Giovane contadino, nell’estate del 1944 sale in montagna unendosi ai partigiani del distaccamento Forca della 57° brigata Berto e prendendo parte allo scontro di Allegrezze. L’11 febbraio 1945, in occasione di un rastrellamento nei dintorni di Lorsica, viene catturato insieme a Vinicio Rastrelli (Dedo), Carlo Semide (Pippo), Dino Bertetta (Ancora), Dino Berisso (Sergio), Sergio Piombelli (Fiore), Quinto Persico (Tigre) e Romeo Nassano (Guido). La rappresaglia è organizzata dalla Divisione Rsi Alpina "Monterosa" a seguito dell'uccisione di un loro commilitone da parte dei partigiani il 28 febbraio. I dieci dovrebbero essere fucilati il giorno dopo, la sera del 1° marzo, e sono già stati trasferiti dalle carceri di Chiavari a Calvari con un camion scoperto che sosta per un’ora al centro del paese ma vengono riportati a Chiavari perchè, non essendo stata ancora emessa la sentenza di morte, il comandante del plotone di esecuzione si rifiuta di procedere. La sentenza è emessa infatti il giorno 2 marzo dal Tribunale speciale della “Monterosa” e l’esecuzione avviene la sera stessa.
In realtà, la sera precedente "Cucciolo" non risulta tra i condannati: quando i nemici avevano catturato i compagni della Brigata "Berto" lui era assieme a loro e, vista l'età molto giovane, gli alpini gli avevano detto che lo avrebbero perdonato. Ma quando decidono di fucilare i suoi dieci compagni, escludendolo dalla esecuzione, lui urla con tutto il fiato: “Anche io sono partigiano come loro, insieme a loro dovete portarmi“. E così è stato, dopo aver scritto sul foglietto di un taccuino poche parole di saluto, ma anche: “Muoio per la salvezza dell’Italia” e tracciando in alto, sull’angolo, una listarella nera come nei biglietti di lutto. Consegna poi il foglio al cappellano e si avvia alla morte.