"Dr. Carli. Banca d'Italia": carteggio tra il ministro del Lavoro Donat-Cattin e il governatore della Banca d'Italia, Guido Carli, 4 giugno-6 luglio 1970
Unità archivistica
Segnatura archivistica
FCDC TO Archivio Carlo Donat-Cattin 568
Data
04/06/1970 - 06/07/1970
Contenuto
Lettera di Carlo Donat-Cattin al Governatore della Banca d'Italia Guido Carli, e per conoscenza al Presidente del Comitato tecnico scientifico del Ministero del Bilancio, in cui chiede chiarimenti sulla relazione agli azionisti della Banca d'Italia del 30 maggio che presenta dati e stime non conosciuti e inattesi sui costi dei rinnovi dei contratti di lavoro, Roma 4 giugno 1970 (fotocopia);
lettera di Carli a Donat-Cattin, ministro del Lavoro e della previdenza sociale in cui risponde alle obiezioni di Donat-Cattin alla sua relazione all'assemblea della Banca d'Italia, Roma 12 giugno 1970 (fotocopia);
lettera di Donat-Cattin a Carli, in cui invia i suoi commenti alla risposta di Carli del 12 giugno, Roma 6 luglio 1970.
Note
Lettera di Carlo Donat-Cattin al Governatore della Banca d'Italia Guido Carli, e per conoscenza al Presidente del Comitato tecnico scientifico del Ministero del Bilancio, Roma 4 giugno 1970:
"Signor Governatore,
la relazione agli azionisti della Banca d'Italia del 30 maggio u.s., come sempre ricca di informazioni, di dati, di valutazioni, di suggerimenti, a pag. 389 riferisce quanto segue:
Gli impulsi inflazionistici di origine esterna continueranno ad essere nel 1970 una delle cause degli aumenti dei prezzi interni, ma saranno fortemente aggravati dagli incrementi salariali. Secondo le stime del Comitato tecnico scientifico presso il Ministero del Bilancio, effettuate alla fine dell'anno scorso, l'aumento medio del costo del lavoro per addetto nell'intera economia dovrebbe risultare nel 1970 pari al 13%. Dati più recenti di altra fonte indicherebbero un aumento medio ancora maggiore, del 16-17% circa.
Nel settore industriale, più degli altri interessato dalle rivendicazioni salariali, i rialzi sarebbero maggiori; secondo le stime del predetto Comitato, l'aumento dei salari di fatto nell'industria risulterebbe compreso, nel 1970, tra un minimo dell'11% nei settori per i quali non sono previsti rinnovi contrattuali ed un massimo del 21% negli altri settori; in questi ultimi, secondo altre stime, gli aumenti sarebbero assai superiori.
Lasci che esprima tutta la mia sorpresa nel venire a conoscenza dell'esistenza di altre fonti, suppongo obiettive e autorevoli, che, nel condurre stime sull'andamento del costo del lavoro per il 1970, giungono a previsioni ancora maggiori di quelle formulate dal Comitato tecnico scientifico. Non essendo però consentito di conoscere queste ulteriori fonti, i modi con cui sono state condotte le elaborazioni ed i risultati, non é possibile muovere alcuna osservazione, cosa che sarebbe stata abbastanza agevole se la relazione agli azionisti della Banca d'Ita1ia avesse permesso di individuarle.
Ma l'aspetto più sorprendente delle due frasi è che esse riportano le previsioni sulle variazioni del reddito da lavoro dipendente formulate dal Comitato tecnico scientifico del Ministero del Bilancio in modo del tutto erroneo e acritico. Il mio Ministero, nella prima quindicina del mese di marzo, contestò invece quei dati ricevendo ampi riconoscimenti dell'esattezza delle sue osservazioni.
