Unione italiana dei lavoratori – UIL. Camera sindacale di Torino e Unione regionale del Piemonte

  • Storia

    Per ricostruire la storia della Camera sindacale UIL di Torino, si è fatto un estratto dell’articolo “L’archivio UIL Piemonte. Per una storia del lavoro” scritto da Fiorenzo Friolotto come presentazione dell’intervento di riordino e dei progetti i conservazione degli archivi sindacali UIL presso l’Istituto Salvemini di Torino.

    PRIMO PERIODO (1950 - 1962)
    Dalle origini alla contestazione
     
    Nel luglio 1948, in seguito all’attentato a Togliatti, all’interno del sindacato unico della CGIL avvenne un gravissimo scontro sulla decisione, da parte della componente social-comunista, di proclamare lo sciopero generale, e si verificò così una prima scissione: per iniziativa della Democrazia Cristiana e attraverso le ACLI (Associazioni Cattoliche Lavoratori Italiani), la corrente cattolica uscì dal sindacato unitario e costituì la LCGIL (Libera Confederazione Generale del Lavoro).
    Altro avvenimento significativo avvenne nel maggio del 1949, quando la componente PSLI della Camera del Lavoro (CGIL) del comune emiliano di Molinella, conquistò la maggioranza. La componente comunista assaltò la sede sindacale, provocando l’uccisione di una donna e il ferimento di 40 lavoratori. Fu l’occasione da cui prese le mosse un’ulteriore scissione interna della CGIL: su iniziativa dei Repubblicani e dei Socialdemocratici si costituì così la FIL (Federazione Italiani Lavoratori). A Torino la sede della FIL venne stabilita in piazza Maria Teresa, 2.
    Nello stesso periodo, gruppi autonomi o singoli lavoratori socialisti o che comunque non si riconoscevano nelle due organizzazioni secessioniste, lasciarono la CGIL senza costituire una specifica organizzazione sindacale. Nel mese di gennaio 1950 la FIL, nel suo congresso nazionale di Napoli, decise di confluire nella LCGIL.
    Non tutti erano d’accordo: soprattutto a Torino un numero consistente di aderenti alla FIL si oppose a quella decisione e nel congresso provinciale FIL che si tenne nel mese di febbraio 1950, 42 delegati si dissociarono.
    Il 5 marzo dello stesso anno i dissidenti della FIL e altri lavoratori autonomi costituirono a Roma la UIL nazionale e il 22 marzo, a pochi giorni dal convegno di fondazione, venne costituita anche la UIL di Torino.
    Il 1° maggio 1950 la LCGIL (Libera Confederazione Generale Italiana del lavoro) divenne CISL (Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori).
    La UIL a Torino si formò attorno al nucleo costituito dai “metallurgici”, guidati dai lavoratori del gruppo FIAT. Gli iscritti alla FIL Torino che rifiutarono di aderire alla CISL erano appunto quasi tutti lavoratori FIAT. Anche per questo sarà Torino a organizzare, oltre alla categoria provinciale anche la struttura nazionale della categoria “Metallurgici” divenuta poi “Metalmeccanici” (UILM: Unione Italiana lavoratori Metallurgici).
    Nel riunione del Direttivo della camera Sindacale UIL Torino che sancì l’adesione alla neonata UIL nazionale, erano presenti, oltre a esponenti dei metalmeccanici, anche altri del settore commercio, della Terra (agricoltura), dei tessili, dei chimici, degli Enti locali.
    Le altre categorie verranno tutte organizzate entro il 1960.
    La segreteria della Camera Sindacale di Torino fu affidata a Giuseppe Raffo, che era stato segretario di Ferruccio Parri prima di assumere la carica di segretario dei rappresentanti di commercio della CGIL. Raffo, con altri lavoratori torinesi aveva partecipato a Roma al Convegno di fondazione della UIL.
    La sede UIL a Torino agli inizi era in piazza Maria Teresa nei locali della FIL; nel mese di marzo 1951 fu trasportata in piazza Statuto 18.
    Le statistiche ufficiali ci fanno sapere che nel 1949, quando già si era verificata la scissione dei cattolici, la CGIL contava 5.037.039 iscritti, mentre la LCGIL ne contava 1.221.523.
    Nel periodo del “miracolo economico” era in atto un duro scontro tra due linee di strategia sindacale sulla retribuzione: da un lato la posizione della CGIL, che tendeva a riservare l’impostazione delle scelte sindacali alla struttura centrale (penalizzando le Commissioni Interne) e a non legare il salario alla produttività, dall’altro lato CISL e UIL tendevano a favorire la contrattazione decentrata con il coinvolgimento delle Commissioni Interne e di conseguenza accettando di adeguare le trattative alle realtà locali.
    D’altro canto, la tattica degli imprenditori puntava piuttosto a “concedere” una retribuzione variabile in rapporto alla produzione piuttosto che a contrattarla con le strutture sindacali.
    L’accordo sul conglobamento verrà firmato solo dalla CISL e dalla UIL e non avrà un percorso facile in quanto poche aziende lo applicheranno.
    I contrasti tra rappresentanze sindacali crearono un forte malumore tra i lavoratori e provocarono una caduta di consenso soprattutto nella FIOM, i cui tesserati a Torino nel 1953 scesero da 82.000 a circa 59.000.
    Sempre in quell’anno alla FIAT si registrò un fatto molto significativo: lo sciopero proclamato dalla CGIL contro la legge elettorale nota come “legge truffa” ebbe scarsissimo successo, mentre quasi tutti i lavoratori si fermarono compatti per sostenere una piattaforma rivendicativa unitaria sul premio di produzione e in difesa della Commissione Interna.
    I dati relativi alle elezioni per le Commissioni Interne FIAT del 1955, confermarono la crisi della FIOM (da 32.885 voti a 18.937), la parallela ascesa della UILM (da 5.889 salì a 11.628) e il recupero di consenso della CISL, che nelle precedenti elezioni aveva perso quasi 8.000 voti passati al SIDA e che invece divenne il primo sindacato.
    Il primato della CISL durò poco, perché la corrente interna che più si identificava nelle tematiche aziendali (Liberi Lavoratori Indipendenti e poi Liberi Lavoratori Democratici) ricostituì il SIDA, (Sindacato Dell’Auto) che nel 1958 ottenne 17.766 voti contro 16.149 della UILM, 14.153 della FIOM e solo 7.365 della FIM. Solo nell’anno 1962 la UILM riuscì con 25.906 voti a superare i 23.462 del SIDA e ottenere così il primo posto nelle Commissioni Interne.
    Culmine dello scontro furono i cosiddetti “fatti di piazza Statuto” del 1962.
    Alle origini della vicenda era la vertenza per il rinnovo del contratto nazionale metalmeccanici; nelle trattative con la FIAT, CISL e UIL sembravano aver raggiunto un accordo, che la CISL all’ultimo momento non firmò e che pertanto fu siglato solo dalla UILM.
    Questa scelta provocò uno scontro violento, anche fisico, contro la UIL, la cui   sede di Piazza Statuto venne presa d’assalto, con il conseguente intervento  delle forze di polizia.
    Nel 1962 la UIL si trovò così a fare i conti con due eventi di segno apparentemente opposto: da un lato il grande consenso dei lavoratori in FIAT, dall’altra la contestazione di piazza e il duro scontro tra organizzazioni sindacali, proprio davanti alla sua sede. 

