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Intervista a Ermes Ardizzone

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  • Tipologia
    audiovideo
  • Data
    14 maggio 2015
  • Descrizione
    Intervista rilasciata nell'ambito del progetto St.of.Fa Stories of Fashion.
    Ardizzone racconta la propria carriera a partire dal 1954, quando appena diplomato viene assunto al Lanificio Loro Piana dove resta 23 anni.
    All'epoca il Lanificio produceva tessuti da donna, ma l'ing Franco Loro Piana voleva riprendere la produzione dei tessuti uomo abbandonata dagli anni '20.
    Dopo una fase di tutoraggio con un disegnatore esterno, Loro Piana lo esorta a proporre qualcosa di proprio e diviene capodisegnatore. All'epoca si usavano le bunch, le mazzette grandi (circa 25 cm.); Ardizzone propone mazzette di 10-12 cm. con presentazione su carta diversa da quelle che si utilizzavano abitualmente. Loro Piana testa la nuova forma di presentazione del campionario con due clienti che la apprezzano. Nel frattempo gli viene affidato anche il campionario donna.
    In quegli anni mette a punto un nuovo tessuto, l'art 531, un tessuto rivoluzionario in termini di peso che sarà poi brevettato come Tasmania alla fine degli anni '70. Dopo 23 anni si mette in proprio.
    Superate le prime difficoltà nella confezione, il tessuto ha un successo straordinario.
    Passa quindi ai tessuti mohair e kid mohair, in cui erano specializzati Lanificio Cerruti e Lanificio Loro Piana e davano un tessuto iridescente, spiegando la differenza tra lucido e brillante.
    Si sofferma sull'evoluzione del gusto sia in Italia che nel mondo e sulla attuale rinascita di tessuti del passato.

    Si dilunga sulle modalità di elaborazione di una campionario, sullo studio di nuovo tessuti e sulle loro applicazioni, nonché sui rapporti con i grandi stilisti come Mila Schon, Basile, Armani, e molti altri.

    La parte finale dell'intervista è dedicata alla sua lunga esperienza in proprio durante la quale ha sviluppato tessuti in lino e cotone con caratteristiche innovative e le consulenze per le altre aziende biellesi con le quali ha collaborato.
    Analizza infine l'approccio biellese nei confronti della confezione, le opportunità sfruttate e quelle perdute.
    Un ulteriore argomento che affronta è la difficoltà dei creativi di sviluppare la propria azienda nel mercato, lo scarso sostegno che lo Stato concede alla professione creativa che potrebbe essere un motore di sviluppo, l'inadeguatezza della formazione.

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