Giorgina Levi intervista, il 16 ottobre 1979, Renato Graziani presidente dell’ARCI di Novara.
Renato Graziani ricorda che, nell’immediato dopoguerra, la discussione nei due grandi partiti della sinistra, verteva sulla possibilità di democratizzare l’ENAL oppure di creare una propria organizzazione culturale. L’ARCI nacque ad opera di Alberto Jacometti (che fu per anni poi presidente dell’ARCI), Ciro Gastone e altri di cui non ricorda il nome, e venne pensato come uno strumento per salvaguardare i circoli, le case del popolo e le loro proprietà immobiliari. Segue una lunga digressione sull’esperienza circolistica nel comprensorio di Novara: nata alla fine del XIX secolo, ebbe, in quella zona, uno sviluppo notevole, garantendo luoghi di aggregazione e ricreazione anche nei piccoli centri di montagna. Durante la dittatura fascista, molte case del popolo furono distrutte ed altre assorbite dal Partito fascista, attraverso falsi atti di donazione, imperfetti e pertanto invalidati alla Liberazione. Nell’immediato dopoguerra i circoli tornarono a svolgere la loro funzione di aggregazione e ricreazione per operai e contadini della zona, luoghi di riunione per decidere azioni politiche e sindacali. Nella prima metà degli anni ’50, circoli e case del popolo dovettero affrontare una nuova sfida. Graziani ricorda che, durante la campagna elettorale della Legge truffa, furono chiusi dall’ENAL, nella sola provincia di Novara, 14 circoli con tutte le scuse possibili. In quegli anni invalse la regola che nei circoli e nelle case del popolo non potessero essere introdotti giornali di partito, ma solo La Stampa, La Gazzetta del Popolo e Tuttosport, regola cui la dirigenza dei circoli si attenne anche nei 10, 15 anni successivi, senza alcun motivo apparente. Ma, nonostante ciò, i circoli, soprattutto nel basso novarese, furono, negli anni 50, il fulcro della attività sindacale dei lavoratori agricoli: Graziani ricorda che in certi paesi il campanile suonava Bandiera Rossa e tutta la popolazione si riuniva nel circolo. L’ARCI nazionale venne fondato a Roma per iniziativa di comitato promosso dai circoli di Bologna, Firenze, Novara, Pisa e Torino. Graziani ricorda di aver organizzato, in quegli anni, assemblee in diversi circoli per convincere i compagni comunisti e socialisti ad abbandonare l’ENAL e aderire all’ARCI. Fu un momento piuttosto complesso perché l’ENAL era percepito come un luogo sicuro, capace di garantire continuità mentre l’ARCI costituiva una novità che non offriva grandi garanzie.
Graziani presenta l’immagine dell’esperienza circolistica di Novara degli anni ’60: una realtà con numero di iscritti in aumento, in cui una dirigenza giovane si impegna con un grande lavoro di tipo volontario. Affronta poi il problema dei circoli aziendali, ancora molto legati all’ENAL, segnati da una mentalità dopolavoristica, con poca attenzione all’attività culturale e al territorio. Segnala inoltre che questo tipo di circoli, presenti solo nelle grandi aziende, costituiscono di fatto un elemento discriminatorio tra i lavoratori.
Giordani parla quindi del CTO, organismo unitario, sorto una decina di anni prima per iniziativa di ARCI, ACLI e ENDAS, con la volontà di costruire delle iniziative unitarie. Delinea infine la struttura dell’Arci in Piemonte, in cui il territorio è suddiviso in 14 zone, con una presenza di circoli non omogenea: la zona di Novara conta 75 circoli ARCI, oltre a quelli di altre federazioni. In altre province (ad esempio Cuneo) la situazione è molto diversa.