La sigla Udi compare per la prima volta negli anni '30 a Parigi tra alcune donne antifasciste in esilio; la ritroviamo poi di nuovo nel 1944 nell'Italia liberata. Tuttavia la vera storia dell'Udi si concretizza nel 1945, dopo la Liberazione, nel momento in cui l'associazione si struttura e si organizza su tutto il territorio nazionale e non solo al Sud, e in essa confluiscono anche i Gruppi di difesa della donna, che nel periodo precedente operavano sotto l'egida del Cln, il Comitato di liberazione nazionale. Si trattò della prima associazione femminile di massa, e non di elite, costituitasi nel nostro paese. L'Udi aveva precise finalità, ben espresse nell'articolo 2 dello Statuto approvato dal suo primo congresso, che così recita: "L'Udi è una libera associazione che si propone la difesa di tutti gli interessi della donna nel lavoro, nella società, nella famiglia e nello Stato, e ne valorizza l'opera in ogni campo. In essa si organizzano le donne italiane per la realizzazione degli ideali di libertà e di giustizia, di solidarietà popolare, di elevazione culturale, di rinnovamento democratico del paese e per contribuire attivamente e direttamente alla ricostruzione materiale, morale, sociale e politica della nazione." Dunque l'Udi nasce prefiggendosi due finalità ben distinte: da una parte la difesa degli interessi della donna, innanzi tutto quelli riguardanti la sfera lavorativa, il lavoro, dall'altra e sullo stesso piano la partecipazione delle donne alla ricostruzione politica del paese in senso democratico e antifascista e non da ultimo la sua ricostruzione materiale. Ricordiamoci che il paese era uscito fortemente devastato dalla seconda guerra mondiale, con situazioni gravi sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista economico, ed a questo dobbiamo aggiungere la necessità di ricostruire le istituzioni e l'apparato statale, garantirne il carattere democratico dopo il ventennio fascista. Per comprendere appieno il modo di attuare le due finalità occorre precisare chi erano le donne dell'Udi: si trattava di antifasciste, la maggior parte di loro era anche fortemente politicizzata e legata ai partiti componenti il Cln, cioè il Partito comunista, il socialista, il Partito d'azione, la Democrazia cristiana. Il legame con i partiti è molto evidente se si analizzano le prime azioni dell'Udi che denotano una forte rispondenza alle politiche generali dei partiti di riferimento. Un esempio dimostra il grado di dipendenza dai partiti e dal clima politico, mi riferisco alla fuoriuscita dall'Udi delle esponenti cattoliche nel 1948, momento in cui con estrema evidenza e in modo definitivo si sfalda l'unità ciellenistica. Per tutto il periodo seguente, caratterizzato dalla guerra fredda, gli anni '50, l'Udi agirà in modo collaterale e molto appiattito sui due partiti della sinistra, in particolare sul Pci. Sarebbe ingiusto descrivere le donne dell'Udi come delle piatte esecutrici di ordini provenienti dall'esterno secondo la logica definita allora della "cinghia di trasmissione", anche perché si può riscontrare un certo grado di autonomia nel loro agire. Ma di fatto in esse prevaleva il legame nei confronti dei partiti d'origine rispetto a quello verso la propria associazione. Bisogna tenere conto che sono gli anni di forte contrapposizione tra Oriente e Occidente sul piano mondiale, il che si riversava anche all'interno dei paesi della sfera occidentale; la sinistra in questa situazione perseguì una politica di difesa e rinserrò le fila, cosa che coinvolse anche l'Udi, obbligandola a una scelta di campo e a privilegiare gli aspetti di politica generale della sinistra su quelli specifici propri. Tendenzialmente l'Udi di allora si presentava come una sorta di commissione femminile di partito con il compito di occuparsi dei problemi specifici delle donne, anche se per Statuto doveva essere un'organizzazione autonoma, e così costantemente veniva affermato. Il suo vero ruolo consisteva nel contattare le donne in modo apartitico per convogliarle verso una sensibilità politica. Tra parentesi bisogna ricordare che nel 1946 per la