Per vendicare la scomparsa di due soldati tedeschi avvenuta lungo la strada Castelvecchio-Pontedassio (IM) il 7 o l'8 gennaio 1945, furono fucilati 10 garibaldini tra i partigiani catturati in Val Prino, arrestati il 9 gennaio o direttamente prelevati dalle carceri di Oneglia ad Imperia da parte di soldati tedeschi del 34 I.D. Grenadier-Regiment 80 il 31 gennaio 1945 lungo la salita di Capo Berta, che unisce Oneglia a Diano Marina (IM). Altri 4 patrioti processati dal tribunale tedesco (Adler Oscar Brancaleoni, Doriano Mizar Carletti, Matteo Stella Cavallero, Ernesto Austriaco Deri) furono barbaramente fucilati il 09 o il 15 febbraio 1945 dietro il cimitero di Oneglia.
Responsabile in larga misura di questi eccidi e di altri, che si verificarono da gennaio 1945 alla fine della guerra, fu una donna la cui identità rimase a lungo celata, tanto che fu conosciuta con lo pseudonimo di "donna velata": Maria Concetta Zucco, la cui prima infanzia è trascorsa ad Antibes in Francia, essendovisi trasferita la famiglia dalla Calabria per sfuggire alle persecuzioni fasciste. Da ricerche effettuate e dalle risultanze del processo a suo carico, che si svolse nell'immediato periodo post-bellico, si può affermare che il suo arrivo in provincia di Imperia avvenne nell'estate del 1944, per alcune fonti il 15 agosto. Infatti, arrestata dai nazisti nella cittadina francese e condotta in Italia per essere avviata al lavoro coatto in Germania, riuscì fortunosamente a fuggire; già in Francia aveva fatto parte delle formazioni fasciste Azione Nizzarda e poi era stata reclutata dallo spionaggio fascista perché incaricata di infiltrarsi nel movimento partigiano, attraverso il valico di Ventimiglia (IM). Nuovamente arrestata con altri dai nazifascisti nei pressi di Alassio (SV), lei ed un uomo in sua compagnia vennero liberati da partigiani della I° Brigata "Silvano Belgrano" della Divisione "Silvio Bonfante". Da Alassio si spostarono ad Imperia, dove in qualche modo li nascose Salvatore Cangemi, direttore del carcere di Oneglia ma segretamente antifascista, tanto da essere un dirigente clandestino delle Brigate SAP a Oneglia.
La donna velata, convinta a collaborare con il nemico, entrò dunque a fare parte di gruppi partigiani della I^ Zona Operativa Liguria. Poté così vedere i volti ed apprendere le generalità ed i nomi di battaglia di molti patrioti. Ma anche memorizzare le sedi di comando di molte formazioni, luoghi di incontro tra le staffette cittadine e i combattenti di montagna e, soprattutto, generalità ed abitazioni dei civili, che appoggiavano i partigiani prestando loro molte forme di aiuto. Maria Zucco, per dare più peso alla sua finzione di essere una patriota, prese parte con grande energia ad alcune azioni di guerriglia, come quella che portò alla liberazione - con la complicità del già detto Gangemi, direttore del reclusorio - dal carcere di Oneglia del garibaldino Eraldo Guasco (K. 13), comandante di un Distaccamento della IV^ Brigata "Elsio Guarrini".
