Partigiano della Brigata "Longhi", Divisione Garibaldi "Coduri", VI Zona Operativa Liguria.
Nel Fondo "Bartolozzi-Divisione Garibaldi Coduri", busta 1, fascicolo 1, conservato all'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea - Ilsrec - di Genova è reperibile una copia della sua testimonianza relativa alla sua vita ed agli eventi nell'area di Sestri Levante (GE) tra la Prima e la Seconda guerra mondiale.
Operaio nei cantieri navali di Riva Trigoso (GE), il suo racconto inizia con la diffusione della coscienza proletaria tra lui e i suoi colleghi grazie all'arrivo da altre località di giovani apprendisti pronti ad insegnare ai ragazzi locali a comprendere i temi dello sfruttamento cui erano sottoposti. Queste sono le radici della maturazione della coscienza di gruppo tra i lavoratori di Riva, ansiosi di far valere i propri diritti. Nel 1909 viene fucilato in Spagna Francisco Ferrer, apostolo della contestazione delle classi dirigenti, un fatto dalla grande ripercussione sui suoi colleghi: si indice così il primo sciopero, con i dipendenti dei cantieri giovani ed anziani che escono in corteo per le vie della città. Le autorità non avrebbero accettato questa dimostrazione se questa avesse assunto una tinta marcatamente proletaria, ma gli organizzatori la dipintono come "anticlericale" ed è perciò accettata. Il secondo sciopero avviene nel 1912, anno in cui un giovane Mussolini socialista partecipa ad Ancona alla "Settimana Rossa" di proteste e ne diventa capo; Riva risponde e tutti i lavoratori si fermano.
Nel 1915-18, per rimpiazzare la manodopera partita per la guerra, giungono a Riva numerosi lavoratori italiani dalla Francia, dalla coscienza fortemente battagliera che riesce a dare un'ulteriore spinta agli operai locali e che arriva ad indire le prime "Leghe Sindacali" in difesa dei lavoratori. Ne scaturiscono le prime rivendicazioni sindacali e la lotta per le 8 ore di lavoro. Numerosi sono i cortei che vengono organizzati nella zona da queste ultime. Si crea anche la prima "Camera del Lavoro". Terminata la guerra, Uzecchini e gli altri reduci trovano una situazione assai cambiata con forte disoccupazione e malcontento. Grazie a uomini capaci insediatisi nei posti di direzione, essendosene andati i dirigenti, il lavoro torna; eppure, per troppo poco tempo. I "popolari", poi Democrazia Cristiana, fanno aumentare le defezioni e le prime organizzazioni muoiono in breve tempo. Quando torna la direzione, infine, scatena un'ondata di licenziamenti nella quale si ritrova anche Uzecchini. Loro, i "rossi", si dirigono in Francia alla ricerca di lavoro mentre in Italia sorge il fascismo. Iniziano le persecuzioni, le uccisioni, la caccia al comunista, e molti suoi compagni finiscono torturati ed ammazzati. La loro fuga oltrefrontiera è gradita ai fascisti, che in questo modo si liberano di pericolosi comunisti, ma anche ai francesi per via della comune fede politica. Egli, come altri numerosissimi italiani, trova lavoro nel nord della Francia e qui riceve ottime paghe ed un trattamento umano da parte dei proprietari. Il suo miglior amico e maestro nell'approfondimento del comunismo è un certo Bacigalupo di La Spezia quest'ultimo li convince a rientrare in Italia per combattere il fascismo e così fanno, ritrovando il lavoro per via della forte richiesta di manodopera per armarsi in vista della nuova guerra. In un momento di crisi, Uzecchini si sposta a lavorare all'arsenale di La Spezia ma i dirigenti di Riva, indispettiti per il trasferimento di così tanti lavoratori, denunciano il loro gruppo e li mandano a processo a Torino: qui vengono tutti riconosciuti colpevoli di diserzione e condannati ad un minimo di sette anni di carcere. Grazie ad un'amicizia importante, tuttavia, evitano la pena.
Uzecchini entra infine nella commissione interna del suo originario luogo di lavoro, i cantieri di Riva, che tuttavia è in crisi per la carenza di commissioni. Il racconto termina così, pochi giorni dopo la Liberazione.