Membro di una benestante famiglia antifascista di origine polacca trasferitasi in Dalmazia, suo padre Napoleone Wronowski aveva partecipato ai moti del 1863, una delle più lunghe rivolte polacche contro l'impero russo.
Casimiro nacque a Lesina - Hvar -, era un patriota irredentista che frequentava i circoli di Zara che si rifacevano al Tommaseo e studiò Legge a Pisa, svolgendo attività di giornalista. Venne scoperto dal direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, che lo assunse nel 1909.
La madre, Anita "Nella" Titta (sorella del famoso baritono Titta Ruffo), lo conobbe sui banchi di scuola; insieme crearono la loro famiglia e dopo l'assunzione di Casimiro si stabilirono a Milano.
Nel 1924, dopo l'omicidio di Giacomo Matteotti (zio acquisito in quanto marito di Velia Titta, sorella di Nella) Casimiro si dimise dal suo incarico per protesta. Da benestante che era, la famiglia cadde in miseria e si trasferì a Finale Ligure (SV) per fare respirare aria di mare ai figli Pier Lorenzo e Francesca Laura, afflitti da problemi alle ghiandole linfatiche.
Nel 1938 morì la zia Velia e i figli di Matteotti vennero affidati alla famiglia Wronowski; la casa di Lavagna era troppo piccola per accogliere tutta la nuova famiglia e nel 1940 decisero di trasferirsi a Chiavari (GE). Tuttavia il padre rimase a lavorare a Milano fino al 1943, ospite della sorella. In seguito ai violenti bombardamenti subiti dalla città decise di raggiungere la famiglia a Chiavari. Tra la notte del 31 dicembre e il 1 gennaio 1944 Casimiro venne arrestato dai fascisti e condotto alla Casa dello Studente di Genova, sede della Gestapo e luogo famoso per le atroci torture perpetrate a danno dei prigionieri. Lasciarono invece libera la madre, che poco tempo dopo raggiunse la figlia Francesca Laura in montagna (partigiana con i nomi di battaglia di "Chicchi", "Kiki" o "Laura") in quanto affetta da flebite. Lo scopo dell’arresto era quello di estorcere informazioni utili su Francesca e sulla sorella di Casimiro Natalia, sposata con Antonio Zolesio (Umberto Parodi), ricercato numero uno della brigata. Fu tenuto in prigionia per due mesi condividendo la cella con il giudice Nicola Panevino. Fu infine liberato grazie ad uno scambio con un ufficiale tedesco.
E' padre di Pier Lorenzo (Carlo), Francesca (Chicchi) e Mario, tutti partigiani.