Nei primi giorni di novembre del 1944 la donna velata, dicendo di essere sospettata dalle autorità nemiche, chiese ai comandi partigiani di poter tornare nella Francia del sud, dove sosteneva di avere alcuni parenti. I partigiani confidarono nella buona fede della Zucco, per cui le venne concesso dal capo del S.I.M. Adolfo Stenca (Rino) di sistemarsi con l'amica in casa della staffetta partigiana Giuseppe Mela (Sacchetto) [della IV^ Brigata "Elsio Guarrini". Con questi suoi amici passò di banda in banda fino a raggiungere il confine. Ma mentre essi proseguirono per Nizza la Zucco, portata ormai a termine la sua scaltra azione di infiltrazione nel movimento resistenziale, tradendo in modo vile i compagni che le avevano dato aiuto fraterno, si fermò in Italia. Per rendere più agevole la sua opera di delazione venne trasferita dai fascisti in un'abitazione, attentamente sorvegliata da loro, ad Oneglia, in pieno centro cittadino di Imperia. Nel tentativo di non essere riconosciuta cambiò abbigliamento, coprendosi il volto con velo o cappuccio - da cui in seguito la definizione di donna velata - ed occhiali, spesso vestendo la divisa repubblichina delle Brigate Nere. Nel gennaio 1945 assume, con il grado di Capitanessa, il comando del Corpo Ausiliario, costituito da alcune decine di donne imperiesi figlie di immigrati che si era costituito nel dicembre dell'anno precedente. La Zucco iniziò subito la ricerca di coloro che aveva conosciuto in montagna: diventò l'anima della lotta antipartigiana, instancabile nei rastrellamenti, sadica torturatrice, sempre a fianco dei figuri fascisti più tristementi noti, il capitano Borro, i tenenti Vannucci e Lo Faro, il capitano Giovanni Ferraris. Tra l'8 e il 9 gennaio 1945 vennero catturati una ventina di uomini, che furono esaminati dalla spia Zucco, che riconobbe in loro diversi partigiani, ma non in un primo momento Adolfo Rino Stenca.
L'11 gennaio avvenne un rastrellamento nella zona S. Lucia-Budamà durante il quale vennero fermati alcuni uomini, poi portati alla caserma della Gnr, interrogati e percossi. Il ricercato principale era Salvatore C. [Salvatore Cangemi], che tuttavia riuscì a fuggire e a nascondersi in un rifugio sotterraneo. Zucco e gli altri militi della Gnr, arrivati nella sua abitazione, trovavano soltanto la signora Lucia I., la donna che per prima aveva ospitato Maria al suo arrivo in Italia, a letto perché degente dopo aver subito un’operazione chirurgica. La donna venne trasportata all’ospedale di Oneglia, sottoposta alle prime torture e successivamente, nonostante il parere contrario del medico, portata alla caserma della Gnr. Ripresero così gli interrogatori durante i quali la “donna velata”, coadiuvata dal tenente V. e da altri militi, percosse la vittima seviziandola con scudisci, bastoni, corde, bruciature in vari parti del corpo tra cui gli organi genitali e il seno e l'ingestione forzata di un liquido che provocava problemi viscerali.
Per trovare Stenca il 14 gennaio venne effettuato un rastrellamento a Sant'Agata, Frazione di Imperia, guidato dalla stessa donna velata, nel corso del quale fu tratto in arresto Faustino Zanchi, Libero, comandante di distaccamento della I^ Brigata S.A.P. "Walter Berio". Gli andò incontro la Zucco urlandogli "Tu sei Rino Stenca.Ti abbiamo preso!" e, tiratolo per il bavero, gli spaccò una guancia con il calcio di una pistola. I fascisti intendevano conoscere il luogo dove si nascondeva Stenca, riconosciuto per caso proprio dalla donna velata in un gruppo di patrioti catturato in precedenza. Rino venne condotto alla caserma della Muti da dove fu prelevato per essere condotto alla fucilazione. La Zucco condusse nuovamente i fascisti a Sant'Agata il 17 gennaio 1945; nei giorni successivi partecipò anche ai rastrellamenti di Andora, Stellanello (SV) e di gran parte dei paesi della Val Prino e della Val Impero. A Carpasio l'8 aprile 1945 la donna velata guidò il rastrellamento compiuto - mentre molti abitanti andavano verso la chiesa per ascoltare la Messa del giorno di Pasqua - anche con saccheggio del paese da militi repubblichini e da tedeschi. Nella triste occasione vennero uccisi 3 civili, Silvio Bonfiglioli, Vincenzo Invernizzi e Mario Cotta, barbaramente trucidati nelle vicinanze del cimitero, e ferirono altre 10 persone.
Catturata a Valenza Po (AL) a guerra appena finita venne condotta nelle carceri di Imperia ma, dichiarandosi incinta, riuscì a rallentare l'iter giudiziario; il processo per collaborazionismo, seguito con grande partecipazione emotiva dalla collettività imperiese, si celebrò nel novembre 1946 e si concluse con una condanna a 30 anni di reclusione. Dopo averne scontati soltanto nove, la Zucco uscì dal carcere nel maggio 1954.
Fonti: Gimelli, Franco, Battifora, Paolo, "Dizionario della Resistenza in Liguria", DeFerrari Editore, Genova 2021, pp.477-478