Giorgina Levi intervista Pietro Rocca, nato il 20/5/1910 iscritto al PCI, sulla sua esperienza giovanile a Casa Benefica. Casa Benefica fu fondata nel 1888 dall’avvocato Luigi Martini come istituzione laica a favore dei fanciulli derelitti. Scopi dell’ente sono l’accoglienza, l’istruzione professionale e il collocamento lavorativo. Nel 19896 viene inaugurata una nuova grande sede in via Susa 15. L’ente è ancora attivo e si occupa di assistenza con residenze, laboratori ecc. Pietro Rocca, orfano di madre e con il padre scomparso, a diciotto mesi venne collocato in orfanotrofio, in via Asti, quindi venne trasferito in un istituto a Rivara Canavese per poi entrare in Casa Benefica, a 9 anni, e restarvi fino al 1931, quando compì 21 anni. Nel suo lungo racconto, in parte in piemontese e piuttosto frammentato, ci sono alcune costanti: la fame e il freddo patite e le punizioni e la violenza degli assistenti. Rocca racconta episodi della vita nell’istituto, la disciplina di tipo militare e le esperienze lavorative fatte, la sua partecipazione alla banda musicale. Ricorda la solitudine dei ragazzi, cui era dato un posto dove dormire e mangiare con una certa regolarità, ma che non avevano alcun sostegno affettivo e non imparavano a comunicare. Nessuno si occupava della loro educazione e uscivano dall’Istituto come selvaggi, compressi e senza alcuna capacità di rapportarsi con gli altri. Moltissimi erano coloro che, lasciata Benefica, finivano direttamente al Ferrante Aporti, perché quello che apprendevano nell’istituto era la sopraffazione, il furto e la dissimulazione. Quando lasciò l’istituto, andò a lavorare alla Fiat Lingotto, all’Aereonautica e, nel 1944, si mise in proprio come idraulico. Nel 1934 sposò una ragazza, operaia tessile, conosciuta in via Po. Si avvicinò al PCI nei giorni dell’insurrezione, dopo aver fatto parte delle brigate partigiane e, con sua moglie, prese la tessera del partito, senza una particolare formazione.