Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci di Torino - Polo del '900

Giorgina Levi intervista Ugo Berga e Cesira Jona sulla famiglia Montagnana

Audiovisivo
  • Segnatura definitiva

    Fipag/GA_Levi/Audio, raccoglitore 5, audiocassetta 12

  • Durata

    1 ora, 11 minuti, 20 secondi

  • CRONOLOGIA* E ALTRE DATAZIONI

    • Definizione cronologica 14 luglio 1980
    • Datazione * 14 luglio 1980

  • Descrizione

    Ugo Berga inizia l’intervista parlando della nonna e della sua appartenenza all’ebraismo. Ricorda che abbandonò ogni manifestazione di culto allo scoppio della prima guerra mondiale, anche se rispettò sempre la casherut, relativamente alla carne di maiale; continuò a digiunare a Kippur ed a mangiare le azzime a Pesach. Leggeva il periodico Israel e per tutta la vita usò con i figli il giudaico-piemontese. Di fatto non rinnegò mai la sua appartenenza all’ebraismo. Negli anni mantenne i rapporti con i Treves, con gli altri Montagnana di Milano e con i Muggia. A seguito dell’emanazione delle leggi razziali, si creò per i Montagnana un problema essenzialmente economico; Ugo studiò per conto proprio, affrontando poi l’esame da privatista e trovando lavoro come commesso in un negozio di radio, con una paga ovviamente bassissima. La madre era sarta e continuò a lavorare segretamente, mentre i Muggia che avevano una farmacia dovettero cederla. Clelia, dopo lo scoppio della guerra, venne internata, come ebrea antifascista e mandata in domicilio coatto con altri 40 ebrei torinesi (tra i quali Berga ricorda: l’ing. Mario Levi, Carlo Levi, Umberto Jona ed altri). Clelia venne inviata, insieme a Mario Levi, ad Ateleta, in Abruzzo e lì rimase fino al luglio del 1943. Le veniva pagato un sussidio giornaliero che le permetteva di vivere senza grandi problemi tra persone che le si dimostrarono sempre umanamente vicine. Gli altri Montagnana erano sparsi per il mondo: in Russia, Australia, Francia, Svizzera e Bolivia. Mario e Anna Maria, in Francia, vennero internati nel campo di Le Vernet mentre il figlio Franco, rimasto solo, cercò di fuggire in Russia, ma la Germania aveva attaccato l’URSS e, nell’estate del 1941, riuscì a rientrare in Italia, dichiarando che si sarebbe recato dal nonno materno che non era ebreo. In Italia diede gli esami integrativi ed entrò prima alla FIAT (falsificando l’atto di nascita per non dover dichiarare di essere ebreo) e poi alla Carrozzeria Mandelli, dove prese contatto con i compagni del partito rientrati in Italia dalla Francia (Nella Marcellino, Togliatti e William Valsesia). Nel febbraio del 1942 venne precettato in quanto ebreo per fare lavoro coatto, insieme ad altri 200-300 persone. Vennero inviati prima a spalare la neve poi a scaricare camion di legna, infine a lavorare in un villaggio rurale al Regio Parco. Berga ricorda di aver festeggiato insieme ai compagni la caduta di Mussolini, il 25 luglio del 1943, e di essere entrato, nello stesso giorno, ufficialmente nel PCI. Dopo il 25 luglio, tornata Clelia dal confino, sfollarono con la famiglia a La Balma, frazione di San Giorio di Susa. Berga racconta che con Franco Momigliano, in bicicletta, andavano in collina a vedere gli incendi e le distruzioni provocate dai bombardamenti. L’otto di settembre vide i soldati buttare le armi e i tedeschi occupare il centro città. Riuscì quindi, aggregai ad un gruppo di alpini,  a scappare con l’ultimo treno, e in quel momento ebbe inizio la sua avventura partigiana in Val di Susa, mentre Franco Montagnana venne inviato dal partito in Val Pellice, a Rorà. In quei giorni venne decretato per gli ebrei l’ordine di consegnarsi alle autorità e la conseguente requisizione delle loro abitazioni. In Val di Susa nessuno li denunciò e anzi i contadini dimostrarono loro una forte solidarietà. Berga ricorda che furono mesi terribili e lunghissimi: si sapeva che gli ebrei venivano deportati ma non che venissero sterminati.
    Nonna Montagnana venne a sapere dove si nascondeva Franco e partì dalla Balma recandosi prima a Torino e poi a Pinerolo e infine a Rorà per poterlo vedere. Nonna Cita viveva una situazione drammatica: solo Clelia e Lidia erano con lei; gli altri figli erano sparsi per il mondo e lei pensava di non poterli più rivedere: invece riuscì a riabbracciarli tutti e morì il 7 novembre 1948. Al minuto 45:40 segue l’intervista alla cugina di Giorgina Levi, Cesira Jona, che racconta i suoi ricordi della famiglia Montagnana. L’intervista ha inizio con il ricordo della prozia, Consolina Segre sposata Montagnana: accanita lettrice onnivora, dimostrava poca propensione per le faccende domestiche, ma grande attenzione per l’educazione dei figli, con i quali discuteva di tutto; aveva una cultura enciclopedica benché fosse autodidatta. Zia Lina (così la chiama Cesira) non era praticante, ma lei pensa che sarebbe stata contenta se i figli lo fossero stati. L’ebraismo per lei era una sorta appartenenza ad una regola morale. Era sempre vestita di nero o di grigio scuro e, quando usciva, indossava sempre un cappellino simile a un nido di rondine. Cesira ricorda poi altre figure della famiglia paterna: gli zii Davide e Moise Colombo, estremamente benestanti, che possedevano a Vercelli alcune risaie e un’agenzia di cambio. L’ultima parte dell’intervista, il cui audio è estremamente disturbato è dedicata alla figura di Clelia Montagnana e al periodo della resistenza.

     


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