Ad un attento e smaliziato lettore non possono infatti sfuggire talune disinvolte esemplificazioni nel ragionamento sviluppato nel rapporto dal Comitato sulle retribuzioni (da pag. 14 in poi), ragionamento incentrato, per quanto riguarda l'aumento delle retribuzioni del settore industriale, sulla tabella riportata a pag. 16 che di seguito si riproduce e, per quanta riguarda gli altri settori: agricoltura ; commercio e pubblico impiego, su stime presumibilmente analoghe a quelle seguite per il settore industriale.
Aumento dei salari orari di fatto nell'industria nel 1970 (previsioni).
Il rapporto del Comitato conclude le sue previsioni sull'andamento del reddito da lavoro nel 1970 dichiarando che l'aumento medio delle retribuzioni orarie di fatto dovrebbe aggirarsi intorno al 13% ed il reddito da lavoro dipendente potrebbe crescere tra il 13 ed il 16 % a seconda che il sistema si sviluppi in presenza di una relativa stabilità dell'occupazione, oppure di un aumento del numero degli occupati.
È facile osservare che il ragionamento seguito dagli estensori del rapporto per pervenire alla determinazione dell'incremento del reddito da lavoro per il 1970 è viziato in più di un passaggio. Infatti:
1. Le percentuali di aumento dei salari orari di fatto nell'industria nel 1970, riportate nella tabella non si riferiscono in realtà solo all'arco di 12 mesi, ma nel porre a confronto il prevedibile aumento dei salari nel corso dei 12 mesi del 1970 con il dato medio conseguito nel 1969 si opera un confronto fra termini non omogenei (dato di fine periodo 1970 con valori medi 1969) il cui risultato può essere assimilato ad un aumento medio dei salari orari di fatto lungo il presumibile arco di 18 mesi. Se si vuole quindi apprezzare, secondo le stime del Comitato, il reale aumento di fatto nell'industria nei 12 mesi dei 1970 occorre detrarre dai valori riportati a fine pagina (rispettivamente 21,0%, 11,0% e 16%) quel 3% sommato al punto a) che si riferisce ad aumenti salariali conseguiti prima dell'1/1/1970.
2. Non esiste una perfetta identità tra aumenti del salario orario di fatto, del costo del lavoro e del reddito da lavoro dipendente.
Come è noto il salario orario di fatto, nella accezione più comune, include ogni voce retributiva che venga corrisposta al lavoratore sotto qualsiasi titolo (paga base, contingenza, cottimi, premi di produzione, di produttività, compensi per riduzione di orario; indennità varie di squadra o ad personam, rateo di tredicesima e quattordicesima mensilità, ecc.). Per pervenire al costo del lavoro occorre aggiungere i ratei di ferie, di festività, indennità di anzianità ricorrente e pregressa, gli oneri assicurativi e previdenziali sia a massimale che a percentuale.
Ad un incremento percentuale del salario orario di fatto generalmente non corrisponde un pari incremento del costo del lavoro.
In particolare poi in alcuni rinnovi contrattuali del settore industria il riproporzionamento operato di alcuni istituti ha ridotto le incidenze degli oneri rispetto alle retribuzioni orarie di fatto per cui ad un aumento dei salari orari del 13% non corrisponde un pari aumento del costo.
Inoltre, non c'è perfetta identità fra costo del lavoro orario e reddito da lavoro dipendente giacché per risalire dalla prima alla seconda espressione occorre tener conto del minor numero di ore annue di lavoro per le quali va moltiplicato il costo orario di fatto. Trascurando questo ultimo non secondario aspetto si imputano due volte gli effetti della riduzione di orario.
3. La svista diretta nella quale è incorsa, infine, la relazione della Banca d'Italia consiste nell'aver attribuito per il 1970 l'aumento percentuale de11'11% (11% meno il 3% riferito al periodo anteriore all'1/1/1970 si riduce all'8%) a settori non interessati da rinnovi contrattuali. Dalla lettura del punto d) della tabella precedentemente riportata si evince invece che, per effetto dei rinnovi contrattuali anticipati (oltre che per variazioni nella struttura della occupazione e degli slittamenti salariali), si avrebbe un aumento percentuale di circa il 4,5%.
