto allo Stemma della Real Casa c’è anche quello di Gabriele d’Annunzio, Principe di
Montenevoso.
Intanto, il regime fascista impone, con una serie di provvedimenti aventi forza di legge e un gran
numero di disposizioni alla stampa ed alle case editrici, l’italianizzazione dei nomi e delle parole
non italiane. Questo costringe il biscottificio ligure a modificare il suo nome in Saiva (Società
Anonima Biscotti Saiva).
La società genovese si sta ormai affermando sul mercato interno e alla vigilia della seconda guerra
mondiale conquista il primo posto come industria dolciaria in Italia. Tra il 22 e il 23 ottobre 1942 gli impianti della Saiwa vengono distrutti in seguito alla cosiddetta
“Offensiva aerea di autunno” del Bomber Command britannico. La produzione subisce di
conseguenza un arresto e ricomincia a conflitto concluso.
Negli anni della ricostruzione, la Saiwa torna al nome “dannunziano”. Inoltre, in fase di
ristrutturazione degli impianti, vengono decisi sia l’installazione di nuovi forni, sia il montaggio delle
prime macchine confezionatrici: Saiwa è così una fra le prime aziende in Italia a confezionare e
distribuire i biscotti che, fino a quel momento, erano venduti sfusi o in scatole di latta.