prima volta venne attribuito il diritto di voto alle donne e dunque era importante trovare un modo organizzato per contattarle. Solo nel 1956 le donne dell'Udi avviarono una riflessione sulla propria identità e sull'esigenza di costruire una lotta per l'emancipazione femminile, autonoma dai partiti di riferimento. A questo proposito si riportano alcune frasi significative di un documento del Comitato direttivo nazionale dell'Udi, datato 1956, presente nel Fondo Udi-Comitato provinciale di Torino. Si legge nel documento: "Che cosa deve fare oggi la nostra organizzazione (...) per fare la lotta per l'emancipazione anziché continuare a dire di lottare per l'emancipazione? (...) da che cosa dipende il fatto che (...) spesso la parola d'ordine dell'emancipazione rimane ancora un'etichetta o uno slogan propagandistico giustapposto meccanicamente alle nostre iniziative e alla nostra attività?" E ancora più avanti sempre nello stesso documento dell'Udi nazionale: "In altri termini, la linea dell'emancipazione femminile non sarebbe stata vista come fine, ma come strumento, e l'Unione donne italiane avrebbe acquistato il carattere di un settore del movimento democratico avente per scopo il lavorare fra le donne". Senza voler approfondire l'analisi sul rapporto dell'Udi con i partiti della sinistra, certo è che le riflessioni prima riportate sono collocate in quel 1956, anno di profondi rivolgimenti nei partiti comunisti a seguito della destalinizzazione. Iniziò allora un lungo processo all'interno dei partiti comunisti teso ad ampliare il carattere democratico dell'organizzazione, cioè ad introdurre un costume di garanzie democratiche e di valorizzazione delle strutture decentrate. Dunque anche l'Udi partecipò a quel travaglio. Fin qui ho delineato il carattere e le finalità dell'Udi nel suo primo periodo di vita, quadro valido fino alla fine degli anni '50, vorrei ora descrivere le sue attività concrete suddividendole secondo i due filoni prima ricordati, contemplati nello Statuto. Per quanto riguarda la partecipazione alla ricostruzione politica del paese, l'Udi è stata sempre presente anche con proprie iniziative: ad esempio, valorizzando il dibattito dell'Assemblea costituente e nel periodo successivo aderendo a tutte le manifestazioni in difesa della Costituzione repubblicana e dello Stato democratico contro ogni pericolo di ritorno al fascismo. Partecipò anche attivamente a tutte le campagne elettorali del periodo a fianco dei partiti di riferimento, ad esempio nel 1948 a sostegno del Fronte democratico popolare che raggruppava il Pci e il Psi, e nel 1953 contro la cosiddetta legge truffa. Un grande contributo dette l'Udi alle lotte per la pace nel mondo e contro la Nato, in definitiva contro il rischio di una 3° guerra mondiale derivata dalla contrapposizione tra le due superpotenze. Ricordo tra parentesi la corsa al riarmo nucleare di entrambe e il pericolo di uso della bomba atomica. L'Udi espresse anche fattiva solidarietà nei confronti di quei paesi coinvolti nei conflitti locali, espressione come si diceva allora dell'imperialismo americano, tipo Corea negli anni '50 e Vietnam negli anni '60. Si potrebbe dire che le esponenti dell'Udi in quanto donne erano particolarmente sensibili al problema della pace tenuto conto che erano appena uscite da una guerra, pesantemente vissuta. Insomma l'Udi partecipò a tutte le iniziative di politica generale promosse dalla sinistra sia che riguardassero gli scenari internazionali sia quelli nazionali. In questo primo filone di attività, definiamolo di intervento in materia di politica generale, va anche annoverata l'attività di assistenza alla popolazione e all'infanzia in particolare. Attività che venne svolta soprattutto nell'immediato dopoguerra, ma che pur attenuata negli anni successivi non venne mai completamento meno. Nella situazione dell'immediato dopoguerra, di miseria e di indigenza di vasti settori della popolazione, per essere chiari: disoccupazione, carenza di derrate alimentari e mercato nero, case distrutte dai bombardamenti ecc., insomma di fronte alle classiche eredità di