I primi ricordi sono legati alla scuola materna, in Belgio e alla “casa dei bambini” di Arcachon, in Francia.
Ricorda Rita Montagnana come “allegra e materna” e suo cugino, Aldo Togliatti, definito come un amico “gran chiacchierone” di cui lui si sentiva un po’ succube. Nel 1933, a nove anni, con la madre, la sorella e i figli dei compagni Ciufoli e Adele Bei (arrestati in Italia), raggiunge a Mosca il padre che era stato inviato in Russia come rappresentante del PCd’I presso il Comintern. A Mosca alloggiano all’Hotel Lux; il padre lavora al Comintern e la madre entra in una fabbrica dove si occupa di dipingere i volti delle bambole.
Gli anni sovietici trascorrono per lui piacevolmente: durante i mesi estivi viene iscritto alle colonie russe, dove impara discretamente la lingua, a giocare a scacchi e a spigolare il grano. In autunno inizia a frequentare la scuola, dove perfeziona la conoscenza del russo. A Mosca ricorda che i genitori frequentavano Germanetto, Pastore, Togliatti e Marabini. Con suo grande dispiacere, nel 1935, lasciano Mosca e, passando dalla Polonia, ritornano in Francia e vanno ad abitare appena fuori Parigi, presso un barbiere italiano (Bittuzzi) che faceva da copertura. In Francia frequenta la IV elementare. Qui li raggiunge, da Torino, la nonna paterna Consolina Segre, una donna dal carattere piuttosto deciso e la zia Elena da Mosca. Per tutto il periodo scolastico ricorda di essere stato costretto a cambiare spesso il cognome (Roncoli, Bernard, Levy), essendo figlio di illegali.
Casa Montagnana era frequentata da molti compagni: Amendola, che gli aveva insegnato la boxe, il compagno “Grillo” (forse Pellegrino), Ugolini, Di Vittorio, Ruggero Grieco con la moglie, Berti, Felice Platone, Sereni. Ricorda il periodo del Fronte popolare, con l’elezione del 72 deputati comunisti e le conquiste sindacali (40 ore settimanali e le ferie pagate). Il padre in quegli anni lavora come direttore del giornale La Voce degli Italiani (soppresso poi nel 1939). Dopo il patto Molotov-Ribbentrop, i francesi arrestano prima il padre e poi la madre; lui scappa in Bretagna con il figlio di Luigi Longo, quindi torna a Parigi, occupata dai tedeschi. I due ragazzi vanno ad abitare insieme, aiutati dalla moglie di Felice Platone. Abbandona la scuola e vive di piccoli lavoretti. Il Partito organizza il suo trasferimento a Mosca ma nel frattempo la Germania invade l’URSS e la cosa diventa impossibile. I genitori, scarcerati, riescono a fuggire in Messico e a lui non resta che chiedere il rimpatrio in Italia attraverso il Consolato. Nell’agosto 1941 arriva a Torino con il foglio di via, non conosce l’italiano e parla piemontese, dorme dal nonno materno in via Santa Giulia e mangia dalla nonna materna nella casa dei Montagnana in Borgo San Paolo, in via Monginevro. In Italia riceve una diaria di 10 lire al giorno come rimpatriato dall’estero e va a lavorare alla Fiat come apprendista fresatore.
La registrazione si interrompe bruscamente dopo 91’ e 40”