Mi sembra quindi di poter affermare che, secondo le stime formulate nel settore industria dal Comitato, l'aumento delle retribuzioni orarie di fatto nel 1970 per le categorie non interessate ai rinnovi contrattuali possa essere indicato nel 4% (cosi risultante: 11% meno il 3% riferito al periodo anteriore a1l'1/1/1970, meno il 4% per rinnovi anticipati di C.C.N.L, eguale al 4%) e per quelle interessate ai rinnovi contrattuali nel 22% (cosi risultante: il 21% meno il 3% riferito al periodo antecedente il 1/1/1970, più il 4% per. rinnovi anticipati ai C.C.N.L.), in media del 13% misura prossima a quel 12,6% al quale pervennero per altra via gli esperti del Ministero del Lavoro nelle stime condotte nel mese di gennaio del corrente anno, stime da me illustrare nella conferenza stampa del 23 gennaio 1970.
Nell'inviarLe due tabelle riepilogative delle stime condotte dal Ministero del Lavoro mi consenta di esprimerLe l'auspicio che anche a questo Ministero venga riservato l'onore di essere annoverato, per quanto riguarda gli aspetti retributivi, fra le fonti degne di fede e di menzione.
Distinti saluti. Carlo Donat-Cattin" (carta intestata "Il Ministro per il Lavoro e la previdenza sociale"; fotocopia).
Lettera di Guido Carli a Donat-Cattin, Roma 12 giugno 1970:
"Onorevole Ministro,
1. Ella si duole perché nelle considerazioni finali della recente Relazione all'assemblea dei partecipanti della Banca d'Italia ho citato le stime del Comitato tecnico scientifico del Ministero del Bilancio, concernenti l'aumento medio del costo del lavoro per addetto nell'intera economia nel 1970 rispetto al 1969, e stime più recenti di altra fonte che indicherebbero un aumento medio non del 13 ma del 16-17 per cento. In entrambi i casi le stime riguardano fenomeni non ancora interamente compiuti sui quali incombono non pochi elementi di incertezza (sia sufficiente menzionare le variazioni dell'indice del costo della vita). Si tratta dunque di previsioni, e quelle da me citate non coincidono con le Sue: chi avrà ragione o torto si saprà soltanto quando saranno noti i consuntivi relativi al 1970.
2. Quanto alle Sue osservazioni circa i riferimenti all'aumento dei salari di fatto nel 1970 rispetto al 1969, Le preciso:
a) sono note anche agli estensori della Relazione le differenze, alle quali Ella cortesemente si richiama, fra salario orario di fatto, costo del lavoro orario, reddito del lavoro dipendente.
In merito poi, a quanto Ella afferma circa una variazione del reddito da lavoro dipendente minore di quella del costo orario a seguito della riduzione degli orari lavorativi, ciò non modifica l'incidenza del costo del lavoro sulle imprese dato che la quantità di lavoro necessaria per ogni unità di produzione è da misurare in ora-uomo e quindi una diminuzione del primo termine comporta necessariamente un accrescimento del secondo.
b) Le previsioni del predetto Comitato sono così presentate: "Tenuto conto degli aumenti dovuti ai rinnovi contrattuali, dei presumibili aumenti della scala mobile, dei presumibili slittamenti dovuti alla contrazione articolata e di altri elementi, nel 1970 l'aumento dei salari orari di fatto nell'industria - come risulta dalla tabella 1 - non dovrebbe superare il 16 per cento. Tale cifra rappresenta una media generale per l'intera industria: per i settori interessati ai rinnovi contrattuali nei quali sono occupati circa il 50 per cento degli addetti all'industria, l'aumento potrà essere dell'ordine del 21 per cento: per gli altri settori, dell'ordine dell'11 per cento tenuto conto anche di probabili effetti dimostrativi".