una guerra, l'Udi raccolse e distribuì gli aiuti che potevano occorrere, e svolse altre attività consimili. Fece anche parte in quanto associazione femminile di commissioni assistenziali del Comune e di altri enti. L'opera di solidarietà si espresse anche in occasione di terremoti e di alluvioni, ad esempio nel 1951 in occasione dell'alluvione in Polesine l'Udi di Torino organizzò raccolte di fondi e aiuti materiali, inoltre predispose un piano per l'ospitalità temporanea presso famiglie torinesi di bambini provenienti da quelle zone. Risaltano in queste attività le capacità operative e la generosità di queste donne dell'Udi. E quale commento possiamo fare in proposito ? Che la società intera, le stesse donne e non solo la sinistra di allora considerava congeniale e di competenza femminile la cura dei bisogni immediati e il ruolo di assistenti sociali ? Vediamo ora brevemente il secondo filone di attività dell'Udi, quello della difesa degli interessi delle donne. Sin dal 1945 l'attenzione era rivolta ai diritti immediati e concreti, si può dire che l'Udi aveva una visione molto sindacale ed economica delle rivendicazioni femminili. In primo luogo veniva posto il diritto al lavoro quale condizione basilare per l'emancipazione femminile. Anche in questo caso occorre inserire nel suo contesto storico la rivendicazione. Infatti, se durante la guerra si era assistito ad un incremento dell'occupazione femminile, nel dopoguerra sia per il ritorno dei soldati alle occupazioni civili sia a causa della forte disoccupazione, le prime ad essere estromesse dalle imprese o a non trovare lavoro furono proprio le donne. La situazione si ripresentò più volte negli anni successivi, soprattutto nei momenti di crisi economiche e produttive, che vide le donne ad essere colpite per prime. Dunque in primo luogo il diritto al lavoro, e solo in secondo luogo il diritto alla parità salariale e alle stesse possibilità di carriera degli uomini. Questi ultimi diritti venivano rivendicati secondo una politica dei piccoli passi. Così si spiega nell'immediato dopoguerra la richiesta della parità tra uomini e donne limitata alla contingenza (quella parte del salario che copre l'inflazione). Non mi voglio dilungare sulle rivendicazioni relative al diritto al lavoro e più in generale a quelle riguardanti la condizione della donna lavoratrice, cito solo dei titoli in ordine sparso e senza la pretesa di essere esaustiva: la formazione professionale della donna, il divieto di licenziare il personale femminile in caso di matrimonio (divieto poi introdotto con legge nel 1963), il riconoscimento del diritto alla carriera nelle pubbliche amministrazioni (per citare solo un caso, allora era vietata alle donne la carriera di magistrato), la parità salariale che fu raggiunta a piccoli passi, la tutela del lavoro a domicilio, la tutela della salute della donna sui luoghi di lavoro, la tutela della lavoratrice madre, ecc. Tra parentesi ricordo che solo nel 1977 venne riconosciuta per legge la parità di uomini e donne sul lavoro, legge da considerasi una premessa per la rivendicazione successiva delle pari opportunità. Dunque dovettero passare oltre trent'anni dalla fine della guerra per giungere a questo primo riconoscimento. Per quanto riguarda i diritti delle donne fuori dall'ambiente di lavoro, l'Udi si occupò di tutte quelle questioni che toccavano da vicino e in modo diretto la vita quotidiana delle donne. Per fare solo qualche esempio, lotta al caro vita e al mercato nero, il problema della casa, ma soprattutto le questioni che riguardavano l'infanzia, quali la creazione di asili nido e scuole materne per alleviare il peso quotidiano della cura famigliare. A questo proposito, forte fu l'impegno affinché le pubbliche istituzioni intervenissero e forte fu la battaglia contro l'Onmi, l'Opera nazionale maternità e infanzia, definita allora "la federconsorzi dei bambini". L'Onmi fu poi sciolta nel 1975 come ente inutile. L'Udi sull'assistenza all'infanzia intervenne anche con iniziative dirette e proprie, soprattutto nell'immediato dopoguerra. L'unica inizativa di questo genere