Suor Maria Giacomina delle Immacolatine di Genova, al secolo Annunciata Peruggia di Cuvio (AL), è stata una religiosa che durante la lotta di Resistenza rischiò la vita per dare assistenza a soldati e partigiani, membro del CLN di Predosa (AL).
Nella cantina dell’asilo di Predosa nascondeva partigiani, soldati sbandati, inglesi, americani e anche qualche tedesco disertore. Ce n’erano sempre una decina e la sera faceva dire loro il rosario; lei pregava in italiano e loro rispondevano nella loro lingua. Molte persone del paese l’aiutavano portandogli panni e vestiti borghesi per i militari. Stavano lì uno o due giorni e poi se ne andavano travestiti da contadini, con in spalla un rastrello o una zappa e un cappellaccio in testa.
Continuò per parecchio tempo finchè, un giorno, fu avvertita di far fuggire i rifugiati perchè la sera ci sarebbe stata una retata dei tedeschi. Arivarono alle dieci di sera, erano quattro o cinque e volevano lei. Un ufficiale le disse: ‘Tu dovrai essere uccisa perché sei nemica dei tedeschi, sappiamo che nascondi i partigiani e adesso facciamo una perquisizione’. Mentre le altre due suore presenti scomparvero nelle loro stanze spaventate, lei li affrontò decisa, senza paura, negando ogni accusa, accompagnandoli nell’ispezione. Frugarono in tutte le stanze e in ogni nascondiglio, anche negli armadi, ma non trovarono nessuno. Dovevano però essere stati ben informati perché, pur senza prove e con la gente del paese sopraggiunta che assicurava di non aver mai visto partigiani, fu trasferita a Genova al comando tedesco, dove la tennero isolata in una stanza. Non la trattarono male, le lasciarono il breviaro ma le confermarono che l’avrebbero fucilata, anche se lei negava ogni accusa.
Avvisata dai tedeschi, arrivò la madre generale Innocenza Vassallo, alla quale confessò di avere aiutato partigiani e soldati sbandati e di non aver timore di morire perchè lei aveva fatto solo del bene, voleva dire che era giunta la sua ora per il paradiso. La superiora, sorpresa e sbalordita, garantì per lei. ‘Non è vero, vi sbagliate – diceva ai tedeschi - interrogate la gente del paese.’ ‘Eppure qualcuno del paese ci ha assicurato che aiuta i partigiani’ era la risposta. Dopo due o tre giorni di prigionia l’avvisarono che l’indomani alle 11 l’avrebbero fucilata in piazza De Ferrari, il centro della città, dove quasi tutti i giorni veniva giustiziato qualche ribelle. Non si perse d’animo e chiese di fare una telefonata perché ‘non si può negare l’ultima grazia a un condannato’.
In quei mesi di resistenza aveva conosciuto certo De Ferraris, uno della Democrazia Cristiana clandestina, socio di De Gasperi (del quale conservava una foto dov’era ritratta in sua compagnia). Prese la cornetta e chiamò questo De Ferraris a Roma, già liberata: dopo mezzora arrivò l’ordine di liberarla. Nel dopoguerra, attorno ai sessant’anni si ammalò e la portarono alla casa madre a Genova, a S. Martino. Mori il 04/05/1963.
Del periodo della Resistenza Suor Giacomina aveva tenuto un diario, pubblicato nell’agosto ‘45 su un imprecisato quotidiano di Genova (si possiede solo una parte dell’articolo, uno spezzone senza testata né data) dal quale veniamo a sapere che la sua attività di patriota ebbe inizio qualche giorno dopo l’8 settembre ’43, quando i paesani portarono quattro soldati sbandati all’asilo ai quali diede cibo e assistenza. Da quel momento fu un continuo confluire di militari di ogni nazione, assistiti con l’aiuto della popolazione. La situazione si fece difficile quando a Predosa s’insediò un presidio tedesco che indusse la suora a muoversi con maggior cautela per evitare rappresaglie. Ciò non la salvò dalla denuncia anonima di ‘sentimenti anti germanici’ che sfociò in una prima infruttuosa perquisizione, anche per il diplomatico intervento della figlia del Podestà che fungeva da interprete.
L’incidente non spaventò Suor Giacomina, che continuò la sua opera umanitaria. Nel marzo ’44 favorì anchè la formazione della sezione femminile di partigiane di ‘Nuvoletta’ (Maria Clara Timossi). Aveva contatti importanti con elementi alessandrini di Azione Cattolica ed era in stretta relazione con ‘don Berto’, (al secolo don Bartolomeo Ferrari), importante figura di prete partigiano e scrittore, cappellano della Divisone Garibaldina ‘Mingo’ operante nell’appennino genovese e nella Val d’Orba, in contatto con De Gasperi.