Una formulazione quale quella sopra riportata non può non sottintendere che le variazioni indicate siano la risultante di rapporti fra dati temporaneamente omogenei; l'esame della tabella non fornisce indicazioni che possano indurre a ritenere il contrario: le percentuali indicate ai punti da b) a e) debbono ritenersi calcolate in modo da porre in evidenza non gli incrementi delle relative voci tra la fine del 1969 e la fine del 1970 ma l'effetto aggiuntivo medio prodotto dal loro andamento nel 1970. Questa interpretazione è legittimata proprio dal fatto che nella tabella dette variazioni sono sommate con il dislivello che all'inizio del 1970 i salari di fatto nell'industria già presentavano rispetto alla media del 1969, cioè con quell'aumento che essi avrebbero comunque presentato nella media del 1970 qualora nell'intero corso del nuovo anno il loro livello fosse rimasto del tutto stabile.
c) Per quanto riguarda la citazione delle previsioni del Rapporto del Comitato tecnico scientifico circa l'aumento dei salari di fatto nei settori per i quali nel 1970 non sono previsti rinnovi, preciso che anche in questo caso ci si è voluti attenere fedelmente alla formulazione dell'anzidetto Comitato secondo la quale sono stati inclusi nel gruppo dei settori non interessati ai rinnovi anche quelli per i quali è stata considerata la possibilità di rinnovo anticipato.
D'altra parte lo spostamento di questi settori nel gruppo di quelli interessati ai rinnovi non comporta nessuna modificazione alla previsione globale (cioè al 16 per cento stimato per il complesso dell'industria) in quanto corrispondentemente si modificano i pesi relativi dei due gruppi. Conviene ricordare, per completezza di riferimento, che gli estensori di quel Rapporto ritennero di precisare che le loro valutazioni erano probabilmente superiori a quelle medie effettive.
3. Tutto ciò premesso, ogni divergenza interpretativa sulle modalità di calcolo seguite dal Comitato tecnico scientifico è superata al fine che ci interessa, e cioè quello di stimare l'incremento dei salari di fatto nel 1970 rispetto al 1969, dai nuovi elementi di cui è dato ora di disporre rispetto all'epoca nella quale quelle previsioni furono formulate. A tal proposito:
a) sono noti per il primo quadrimestre del 1970 gli indici Istat sulle retribuzioni contrattuali dell'industria; essi segnalano rispetto al primo quadrimestre del 1969 un aumento del 21 per cento per il complesso dell'industria con punte del 31 per le metalmeccaniche e del 33 per le chimiche; le variazioni di detti indici sono riportate a pagina 151 della Relazione della Banca con riferimento al mese di febbraio.
Ho presente che la rilevazione sui salari di fatto, curata dal Suo Ministero e attualmente disponibile solo fino al terzo trimestre del 1969, potrà dare risultati diversi, ma non vi è nessun elemento per ritenere che le due serie possano apprezzabilmente differire; negli ultimi anni esse hanno presentato scostamenti di segno alterno e limitati, nel caso di aumenti di salari contrattuali superiori a quelli dei salari di fatto, a un massimo di due punti e mezzo. Non sembra quindi irragionevole concludere, sulla base dei dati statistici sinora disponibili, che le previsioni esposte a suo tempo nel Rapporto del Comitato tecnico scientifico appaiono approssimate per difetto.
b) Un'indicazione sull'andamento del costo del lavoro è data dalla rilevazione, sempre a cura dell'Istat, del costo della manodopera utilizzata nella costruzione di un fabbricato residenziale: l'indice, che è calcolato tenendo conto, oltre che delle retribuzioni minime contrattuali, di tutte le indennità aggiuntive e degli oneri sociali, presenta, sempre tra il primo quadrimestre del 1969 e il primo del 1970, un incremento del 21 per cento. Come risulta dalla tabella che Ella mi ha cortesemente fornito, l'attività edile è, tra i settori soggetti a rinnovo, quello nel quale il nuovo contratto ha comportato l'aumento meno elevato del costo del lavoro.
c) Ritengo siano note anche a codesto Ministero le previsioni di aumento del costo del lavoro alle quali sono giunte imprese del settore pubblico. Ulteriori accertamenti possono essere compiuti presso altre imprese pubbliche e presso imprese private.