    SECONDO PERIODO: 1963 – 1973
    Dalla contestazione all’unità sindacale

     
    Negli anni ‘60, in seguito alle grandi assunzioni da parte delle aziende Torinesi di operai provenienti prima dal territorio contadino del Piemonte, poi anche dal meridione d’Italia, la classe operaia a Torino si era ringiovanita e risultava formata da persone molto disponibili a sopportare i disagi del lavoro.
    Quando si resero conto di essere esclusi dai benefici che il loro lavoro produceva, a  vantaggio dei ceti medi, crebbe la disaffezione al lavoro e il malcontento si fuse con lo spirito di rivincita della vecchia classe operaia, che si sentiva sconfitta per le ristrutturazioni degli anni ‘50  e si creò un clima di alta tensione.
    La congiuntura economica negativa del biennio 1964-1965 frenò il conflitto sindacale, ma non il fermento innovativo dei lavoratori. Si costituirono leghe territoriali, sedi sindacali di categoria collocate vicino agli stabilimenti; si elaborano piattaforme rivendicative aziendali unitarie, soprattutto sulle condizioni di lavoro.
    Quando nel novembre 1967, gli studenti torinesi occuparono palazzo Campana, nella rivolta studentesca trovarono un’eco immediata le tematiche delle condizioni lavorative nelle fabbriche e si diede il via alla partecipazione degli studenti alle lotte operaie.
    Sotto la spinta dei metalmeccanici, nella base sindacale si verificò un processo innovativo, incentrato sul “gruppo omogeneo” di rappresentanza, ponendo così le basi per il passaggio dalle Commissioni Interne ai Consigli di Fabbrica, ma generando talvolta pesanti incomprensioni tra la base e i vertici del sindacato.
    Nel corso del 1969 si svolsero i  congressi della tre confederazioni sindacali, durante i quali le riflessioni sulla crisi della rappresentanza, pur evidenziando strategie diverse,  portarono a individuare alcuni elementi comuni, uno per tutti l’affermazione dell’incompatibilità tra incarichi sindacali e incarichi politici
    Nella UIL torinese, sulla spinta della UILM nazionale, prevalgono, non senza duri contrasti, scelte innovative soprattutto in funzione di una politica unitaria.
    Nel biennio 1968-1969, soprattutto in FIAT, tra i lavoratori ci fu un grande fermento, che travolse  le forme tradizionali di rappresentanza: cortei interni, assemblearismo, rifiuto della delega, rivendicazioni locali, egualitarismo, incontro con le forme di lotta del movimento studentesco, nascita di Lotta Continua e del periodico Potere Operaio.
    I vertici sindacali, abitualmente scavalcati, riuscirono a riprendere il controllo del movimento in parte assecondando quelle iniziative, in parte incanalando il consenso attraverso i Delegati, i Consigli di Fabbrica, l’unità sindacale.
    Sotto la pressione della base meno politicizzata, e nonostante la diffidenza iniziale dei vertici, si affermò l’esigenza di costituire un sindacato unitario; , e a tal fine vennero proposti congressi di scioglimento dei precedenti organismi e congressi di costituzione di federazioni unitarie. Nel maggio 1972, con un accordo di vertice, venne costituita la Federazione Unitaria senza annullare le tre Confederazioni.

