Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci di Torino - Polo del '900

Giorgina Levi intervista Filiberto Rossi sulla sua esperienza alla direzione dell’UISP e dell’ARCI

Audiovisivo
  • Segnatura definitiva

    Fipag/GA_Levi/Audio, raccoglitore 5, audiocassetta 11.2

  • Durata

    44 minuti, 56 secondi

  • CRONOLOGIA* E ALTRE DATAZIONI

    • Definizione cronologica 7 marzo 1980
    • Datazione * 7 marzo 1980

  • Descrizione

    Filiberto Rossi, dal maggio 1954, fu a capo dell’UISP torinese, in sostituzione di Dino Sanlorenzo, chiamato a far parte della dirigenza della FGCI locale. Rossi ricorda che quelli furono anni complessi per l’associazionismo democratico impegnato nella ricostituzione del ruolo delle federazioni sportive e del CONI, segnate dal coinvolgimento con il fascismo. Si trattava di costruire delle aggregazioni capaci di operare, non solo nell’ambito di manifestazioni ufficiali, ma soprattutto come strumenti dell’impegno democratico per il rinnovamento dello sport. Nel 1956,  l’UISP, con il partito comunista, le case del popolo e i circoli operai diede vita all’ARCI come risposta alla politica repressiva di Scelba. Filiberto Rossi fece parte della segreteria dell’ARCI dalla sua fondazione. In quegli anni l’UISP superò la fase di collateralità ai partiti assumendo un ruolo di interlocutore diretto dello Stato nell’elaborazione di una politica sportiva realmente popolare e democratica. L’UISP era presente nei quartieri torinesi e in provincia e in alcune zone specifiche del Piemonte. Le attività proposte erano il ciclismo e il calcio anche se già si tentava di organizzare attività nei settori sportivi allora meno seguiti come la pallavolo, la pallacanestro, il pattinaggio, l’atletica leggera. Le società sportive svolgevano un importante ruolo di aggregazione ed inserimento per i giovani soprattutto per coloro che appartenevano a famiglie di immigrati (nel 1957/58, circa l’80% dei partecipanti era di origine meridionale).  
    Nel quinquennio 1954/1959 l’UISP contava solo un centinaio di società associate, con un tesseramento di quasi 8000 atleti; un’associazione simile, ma di taglio confessionale come il CSI, ne aveva circa 20000. Negli anni successivi, con una grande azione politica unitaria, si riuscì ad arrivare a 800 associazioni iscritte e 35000 tesserati. A fronte della crescita dell’UISP, nell’ARCI si era verificata una stasi dell’attività di promozione culturale, mentre si manteneva un buon rapporto con i circoli operai. Rossi ricorda che nel 1967 venne chiamato, insieme a Bottazzi e Volterrani, alla presidenza provinciale dell’ARCI di Torino: fu un momento di crisi e di tensioni interne che sfociarono, nel 1971, in un congresso straordinario, durante il quale i gruppi dirigenti dell’UISP e dell’ARCI posero le basi per quel processo di unificazione dei due enti sotto la sigla ARCI (anche se l’UISP continuò ad esistere come organizzazione sportiva interna). L’ARCI divenne quindi l’associazione di tutti gli ambiti di espressione del tempo libero di giovani e lavoratori, portando, secondo i principi del “decentramento culturale” sport e cultura nei quartieri, nei comuni della provincia e nei piccoli centri del Piemonte. Oltre allo sport ed al teatro, l’azione dell’ARCI si indirizzò anche verso il settore del cinema, promuovendo su questo tema un importante convegno del 1966 a Grugliasco. Da quell’iniziativa ebbero origine i Circoli del Cinema che organizzarono autonomamente cicli di proiezioni nelle scuole e nei circoli operai. Rossi, a questo proposito, ricorda in particolare il ciclo di film sulla Resistenza organizzato dall’ARCI e dall’AIACE che, per il trentennale della liberazione, vide proiezioni nei principali comuni del Piemonte, nei circoli, nelle scuole ed anche in molte caserme. Un altro dei settori cui l’ARCI dedicò molta attenzione (anche se con scarsi risultati) fu quello dei circoli aziendali anche per la carente partecipazione delle forze sindacali. Venne costituito, intorno al 1974/1975, un Comitato interassociativo Circoli aziendali cui parteciparono i CRAL dei comuni, della SIP, dell’ENEL, della Michelin ed anche il dopolavoro ferroviario, mentre la FIAT ed in parte la Olivetti ne rimasero estranee. Rossi torna poi sull’esperienza del “decentramento culturale” come esperienza principe degli anni ’70 e conclude l’intervista con una sorta di panoramica sulla situazione della UISP al 1980.

     


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