4. Quanto all'impiego della Relazione della Banca d'Italia delle rilevazioni del Ministero del Lavoro, mi è gradito informarLa che a tali rilevazioni attingiamo ampiamente, come è dimostrato dal fatto che esse sono state utilizzate per l'elaborazione di sette tavole e di quattro grafici.
Distinti saluti
Guido Carli" (carta intestata "Banca d'Italia. Il Governatore"; fotocopia).
Lettera di Donat-Cattin al governatore Carli, Roma 6 luglio 1970:
"Signor Governatore,
convengo con Lei che in tema di previsioni le stime possono talvolta non coincidere e che soltanto a posteriori è dato conoscere da quale parte fosse il torto o la ragione. È probabile però che, anche a posteriori, sia difficile stabilire il grado di errore, ove non si siano chiariti preliminarmente le condizioni assunte come esistenti all'inizio del periodo e gli elementi considerati ai fini della formulazione delle previsioni.
La prima osservazione che io formulavo nella mia lettera del 4 giugno nasceva dalla considerazione che, nella Relazione all'assemblea dei partecipanti della Banca d'Italia, venissero citate stime di fonte non precisata indicanti aumenti medi del costo del lavoro per addetti per l'intera economia superiore al 16-17% e per l'industria aumenti dei salari di fatto superiori al 21% senza che si potessero individuare i criteri di elaborazione e le fonti. Non ho nessun motivo di dubitare della serietà e della autorevolezza delle fonti anche non citate, ma non ho l'abitudine di accettare per oro colato ciò che potrebbe essere altro e vile metallo.
Quanto ai chiarimenti che Lei cortesemente fornisce osserverò che:
1. Sono certo che gli estensori della Relazione conoscevano le differenze fra retribuzione oraria di fatto, costo orario del lavoro e reddito da lavoro dipendente; essi però hanno accettato, senza muovere alcuna riserva, disinvolti passaggi fra i tre diversi aggregati, passaggi che non tengono conto del fatto che ad un aumento delle retribuzioni di fatto supponiamo del 13% non corrisponde un pari aumento del reddito da lavoro dipendente.
Questa condizione sempre esistente quando si passa dalla retribuzione oraria del lavoro al costo del lavoro ed al reddito da lavoro dipendente (per l'effetto ad esempio dei contributi a massimali oltre che a percentuale) è ulteriormente verificata nel periodo in esame per il modo come opera il meccanismo del riproporzionamento di alcuni istituti;
2. La difesa che Lei fa della tabella di pag. 16 del rapporto non è convincente, perché, se si vuole operare in termini omogenei, occorre porre al confronto il valore medio riferito all'anno 1970 con il valore medio riferito all'anno 1969, oppure, il che è lo stesso, gli aumenti conseguiti nel corso del 1969 con quelli registrati nei 12 mesi del 1970.
Il valore medio di ciascuno dei due anni, già comprende le variazioni che si manifestano nel corso dell'anno; ripetere le cifre per il 1970 come riportate al punto a) della tabella da me contestata, significa imputarne due volte la incidenza, la prima allorché concorre a determinare la media per l'anno 1969, la seconda allorché si somma con il valore medio dell'anno 1970.
3. Sono perfettamente d'accordo con Lei, e nella mia lettera lo ponevo in evidenza, quando afferma che lo spostamento dal gruppo dei settori non interessati ai rinnovi contrattuali al gruppo dei settori che prevedono rinnovi contrattuali non modifica il valore medio finale del 13%.