    IL TERZO PERIODO (1974 – 1984)
    L’unità sindacale fino alla prima crisi

    La costituzione della Federazione Unitaria Nazionale e la spinta che provenne dalla Federazione unitaria metalmeccanici (FLM) stimolò alla costituzione di altre federazioni unitarie di categoria a livello nazionale e locale.
    Se da un lato la Federazione unitaria raggiunse dei risultati importanti, quali l’accordo del 25 gennaio 1975 con Confindustria per il punto unico della contingenza uguale per tutti, dall’altro le posizioni concilianti vennero contestate dai movimenti studenteschi, come accadde a Luciano Lama, segretario della CGIL il 17 febbraio 1977 durante un incontro all’Università di Roma.
    Tra il 1977 e il 1978 si svolsero i congressi delle tre Confederazioni sindacali e nel febbraio 1978 la Federazione Unitaria tenne un’assemblea all’EUR (Roma) nella quale l’adesione al governo del compromesso storico, fece esprimere alla UIL delle riserve.
    Il 24 gennaio 1979 venne assassinato Guido Rossa, sindacalista CGIL, operaio all’Italsider di Genova, colpevole di aver denunciato la distribuzione in fabbrica di volantini delle Brigate Rosse.
    Nel 1980 la Fiat annunciò 14.000 licenziamenti, e i sindacati risposero con lo sciopero a oltranza, che culminò il 14 ottobre 1980 con la cosiddetta “marcia dei 40.000”. L’accordo che venne raggiunto, nonostante la forte contestazione della base, ebbe come esito il ritiro dei licenziamenti, ma determinò la cassa integrazione per 23.000 dipendenti: fu la sconfitta del sindacato.
    L’intesa unitaria senza tentennamenti che si era verificata contro il terrorismo dovette invece fare i conti con posizioni divergenti sulla crisi: i 40.000 di Torino nel 1980 diedero il via alla modifica dello scenario sindacale e il referendum sulla scala mobile del 1984 sancirà la fine dell’unità strutturale del sindacato italiano.
     
    IL QUARTO PERIODO (1985 – 1993)
    Dalla crisi dell’unità, alla concertazione
     
    All’inizio degli anni ’80 si trovarono a convivere istanze unitarie e tendenze delle singole organizzazioni a differenziarsi riaffermando le proprie caratteristiche, il tutto senza rinunciare alla ricerca di posizioni concordate in una prospettiva unitaria. Ne scaturì un’interessante contraddizione: il sindacato, proprio mentre prendeva atto della fine dell’unità organica e strutturale, percepì chiaramente che, in un quadro politico pesantemente intaccato dalla crisi dei partiti, dalla corruzione e dalla conseguente crisi economica e finanziaria, rappresentava uno dei soggetti più vitali per il Paese in difficoltà. Ritrovò così una strategia unitaria che si tradusse nella concertazione.
    Nel 1984, per iniziativa di Democrazia Proletaria,e con l’adesione del PCI e della CGIL, inizia la campagna referendaria per ripristinare la scala mobile. Nel referendum del giugno 1985, il no ottenne il 54,3 % dei voti, con il risultato che la Confindustria disdisse l’accordo sulla scala mobile.
    Questa vicenda segnò una spaccatura tra la CGIL e le altre due confederazioni sindacali.
    Altro episodio significativo avvenne a metà degli anni ‘80, quando  ai lavoratori del Pubblico Impiego venne concesso il diritto al contratto triennale. Tale concessione provocò la nascita di molti sindacati corporativi e suscitò proteste tra le categorie di lavoratori non ammessi alla contrattazione, con il conseguente squilibrio nei servizi.
    Un altro segnale critico per la strategia sindacale fu il contatto integrativo FIAT del 1988. L’accordo aziendale venne firmato solo da FIM e UILM). La FIO, che aveva però firmato molti punti di intesa, firmerà solo in un secondo tempo.
    L’Italia deve fare i conti con drammatico vuoto di potere derivato dalla crisi dei partiti. Ed ecco che le cosiddette “parti sociali” cioè imprese e sindacati, trovano un fondamentale accordo di concertazione con il governo tecnico per salvare l’economia in crisi con un’accorta politica dei redditi firmata il 3 luglio 1993.