Osvaldo Aleati (ospitato alla Casa Benefica dal 1934 al 1937) e Giovanni Ferraris (che rimase alla Benefica dal 1935 al 1942) raccontano il periodo della loro permanenza nell’Istituto. I bambini, orfani o temporaneamente in affido, potevano rimanere nella struttura dai sette anni fino al compimento del ventunesimo anno di età. In genere si trattava di minori senza mezzi economici; diversamente venivano affidati agli istituti “Bonafous” o “ Artigianelli”. Gli assistenti non venivano pagati, ma ricevevano come compenso vitto ed alloggio. I racconti di Aleati e Ferraris tratteggiano una vita di grandi difficoltà: i bambini erano sottoposti ad una disciplina rigorosissima, al limite del sadismo. Il vitto era scadente (composto per lo più dagli scarti della mensa dell’ACT Alleanza Cooperativa Torinese), le punizioni frequenti, nessuno di loro disponeva di un giocattolo. Nell’istituto non era presente un medico, ma solo un infermiere che dispensava esclusivamente olio di fegato di merluzzo o olio di ricino.