Mi consenta però di ritenere che è ben diverso affermare: "si prevede che gli aumenti salariali varino dal 4% al 22% e cioè in media del 13%" dall'affermare: "gli aumenti salariali varieranno dall'11 al 21% in media del 13%? giacché nel primo caso un lavoratore che presti la sua attività in settori non interessati ai rinnovi attenderà di ricevere mediamente solo il 4% di più rispetto all'anno precedente, nel secondo caso pretenderà almeno l'11% di più.
4. Vengo poi ai nuovi elementi di cui secondo la Sua cortese lettera è ora dato di disporre rispetto a quelli esistenti nei primi mesi del 1970 al fine appunto di rettificare le valutazioni allora fornite, e cioè gli indici delle retribuzioni contrattuali della industria pubblicati dall'Istat, riferiti al primo quadrimestre del 1970, indici riportati a pag.151 della Relazione della Banca d'Italia e riferiti al mese di febbraio.
Penso che ben pochi italiani riconoscono l'andamento delle loro retribuzioni con quello desumibile dalla lettura degli indici delle retribuzioni contrattuali pubblicate dall'Istat e ciò sia perché gli indici contrattuali sono frutto di non sempre felici compromessi ed esemplificazioni, sia perché fra le due strutture, quella contrattuale e quella di fatto, non operano in genere i medesimi fattori e quelli che operano su entrambe non producono effetti quantitativi e temporali equivalenti.
Mentre, infatti, il livello salariale contrattuale sembra spiegato dall'azione sindacale, le retribuzioni di fatto
sono determinate da fattori esterni all'azienda e al settore, quali: le condizioni del mercato del lavoro, il modello di contrattazione collettiva prescelto, ecc, ed interni all'azienda, quale: le dimensioni aziendali, le localizzazioni, le organizzazioni del lavoro ecc.
Lo studio della dinamica dei salari contrattuali e dei salari di fatto mostra che negli ultimi dieci anni gli andamenti non sono stati uniformi e che, tranne nei periodi di rinnovo contrattuali, l'andamento dei sistemi ha posto in evidenza l'allargamento della forbice, sintomo di vistosi slittamenti salariali. Così, ad esempio, nell'industria lo slittamento salariale più vistoso si è manifestato nel 1963 allorché i salari di fatto sono aumentati del 16% e quelli contrattuali del 10,7%, mentre nell'anno successivo a fronte di aumenti salariali di origine contrattuale del 14,5% quelli di fatto sono cresciuti soltanto del 12%.
Ma anche i salari di fatto sopra citati, calcolati dal Ministero del Lavoro, pur essendo molto più vicino alla
realtà di quanto non siano le retribuzioni contrattuali misurate dall'Istat, sono approssimativi per difetto.
Basterà infatti consultare l'indagine condotta dall'Eni in collaborazione con l'Iri sulle retribuzioni di fatto,
indagine condotta in 130 grandi aziende industriali per i gruppi ben definiti di profili professionali per apprezzare la reale misura dei salari di fatto e l'entità degli slittamenti.
E' chiaro che, se l'incidenza dei rinnovi contrattuali viene commisurata alle retribuzioni contrattuali che sono alla base del calcolo degli indici dei salari contrattuali pubblicati dall'Istat, si registreranno aumenti altissimi, starei per dire insostenibili per il nostro sistema; se, invece, le variazioni dei rinnovi o gli aumenti salariali sono commisurati alle retribuzioni di fatto ed al costo effettivamente già sostenuto dai settori, favolosi aumenti quali quelli accordati nel settore edile si riducono a ben poca cosa rispetto all'onere già pagato per assicurarsi la necessaria manodopera.
Quanto al numero dei grafici e delle tabelle nelle quali sono state utilizzate elaborazioni del Ministero del Lavoro, non posso che dare atto, anche se avrei preferito fossero stati ricordati, per memoria, anche le elaborazioni verso le quali Lei nutre riserve vicino a quelle che riscuotono invece il Suo apprezzamento.
Distinti saluti" (carta intestata "Il Ministro per il Lavoro e la previdenza sociale"; scrittura dattiloscritta; fotocopia).