Studente dell’Istituto universitario orientale di Napoli, allo scoppio della guerra presta servizio in aeronautica venendo inviato in Romania. Rientrato in Italia nei primi mesi del 1943, l’8 settembre lo sorprende a Genova: sottrattosi alla resa, dopo un periodo di clandestinità raggiunge nell’ottobre 1944 la val Borbera (AL) ed unendosi alla brigata Jori, della divisione Cichero. Inquadrato nel distaccamento Guerra attivo nella zona di Vallenzona, Capanne di Pei e Torriglia (PC-GE), a causa del rastrellamento nazifascista di dicembre si trasferisce con la sua formazione, a Carrega Ligure, prendendo parte ad azioni in val Borbera e Trebbia. Ottenuto l’incarico di vicecomandante di distaccamento e, successivamente, il comando del reparto artificieri e guastatori, il 18 marzo 1945 guida l’azione che determina il crollo della galleria di Boasi di Lumarzo, in val Fontanabuona, operazione finalizzata ad ostacolare la ritirata delle truppe tedesche attraverso la statale 45 della val Trebbia.
Insieme ai suoi uomini, ad aprile interrompe il transito per Busalla, distruggendo il ponte della Crosa di Laccio, e, dopo l’abbandono del presidio tedesco di Torriglia, dirige lo sminamento della vasta area che circondava il caposaldo. Nell’ambito di questa rischiosa operazione, il 21 aprile rimane gravemente ferito, insieme a Edilio Leveratto (Biondo), dall’esplosione di un ordigno: tratto in salvo da Giovanni Proglio (Pomello), viene ricoverato nell’ospedale allestito nella colonia montana di Rovegno e successivamente è trasportato al San Martino di Genova, ove rimarrà per tre mesi. È autore del volume Partigiani in Valtrebbia. La brigata Jori.
Fonte: Gimelli, Franco, Battifora, Paolo, "Dizionario della Resistenza in Liguria", DeFerrari Editore, Genova 2021, pp.445-446