che durò per tutto il trentennio fu l'organizzazione di colonie estive per bambini. L'archivio documenta la presenza di colonie elioterapiche a Collegno nel 1948 e a Bruino nel 1950 e per lungo tempo una colonia dell'Udi a Pesaro. La visione sindacale delle rivendicazioni iniziò a subire un'evoluzione a seguito del dibattito del 1956 di cui ho già detto. Il dibattito e le riflessioni del 1956 che riguardarono la ricerca di una identità e di una maggiore autonomia dai partiti, furono la premessa per l'ampliamento di quella visione. Fu allora che l'Udi pose attenzione al rapporto donna - società, donna - uomo, che comportò la denuncia di una società maschilista e un'analisi sulla condizione psicologicamente subalterna della donna nei confronti dell'uomo, ed altro ancora su cui non mi dilungo. Gli effetti di questi nuovi modi di pensare si fecero evidenti nell'azione dell'Udi a partire dagli anni '60. A cominciare dalla maggiore attenzione per la condizione della donna casalinga di cui si voleva il riconoscimento del ruolo sociale. E' di questa epoca la rivendicazione della pensione alle casalinghe. Si trattò di una ampliamento significativo che segnala un'attenzione alla condizione generale della donna e non prevalentemente a quella della donna lavoratrice. In questo senso vanno inquadrate anche le rivendicazioni di servizi sul territorio quali gli asili nido, la scuola, il verde, centri culturali, presidi sanitari, ecc. , dunque rivendicazioni a vantaggio di tutte le donne e non solo delle lavoratrici. Un breve inciso sul divorzio, dibattito sviluppatosi soprattutto nella seconda metà degli anni sessanta e che ebbe un primo successo nella relativa legge promulgata nel 1970. Sul divorzio, l'Udi nazionale prese in questo periodo una posizione agnostica, né contraria né favorevole, adducendo la ragione che su questa questione erano presenti nell'associazione diverse sensibilità. Dall'archivio emerge che l'Udi di Torino era tra quelle favorevoli, espressione forse di una realtà sociale più avanzata nella quale la donna temeva di meno lo scioglimento del matrimonio e quindi la garanzia della sua sopravvivenza economica. Comunque sia, solo negli anni '70 si può cogliere una più ampia azione dell'Udi, tramite dibattiti e rivendicazioni su temi quali il diritto di famiglia, la maternità libera e consapevole, la violenza sessuale, ecc. Sicuramente incise su questo percorso dell'Udi la presenza crescente di gruppi femministi nei confronti dei quali fu aperto un confronto. Ho l'impressione che questo processo di evoluzione dell'Udi trovi una maturazione con il congresso del 1982 che introdusse profonde trasformazioni organizzative che ne valorizzarono l'autonomia e ne modificarono notevolmente il carattere. Prima di allora la struttura dell'Udi ricalcava quella delle organizzazioni della sinistra, cioè aveva una struttura piramidale con una forte direzione centralizzata. Dunque c'era un Comitato nazionale, i comitati regionali, i Comitati provinciali con le loro strutture di direzione ed esecutive, la periferia era organizzata in circoli territoriali, ecc. Nel 1982 il congresso decise di azzerare tutta la struttura, criticandone l'eccessiva forma istituzionalizzata e centralizzata, per sostituirla con una struttura leggera e fortemente decentrata. Vengono così creati i gruppi di interessi specifici su base locale, autonomi ed autoreferenziali, che potevano trovare momenti di confronto politico più generale nelle assemblee "autoconvocate". Tra l'altro la nuova struttura non prevedeva la presenza di funzionarie retribuite dall'associazione. Si trattò di una rivoluzione copernicana, influenzata forse, ne accenno senza approfondire, da due elementi: la necessità dell'Udi di confrontarsi con gli altri gruppi femminili su un terreno comune e dall'altra la necessità di trovare una struttura organizzativa diversa da quella forma partito della sinistra che cominciava a mostrare evidenti segnali di crisi. L'Udi torinese è stata una piccola associazione, quasi a gestione familiare, (le aderenti nel 1947 erano circa 13.000, scese già nel 1959 a 800)